Mese: Ottobre 2016

Finisce la creatività? Nachleben Napoletano con Patierno

di C.Gily Reda
Ghirlandaio - Nascita di Giovanni Battista (dettaglio)
Ghirlandaio – Nascita di Giovanni Battista (dettaglio)

Profittando della pubblicazione, dal numero scorso, della tesi di laurea di Viviana Molino, di cui fui relatrice, dopo aver fatto per anni corsi su Aby Warburg, riprendo l’immagine apposta all’introduzione. Vi si vede l’assurda ninfa del Ghirlandaio (Nascita di San Giovanni Battista) che entra in scena quasi inavvertita in un contesto altro. È il fantasma, il Nachleben, diceva Warburg, l’insonne presenza dell’antico che turba ed arricchisce il presente col suo colore ed odore. Un vento fresco oltrepassa la metafisica pittorica medievale e cerca nell’antico un altro riconoscimento.

Napoli ha bisogno di questo soffio, anche se a volte i ricordi sono brutti. Ma ricordano una grandezza oggi riconosciuta più dai turisti che dagli abitanti. A Napoli piove, c’è la spazzatura e la peggiore politica … e i giovani del ceto medio fuggono a vele spiegate, lasciando genitori felicissimi dell’esodo. Emigranti non più per forza, vedono Gomorra con piacere – ma credo che come chi scrive non abbiano mai conosciuto realtà simili – un borseggio, al massimo, ma accade ovunque. Chi lavora conosce altre malversazioni, che sono le stesse ovunque, lobbies prepotenti, raccomandazioni, disconoscimento del merito e anche mobbing… le mafie, tranne i giudici, le conoscono pochi. Gomorra è piaciuta anche a me, ne ho scritto, anche se nemmeno alla Sanità o ai quartieri spagnoli ho visto tipi come il giovane Savastano. Poveri sì, ce ne sono molti; e sicuramente i giovani non trovano lavoro. Ma il razzismo non è giusto nemmeno in questi casi.

A Gomorra non occorre la critica ma la libera controbattuta. Ed è venuta, alfine – pare – Patierno ha presentato al Festival di Roma un documentario che ricorda i bombardamenti di Napoli del 42-43 – che la ridussero come Aleppo. Il racconto non parte dai napoletani, ma da un americano, Norman Lewis, che nonostante lo scempio della Napoli distrutta, diceva “Se potessi rinascere, vorrei fosse qui” –frase che i napoletani che restano ripetono spesso, è una città che si ama. Spero solo che visto che Patierno recupera nel docufilm Mastroianni, Totò, Eduardo, Rondinella, Rossellini e Nanny Loy, nonché Emmer, non abbia fatto l’ennesimo film di colore, come quello di tanti scrittori che parlano di Napoli da lontano. Vedutisti, non riescono a cogliere i bozzetti della vita reale; il fatto che Titta Fiore lo definisca ‘napoletano di nascita e di cuore’ fa pensare infatti sia un esulte, come tanti eminenti che amano da lontano: ma non si ama così, non ci si prende cura.

Un video, ora su YouTube, girato con Adolfo Giuliani qualche mese fa dimostra il sentimento di chi restò, nonostante a tutti capitino occasioni (vedi il canale oscom.unina). Non conoscevo la tragedia del 42’-43,’ i miei erano in guerra. S’è poi verificato anche qui quel pudore della gente che subisce violenza. Ci si sente offesi, quasi colpevoli dell’accaduto, si vuol dimenticare. Notai questo atteggiamento quando in un convegno sulla radio, nel 2003, a Lioni, l’allora sindaco Rosetta D’Amelio parlò ai ragazzi cui era dedicato l’incontro di MEDIAMICI dicendo cos’era stata per loro la radio nel 1980, tra le macerie del terremoto. I ragazzi presenti non erano nati, scese un silenzio generale: non ne avevano sentito quasi parlare.

Il 23 aprile del 1616 Giuseppe Montesano, altro illustre esule come la Ferrante, ricordava il quadricentenario della contemporanea morte di Cervantes e Shakespeare: è finita l’Europa creativa, diceva. Non pensa così Apple. Mentre i burocrati inglesi invitano a confessare d’essere napoletani o siciliani, nei vesuviani Apple è venuta a cercare i creativi. Si vedrà.

w-editoriale-19-16-finisce-la-creativita-nachleben-napoletano-con-patierno

Il valore del dono a Medjugorje

di Alessandro Savy

medjugorjeA Medjugorje, come negli altri luoghi di culto, esistono varie tipologie di oggetti-ricordo, che i pellegrini comprano per farne dono ad amici e parenti, anzi la presenza di oggetti di vario tipo e di negozi di souvenir può creare un certo disorientamento, in quanto aspetto commercia-le ed evocazione del sacro possono sembrare discordanti, o può sembrare che l’aspetto commerciale allontani da un percorso spirituale, come è stato sottolineato da qualche intervistato,( interviste da me condotte) cito testualmente ad esempio, Lucrezia Laureata di Roma:

“Tutti quei negozi uno accanto all’altro mi soffocavano, erano per me come delle immense montagne che dovevo attraversare per poter arrivare alla valle di serenità che appunto era la chiesa, con i suoi momenti fantastici di preghiera, l’Adorazione fu uno dei momenti più emozionanti, forse perché era di sabato ed i negozi erano chiusi, questo mi aiutò a percorrere il tragitto che andava dall’albergo alla chiesa di San Giacomo in silenzio senza tutto quello stress visivo ed uditivo.”

Ma quello che emerge dalle interviste è la ricerca che il significato più profondo del dono si colleghi alla tipologia dell’oggetto donato, che è in questo caso un oggetto Sacro.

Dalle tali interviste, risulta che gli intervistati acquistano oggetti sacri per donarli sia ad amici sia a parenti o semplicemente a coloro che ne hanno fatto richiesta, a tal proposito voglio riprendere alcune parti di interviste, ad esempio Susanna, insegnante di Roma:

“Li acquisto sempre, perché amo regalare rosari. Sono sicura che porteranno del bene dove andranno; li donerò ad amici e non, a conoscenti e malati soprattutto.”

Oppure Barbara, impiegata Napoletana:

“Certo, li acquisto per diversi motivi sia perché me li chiedono i miei familiari e amici, sia perché a me fa molto piacere donarli, perché non è semplicemente fare un regalo, ma donare anche il valore, la spiritualità dell’oggetto sacro.”

Alessandro, seminarista di Bastia Umbra, afferma:

“Donare un oggetto sacro per me significa donare una preghiera e uno strumento di preghiera a qualcuno. È anche un modo per far conoscere alle persone che il Signore li ama nonostante tutto e nonostante le situazioni avverse. Questo può aiutare le persone a fare pace con il Signore e con se stesse.”

Ed ancora, Angela Laureanda Napoletana:

“Quando mi reco nei luoghi Sacri sono solita acquistare oggetti Sacri e soprattutto Rosari e immagini da riporre in casa di chi li riceve, perché penso… che siano i due oggetti che più di ogni altro trasmettono la spiritualità che ho vissuto “io” in quel luogo, e quindi anche per me è un segno della mia preghiera per loro”

Dalle interviste succitate, quindi è rilevante l’aspetto della spiritualità che il donare assume, perché non riguarda un semplice oggetto materiale ma un oggetto Sacro, a cui viene attribuita la spiritualità che porta con sé. L’atto di donazione inoltre fa nascere quel senso di appartenenza alla comunità religiosa, che si sintetizza in tal caso nella qualità di “pellegrino.”

w-culture-savy-il-valore-del-dono-a-medjugorje