Giorno: 3 Agosto 2016

L’Europa dopo la Brexit a Ventotene

di C.Gily Reda

Sandro Pertini, 7° presidente della Repubblica Italiana
Sandro Pertini, 7° presidente della Repubblica Italiana

Lo spirito di Ventotene si spera ispiri a fine agosto gli uomini d’Europa, ora che la Brexit ha detto la sua.

Non è un episodio destinato a non smuovere le acque, come si vorrebbe far credere: lo dimostra il caso Turchia, l’arroganza di chi crede sia il momento di agire contro l’Europa dei finanzieri che ha deluso il popolo europeo e si è perciò indebolita.

Inutile glissare: Le Pen, Salvini e gli altri dimostrano che il virus antieuropeo rinforzato dal razzismo anti immigrati la sta vincendo su popoli sempre fortemente traversati dalla fiamma degli ideali, ma ormai del tutto depressi nell’aspirazione alla felicità, come recitava già la Costituzione francese del 1793, e prima dell’Americana. La mancanza di lavoro e di convinzioni, la scarsa fiducia in istituzioni che per colpire gli avversari ad ogni piè sospinto inventano e denunciano scandali vergognosi, spinge ognuno a rinchiudersi nel privato, aiutata in ciò dalla minaccia terrorista.

Gli inglesi hanno tradito? Certo, è vero come diceva Mario Fortunato sull’Espresso che ha vinto il popolo dei pub, già di per sé isolazionista, ora educato da un malcostume diffuso a man bassa dai media e dalla rete. I reality show, tutti di alt audience, mostrano il sotterraneo comune desiderio di inciviltà, di abbandonare il tè delle 5 per darsi alla primitività del vincere acquistando comunque consenso, bastardi per la gloria. Trasmissioni in prima serata “tutti le guardano, dice Fortunato. Chiamano gli immigrati ting-tong, nigger, retard, fag, da noi vu’ cumprà, “che male c’è a usare questi termini, se anche tv e tabloid li usano? Il paradigma estetico è mutato… Estetica, madre dell’etica, sostanzialmente prefascista, muscolare, manichea, sfrontata. Non ama le sfumature e non le pratica”. Il popolo dei Pub si è mangiato il liberalismo inglese e il suo aplomb.

Dice Natalie Nougayrède sull’Internazionale: “Il voto britannico ha inflitto un danno irreparabile al progetto europeo, ed è difficile esagerare le dimensioni dello shock”. Invece non si fa altro, si minimizza, si cerca di occupare spazi: niente di male, se insieme si pensa a quelli che sono i problemi seri, visto che l’UE è in pericolo e soprattutto l’intero entourage non ha intenzione di lasciare le posizioni finanziarie solidamente costruite in tanti anni di consolidamento. L’Inghilterra è paese forte ed economicamente solido, l’Europa non è da meno ma è governata da persone tese al proprio interesse, vista l’evanescenza dell’unione è il luogo ideale che consente ai piccoli di emergere senza troppo combattere, come farebbero in patria. Inoltre, il divorzio catalizzerà l’attenzione al futile, all’immediato, lasciando da parte i problemi sociali: si direbbe, meno male che la situazione internazionale non consentirà sonni tranquilli – ma sarebbe troppo.

Il problema sarà riconquistare la fiducia delle nazioni con una politica autentica, ma anche ben sostenuta idealmente: perché nella caduta delle ideologie il grave è che si sono perse anche le idealità. Hegel con le sue chiacchiere della storia ha finalmente creato il suo mondo, in cui gli intellettuali migliori sono incomparabili con gli uomini del passato. Per esempio Pertini, che fu a Ventotene e ne fuggì per ritornare da partigiano e riconquistare l’Italia per eredi indegni del suo nome e della sua azione.

Slavoj Zizek ammonisce la sinistra a prendere atto infine che i ruoli cambiano, che il vecchio PCI burocratico è finito, non basta cambiare nome se non si cambiano le abitudini. La sotterranea presa del potere senza rivoluzione, il piano realizzato dalla sinistra, è tanto invecchiato da aver reso necessario il rinnovamento. Ma senza rinnovare gli ideali, si passerà solo a politicantismi diversi, come sta già avvenendo.

Occorre invece tornare sul serio a Ventotene, ad un gruppo di intellettuali d’assalto in tutti i sensi (basta Cacciari e D’Alema) animati da stelle che non vivono nel mare ma splendono lassù. Solo loro sanno trascinare consenso, volare alto. Come dice Zizek, il cambiamento epocale è in atto – e si sottovaluta sempre l’altro cambiamento d’era nei media, oggi chiaro nella questione Viki-leaks VS libere elezioni americane.  Non c’è più destra e sinistra ma capitalismo progressista e populismo autarchico, tutti dominati da un percorso tra virtuale e reale che è sempre stato tipico della politica e della società: ma che oggi portato così alle stelle davvero implica la confusione universale e la conseguente crisi del voto. Ciò per Zizek dimostra che l’ideologia è più forte che mai, ci si fa cioè guidare dalle emozioni o da letture del tutto personali (Bersani) più che dal ragionamento colto: perciò la questione è più grande e riguarda la costruzione del consenso democratico, donde la ricorrente attenzione a Mussolini e alla lettura che ne fece De Felice, cioè di uno stratega perfetto del consenso che seppe far regnare per anni.

Questo è il mondo cui l’Europa oggi deve pensare, rinforzando la sua tendenza antifascista – come in Italia si chiama per forza di cose la politica antitotalitaria. Il totalitarismo è in agguato in tutti i movimenti populisti, nei Parlamenti che non sanno più discutere senza passare alle mani o alle parole proiettile. Il Terrore Francese fu guidato da Parlamenti liberamente eletti, come oggi in Turchia: non tutti muoiono, c’è sempre chi sopravvive esaltando il tiranno di turno. Occorre una nuova riflessione sulle garanzie costituzionali e sui diritti individuali. Ma per piacere, basta carte di diritti ignote a tutti e rispettate da nessuno. Occorre formarsi sul serio, non fare tweet. Organizzare una seria riflessione che faccia ripensare i classici della politica.

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Il capitale umano oggi

di Alessandro Savy

capitale_umanoIl capitale umano non è solamente l’insieme delle competenze acquisite nel corso degli anni accademici ma anche le capacità, le abilità tecniche apprese nel campo del lavoro e dell’ambiente sociale. È il patrimonio di abilità, capacità tecniche e conoscenze di cui sono dotati gli individui. Ogni individuo, quindi, è dotato di un bagaglio di conoscenze, esperienze e abilità che ne costituiscono il capitale umano.[1]

Bisogna attendere la fine del diciottesimo secolo per avere la prima concettualizzazione del capitale umano, quando il filosofo scozzese Adam Smith lo considerò l’insieme dei talenti e delle abilità (fisiche, intellettuali, ecc..), acquisibili soprattutto tramite lo studio e l’istruzione scolastica. L’investimento nell’istruzione scolastica perciò non è una spesa, piuttosto aumenta la produttività e l’economia del domani. Ciò consente di ipotizzare uno stretto legame tra attività lavorative, formative e capitale umano: “l’allevamento degli uomini, così come la produzione, richiede l’impiego di risorse economiche, quindi per il calcolo della ricchezza nazionale è sbagliato considerare solo il valore della produzione trascurando quello degli uomini”.

Theodore Schultz, premio Nobel in Economia nel 1979, fece coincidere il capitale umano con l’investimento in istruzione, salute e corsi di formazione nel lavoro, sottolineando in particolare come gli investimenti in abilità e conoscenze debbano essere sempre incentivati ed attuati anche nel tempo libero. Schultz è convinto che investendo in sé stesse, le persone possano disporre di un ventaglio più ampio di possibilità lavorative: un maggiore investimento in conoscenze ed abilità individuali, quindi, può facilitare la ricerca di un migliore lavoro.

Un ulteriore importante apporto alla definizione del capitale umano è stato fornito da James Coleman, anch’egli appartenente alla Scuola di Chicago, che, però, si distacca dalle tesi dei suoi colleghi. In “Social capital in the creation of human capital”, articola la tesi secondo cui il capitale sociale, inteso come la struttura delle relazioni che si instaurano tra due o più persone, ha come effetto quello di creare il capitale umano della generazione successiva. Coleman afferma: “human capital is created by changes in persons that bring about skills and capabilities that make them able to act in new ways” – concetto intangibile, vivo nelle abilità e conoscenze individuali.

Il capitale umano richiesto a un lavoratore nel XXI secolo ha tre componenti: “La prima riguarda il possesso di elementari competenze linguistiche, di analisi quantitativa e più in generale della capacità di elaborare l’informazione e di utilizzarla nella risoluzione di problemi o per apprendere. […] La seconda dimensione riguarda la capacità di operare con specifiche tecnologie o di condurre particolari processi produttivi. […] La terza dimensione si riferisce alla conoscenza scientifica.”[2]

W MM Savy Il capitale umano oggi

[1] Cipollone P, Sestito P, Il Capitale Umano, Il Mulino 2010, pag. 19

[2] Visco I., 2009, Investire in conoscenza, Il Mulino, pag. 31