Mese: Febbraio 2015

L’annuncio del Giubileo e la visita a Napoli

di Clementina Gily, Editoriale

Per festeggiare la venuta del Papa a Napoli, un evento memorabile che la città ricorderà e speriamo terrà da conto ella sua continua lotta contro se stessa ignorando sempre e con costanza – da secoli – il comune vantaggio che viene a tutti se la città è ricca e solidale, Wolf pubblica la lettera di Mustafà Akyol nell’”Hurryet Daily News” di qualche tempo fa, che sottolinea la volontà di pace che è del vero cristiano come di ogni uomo di buona volontà, e che inizia con un bellissimo: 

Caro Papa Francesco, 

Mentre stavo scrivendo quest’articolo, l’aereo che La trasportava stava per atterrare ad Ankara. Come cittadino turco e come musulmano Le volevo solo augurare il benvenuto, e condividere con Lei alcune riflessioni sulla Turchia, l’Islam, e, se non Le dispiace, anche sulla Sua visita.

Come tutti sappiamo, il mondo musulmano non sta attraversando una delle sue fasi migliori. Anzi, ne sta vivendo una delle peggiori. Il sottosviluppo dei paesi musulmani, in quasi tutti i settori della vita, è fortemente accentuato dai fanatici che uccidono o opprimono la gente in nome dell’Islam. Essi non minacciano solo i cristiani o gli occidentali, ma anche molti di noi.

Eppure il mondo dovrebbe capire perché esistono questi fanatici. Il pensiero laico fa spesso fatica a cogliere la natura della sfida, e quindi spesso arriva alla conclusione che “la religione è il problema”. Eppure la storia stessa della Sua istituzione, la Santa Sede, mostra quanto siano errate tali semplicistiche opinioni. Ci sono stati momenti in cui la Chiesa Cattolica, un po’ come i militanti islamici di oggi, ha lanciato le guerre sante contro gli “infedeli” e ha punito gli “eretici” in modi brutali. Ma la stessa Chiesa Cattolica oggi apre mense per i poveri e fornisce assistenza sanitaria ai bambini. La storia stessa della vostra Fede, in altre parole, dimostra che la religione può essere una forza sia per il bene che per il male.

Pertanto, oggi,la grande domanda per l’Islam è come fare per sconfiggere, o trasformare, i fanatici musulmani, e ristabilire l’Islam come una forte realtà al servizio della pace, della libertà e della compassione. A questo punto, l’esperienza della vostra Fede, e l’evoluzione della Sua Dottrina, può essere una rivelazione per i miei fratelli musulmani. Ciò che è stato raggiunto nel Concilio Vaticano II nel 1960 è stato encomiabile, come i vostri ammirevoli sforzi per estendere l’attenzione e l’accoglienza della Chiesa a gruppi precedentemente esclusi, come i gay e gli atei. Sarà fondamentale per i musulmani (e forse anche per i cristiani più conservatori) capire che queste aperture Lei le ha fatte non per allontanarsi dall’Amore di Dio ma, al contrario, per estenderlo in ambiti mai toccati precedentemente. È per questo che io sono grato a Voi per la vostra disponibilità ad approfondire il “dialogo” con i musulmani. Si proceda così e si continui ad essere aperti ai credenti dell’Islam.

Per quanto riguarda la Turchia, il paese che si accinge a visitare, vi è molto da dire. Una buona notizia è che non abbiamo tanti problemi con gli estremisti musulmani, soprattutto al confronto con il caos presente al di là delle nostre frontiere meridionali, vedi Siria e Iraq. Ma abbiamo molti problemi a causa di un particolare zelo che sant’Agostino saggiamente definì molti secoli fa: “Libido dominandi,” o la brama di potere. La Turchia è aspramente divisa oggi tra un governo che arde di questa brama, e oppositori molti dei quali agirebbero non diversamente se fossero al potere. Ciò fa che i turchi siano così tanto occupati a denigrarsi l’un l’altro da non vedere più ciò che accade intorno a loro e ciò vale, in una certa misura, anche per la Sua visita molto importante e preziosa.

Tuttavia, abbia la certezza che Lei qui sta aprendo le menti, soprattutto con la Sua modestia esemplare. I media hanno sottolineato, giustamente, che Lei si è rifiutato di soggiornare in lussuosi hotel a cinque stelle e di effettuare gli spostamenti in costose limousine. Questo è una bella lezione, soprattutto in un momento in cui il nostro presidente ha appena speso un miliardo di dollari per il suo nuovo colossale palazzo presidenziale e il suo fantasioso jet. Grazie per averci ricordato che la grandezza non sta nella stravaganza, ma piuttosto nell’umiltà. “Gli ultimi saranno i primi,” dopo tutto, come un saggio Nazareno, che entrambi amiamo, una volta ha detto, “e i primi saranno gli ultimi.”

Con tutti i migliori saluti, un fratello monoteista.

W editoriale 4,5-15 L’annuncio del Giubileo e la visita a Napoli

Educare alla televisione farà bene anche alla televisione

di Clementina Gily, Editoriale

La neo televisione ha creato un utente libero nella ricerca del nesso tra le offerte proposte dalle reti: ma occorre che questa libertà sia esercitata sapientemente da chi possiede il telecomando.

Spesso è frenata dai canali; sono numerosi al massimo, è vero, ma sono anche ripetitivi, l’offerta è più limitata di quanto sia ad esempio l’offerta della rete. Ma anche quando si pensa alla rete, si capisce che l’apparente libertà merita qualche precisazione – è anche illimitata possibilità di perdersi tra affermazioni contrastanti. Chi non è esperto può facilmente essere attratto da un blog pieno di affermazioni sbagliate piuttosto che da una rivista rigorosa o dalla Treccani: spesso, la grafica del blog è più accattivante e il testo più fluido. Bisogna intendersi insomma su cosa vuol dire libertà, prima di parlare della cultura d’oggi. Ha grandi possibilità, ma occorre discernimento, e quindi formazione dei giovani. Su questa linea Wolf dedica un approfondimento rivolto ai docenti ed agli educatori.

La rete può diventare una trappola quando si naviga senza orientamento: “le reti televisive fanno subito pensare a qualcuno che ci resta impigliato come un pesce; questo è tanto più verosimile per i bambini che sono sempre catturati dalla potenza delle immagini che scaturiscono dal video… I canali televisivi fanno pensare a dei comodi mezzi di trasporto per poter navigare qua e là per il mondo… Il prefisso tele poi significa lontano… La televisione ha stabilito una comunicazione planetaria rapidissima” 1. Sono parole di Gianni Rodari, in un libro di tanto tempo fa, se non erro 1964, Gip nel televisore ed altre storie in orbita racconta di un bambino che “alle 18,39 si sentì irresistibilmente attratto da una forza sconosciuta. Decollò dalla poltrona, ondeggiò per qualche attimo nell’aria come un razzo in partenza per il cosmo e piombò a capofitto nel televisore”. È un libro di quando la rete era solo la televisione e la radio, ma già faceva capire la necessità di intervenire come educatori, di porsi il problema del che fare in un mondo che cambiava a vista d’occhio. Era così allora, ma poi è stato sempre così: quante rivoluzioni tecnologiche ha vissuto oggi un ragazzo di vent’anni? E da quando c’è l’IPad e il selfie? Si badi che ognuna di queste parole richiede un adattamento cognitivo, rende necessario un approfondimento… come si fa ad intervenire subito, quando i primi ad essere sconcertati sono gli educatori? E non va troppo meglio nemmeno nel mondo della ricerca.

Ma torniamo a Gianni Rodari, che analizza in poco spazio e con molta poesia i pregi e i difetti di questo essere precipitato nel televisore di Gip: il pregio? “La molto onorevole onda-Gip – aveva aggiunto sorridendo il professor Yamanaka – ha potuto fare conoscenza con numerosi usi della televisione che il moto rispettabile pubblico generalmente ignora”. Il prof giapponese che lo incontra in formato onda, è solo uno dei tanti, tantissimi incontri che Gip fa, conosce i ghiacci del polo, la vita in un sottomarino e la savana. Come ogni bambino d’oggi di ieri, credo che un bambino di dieci anni abbia visto più animali e piante di Linneo, ad esempio: ma difficilmente qualcuno penserebbe che perciò ha più competenza del celeberrimo biologo, inventore della moderna classificazione dei viventi. Avere molte esperienze non significa avere esperienza: si può dire con un piccolo paradosso. È la connessione che fa la scienza, è la padronanza che consente di muoversi su un terreno, non la semplice memoria delle cose o peggio la quantità delle loro tracce.

Il difetto? È l’altra faccia della stessa smaterializzazione che consente di essere un’onda e quindi di andare dappertutto: non apprezzare il pericolo. Gip sta tranquillo “in mezzo alle frecce degli indiani o nelle fiamme di un altoforno, nella più profonda galleria di una miniera, nei corridoi di una prigione: lui è la sola persona vera in un mondo di immagini”, si sente protetto in questo altrove comodo e soporifero di cui possiede la chiave nel telecomando. Può far comparire e sparire, può giudicare senza essere giudicato: un famoso sociologo come Giddens ha detto che la televisione è un ottimo strumento di rassicurazione ontologica – ci tranquillizza ovunque siamo, ben più della tradizione, della casa, della parentela. È docile ed è dovunque – prima di sorridere, pensiamo alla sensazione di spaesamento che si ha quando si va all’estero, che porta ad accendere la tv e cercare un canale di casa nostra per ambientarsi un po’ (A. Giddens, La costituzione della società, Milano, Edizioni di comunità, 1990).

Gli uomini d’oggi vivono con la televisione e con tutti i media la loro vita: a scuola si dà tanta importanza all’ambiente, ma a volte si sottovaluta che nel nostro ambiente oggi il virtuale è nient’affatto virtuale – fa parte della giornata come la scheda telefonica, il cellulare e il bancomat.

Bisogna imparare a vivere in questo tempo intempestivo di cui parla Derrida, che conclude il suo discorso sulla televisione notando come anche questo sia un linguaggio, che tutti devono imparare a leggere ed a scrivere: perché scrivere è l’unico modo per imparare davvero a leggere. (J. Derrida – B. Stiegler, Ecografie della televisione, Cortina, 1997).

1 Rodari, Gip nel televisore ed altre storie, Mursia 1987.

W editoriale 3-15 Educare alla televisione farà bene anche alla televisione