Il senso del sacro II ed. – Mostra collettiva

di Rossella D’Antonio

Nell’ambito delle celebrazioni per la festa patronale di Napoli dedicata a San Gennaro, giunge alla seconda edizione, fino al 20 ottobre 2019, nel refettorio della Chiesa di San Domenico Maggiore la mostra il “Senso del Sacro”. L’evento è promosso dall’arcidiocesi di Napoli e dall’assessorato alla cultura e al turismo del Comune di Napoli. Sessanta artisti che espongono altrettante opere, insieme nel cammino per rinnovare l’intesa tra arte e Chiesa, in una espressione di un linguaggio che racconta all’uomo ciò che i suoi occhi da soli spesso non sanno vedere; un linguaggio che apre il cuore dell’uomo a una verità che la ragione da sola non sa cogliere.

Questa edizione risulta, se possibile, ancora più introspettiva, poiché non indaga solo il sottile filo che unisce il senso del sacro all’arte stessa, ma pone un’ulteriore interrogativo: quanto c’è di fragile nell’animo umano e nelle azioni dell’uomo? Quindi una mostra collettiva che sceglie come tema la fragilità e l’incompiutezza dell’umano riconoscendo la sacralità dell’arte e attraverso essa il tentativo di insegnare il valore dell’esistenza praticando verità e giustizia. Il binomio sacralità–fragilità permea il refettorio di San Domenico, due forze che si compensano e che solo apparentemente appaiono antagoniste.

Culto e tradizione, la fede che si intreccia da sempre con i valori fondanti della vita, con le sue attese e i suoi interrogativi. Ogni tempo e ogni popolo hanno trovato nell’arte il riferimento concreto, sensibile, visibile per la testimonianza della fede, per l’esercizio del culto religioso e per la comprensione della bellezza ineffabile della trascendenza e dell’infinito. Il rapporto tra l’arte e la dimensione del sacro è sempre stato inevitabile nella storia dell’uomo. In ciò che l’arte rappresenta, si riconosce il popolo, e nella differenza degli stili artistici si esprime la bellezza che l’uomo ha cercato di imprimere alla materia per sottrarla all’assenza di significato e per consegnarle un valore di verità. Così come affermato da una delle artiste e coordinatrici della mostra Luciana Mascia: “la vera arte mentre ci trasmette la fragilità dell’uomo di fronte alla natura e di fronte alla religione, sa esprimere la sua necessità di sentirsi proiettato verso l’infinito. Mistero, spiritualità, ricerca del sublime, si confondono e si fondono col piacere della libertà di immaginare oltre ogni confine. Il bisogno dell’uomo di andare oltre l’orizzonte della realtà percepibile è lo stesso bisogno che afferisce, propriamente, alla religione come all’arte”.

Un’iniziativa che considera la bellezza dell’arte come la strada che conduce a Dio, un ponte tra il mondo terreno e quello celeste. Il modo migliore per riflettere sull’incertezza del presente e capire chi cerca un riscatto e una vita migliore e accetta la propria fragilità per fondare un messaggio di amore e di speranza per gli altri. Infatti espongono tutti insieme artisti noti e non. Essi sono:

Augusto Ambrosone, Enzo Angiuoni, Vincenzo Aulitto, Ambrogio Bosco, Antonio Bove, Giancarlo Caneva, Maria Rosaria Caso, Carla Castaldo, Salvatore Chiariello, Carlo Cottone, Fortunato Danise, Libero Generoso De Cunzo, Antonio Del Prete, Gaia Dente, Giuseppe Di Franco, Michele Di Martino, Lucia Di Miceli, Elena Diaco Mayer, Salvatore Esposito, Giovanni Ferrenti, Claudio Mario Feruglio, Giuseppe Gargiulo, Felice Garofano, Gennaro Maria Guaccio, Lucio Iezzi, Mario Iaione, Carlo Improta, Mimmo Jodice, Franco Lista, Massimo Maci, Pasquale Manzo, Marcello Marrucci, Luciana Mascia, Genny Masturzo, Patrizia Mauro, Lina Modola, Gina Nicolosi, Carmen Novaco, Filomena Pagnani, Ulla Pederson, Silia Pellegrino, Maria Petraccone, Fernando Pisacane, Nina Pops, Gianfranco Racioppoli, Silvia Rea, Ciro Riccardi, Ellen Ross, Ferdinando Russo, Raffaele Russo, Amir Sabet Azar, Vishka Sabet Azar, Ariberto Salati, Elena Saponaro, Marinella Tortora, Mario Vanacore, Vittorio Vanacore, Lucia Vecchiarelli, Generoso Vella.

Tutte le opere sono pubblicate nel catalogo edito da Elio de Rosa con i contributi critici di Luigi Caramiello, Clementina Gily Reda, Luciana Mascia e Rosario Pinto.

Ecco ritrovare nelle pitture, ma anche nella fotografia, echi di sacralità divina e allo stesso tempo limitatezza della condizione umana. Lì dove però fragilità può essere intesa anche non solo limite, ma anche cosa da difendere, altrettanto sacra. Uscire fuori da sé stessi, valicare i limiti e prendersi cura del prossimo. Tenere a mente la grandiosità e il potenziale umano, ma la sua finitezza di fronte al divino. Eppure non ci si può arrendere a questo limite e a questa fragilità.

L’inaugurazione ha visto l’intervento del cardinale Crescenzio Sepe, del Vicario alla Cultura mons. Adolfo Russo, e della direttrice del Museo Diocesano Carmen de Rosa.

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