Perché la scuola dovrebbe occuparsi di coaching?

di Nunzia Bruno

Il 3° Istituto Comprensivo di Nocera Inferiore, grazie all’interesse e alla motivazione della Dirigente Scolastica, prof.ssa Maria Ventura, ha partecipato attivamente durante l’anno scolastico 2017/18 alle attività promosse dall’OSCOM, di cui diamo conto in questo numero nei tre articoli: Nunzia Bruno, Arte e cittadinanza, Simona Caso, Educare alla Bellezza, e Nunzia Bruno, Coaching didattico.

Secondo la definizione canonica, il coaching è “ il processo attraverso il quale si aiutano individui e gruppi di persone a raggiungere il massimo livello delle loro capacità di performance. Si tratta di una metodologia che aiuta a sviluppare ed ottimizzare competenze e caratteristiche personali per mettere in atto delle performances efficaci e competitive. E’ lo strumento per liberare le potenzialità di una persona, per aiutarlo ad apprendere senza impartirle insegnamenti dall’alto, ma portando comunque al massimo il suo rendimento.

Come afferma Recalcati ‘’c’è un salto nel vuoto che attende l’insegnante nell’esercizio del suo lavoro2, nessuno può insegnare ad apprendere, non esiste una tecnica precisa, si sa sicuramente che avviene e che non può generarsi senza un ‘’maestro’’. Guidare l’allievo ad ‘’apprendere e conoscere’’ (E. Morin), ad appassionarsi allo studio e alla cultura, ad incantarsi e ad emozionarsi di fronte ad un tramonto o ad un’opera d’arte, dovrebbe essere una delle principali finalità della scuola e obiettivo di ogni singolo docente.

Le scienze sociali utilizzano il concetto di “ potenziale di apprendimento”come insieme di possibilità di apprendimento che sono realizzabili da una persona,che possono essere state non ancora interamente attuate, ma che possono esserlo se la persona riceve degli stimoli appropriati dall’ambiente.
E di stimoli oggi se ne ricevono pochi, dal momento che la scuola sembra, suo malgrado, favorire un metodo di studio nozionistico e superficiale, e la didattica che propone è in gran parte “sganciata” dagli interessi e dalle esperienze concrete degli alunni. Le capacità di apprendimento possono discostarsi dal proprio potenziale di apprendimento, quando la persona non riceve dall’ambiente degli stimoli appropriati.

La scuola, se vuole sopravvivere, deve aprirsi alla vita, deve essere aperta al cambiamento, non basta solo progettare e sperimentare, ma fornire agli studenti strumenti atti ad accrescere conoscenze, creare indipendenza e spalancare occhi e cuore per ‘’aprirsi agli altri mondi’’. Secondo Bateson3 possiamo distinguere apprendimenti di diverso ordine:

L’apprendimento 0 identifica una assenza di apprendimento: questo avviene quando le nostre risposte comportamentali sono “scatenate”da una determinata condizione ambientale, o sono frutto della abitudine. A questo livello noi siamo focalizzati sull’ambiente e non su di noi.

L’apprendimento 1 si ha quando una persona reagisce ad uno stimolo ambientale “scegliendo” un nuovo comportamento. Si tratta di un comportamento che appartiene già al suo repertorio di comportamenti, ma che viene messo in atto come adattamento o risposta ad una condizione ambientale (ad es. la strada dall’ufficio a casa è intasata ed io scelgo di cambiare strada). Si tratta di un apprendimento che riguarda il livello del comportamento.

L’apprendimento 2 si ha quando una persona agisce su un proprio stato interno, oppure individua una nuova strategia o un nuovo piano, che le fa individuare un altro insieme di alternative che prima non considerava (ad.es Se imparo una nuova strategia di apprendimento mi si apre un nuovo insieme di alternative che prima non consideravo). Si tratta di un apprendimento che avviene al livello delle capacità e che influenza anche i livelli sottostanti: quelli del comportamento e dell’ambiente.

L’apprendimento 3 si ha quando agendo su una propria credenza o valore, cambia l’intero “sistema” di alternative che vengono considerate. Se una persona, ad esempio, è convinta di non essere capace o di non essere in grado di fare qualcosa, l’intero sistema di alternative che considererà risentirà di questa sua convinzione. Se le esperienze lo indurranno a cambiare questa sua convinzione, alla persona si aprirà un mondo di possibilità che prima neanche intravedeva. Lo stesso accade quando una persona modifica un proprio valore (un valore è ciò a cui attribuiamo importanza nella vita, e che contribuisce a darle significato). Un apprendimento che avviene al livello delle convinzioni e dei valori influenza tutti i livelli sottostanti

Un apprendimento 4, infine, implica un uscire fuori dal sistema nel più ampio sistema dei sistemi: è ciò che accade a chi fa delle esperienze spirituali che aprono nuova consapevolezza, per cui cambiano la percezione della propria identità e del proprio scopo nella vita (la propria “missione”).

Durante il coaching la persona realizza apprendimenti dei primi tre ordini.

Livello 2: Imparare ad imparare

Livello 1: Insegnamento istituzionale

Livello 0: Stimolo risposta

Il metodo del coaching propone, infatti, una nuova chiave di lettura, in quanto si propone come metodo teso ad esaltare:

 la FORMAZIONE, intesa come processo di crescita in luogo della performance

– la RELAZIONE EFFICACE (docente-alunno) quale risorsa primaria di trasmissione del contenuto
– 
L’ATTIVAZIONE DIRETTA del ragazzo attraverso lo stimolo delle potenzialità e lo sviluppo dell’ auto responsabilizzazione.

Una delle immagini che più facilmente associamo al vissuto scolastico è quella di un insegnante che rimprovera, richiama, stigmatizza un comportamento dello studente. “Non devi fare così”, “Correggi questo comportamento”, “Se fai così…sbagli!”. Dietro questo atteggiamento, vi è l’idea che esista un modo chiaro e universale di essere bravi studenti, a cui bisogna uniformarsi, che esista un solo modo di essere intelligenti, brillanti, eccellenti. Ma se così fosse, bisognerebbe chiedersi perché tanti studenti mediocri hanno dimostrato nella vita talenti eccezionali, manifestando capacità e qualità che la scuola non aveva saputo portare alla luce. Forse l’errore del nostro modello sta nel non tenere conto che ognuno di noi è profondamente diverso, particolare, irripetibile. Questa unicità riguarda anche le diverse potenzialità che ognuno di noi sviluppa nel corso della vita; secondo le teorie del coaching, le potenzialità sono la risorsa a cui dobbiamo attingere per superare le difficoltà, quindi è sulla piena valorizzazione di queste che la Scuola deve “lavorare”, invece che insistere nel censurare attitudini ritenute “non adatte”.

Quando il contenuto non è centrato sull’obiettivo dell’insegnamento, ovvero il ragazzo stesso, è difficile pensare ad una sua piena autorealizzazione e la scuola diventa un sacrificio faticoso in cui i più disciplinati riescono, i più fragili soccombono.

Ma come esercitare nell’attività didattica le potenzialità dell’individuo? Come fare in modo che ogni studente, nello stesso spazio e tempo, porti alla luce quelle caratteristiche dominati che costituiscono il punto di forza di ognuno?

La risposta migliore è che ogni studente rappresenta una risposta diversa: un ragazzo che presenta socialità leadership soffrirà il non vivere attivamente l’area della relazione scolastica, chi invece presenta creatività e curiosità, non può certo essere chiuso in attività meccaniche, lo studente con una sviluppata apertura mentale concepirà la propria realizzazione scolastica più efficacemente se messo nelle condizioni di essere critico e personale.

Spetta ad una scuola più attenta e lungimirante capire che un incontro tra performance e potenzialità favorisce “lo sviluppo del talento”, eliminando la spiacevolezza al compito, favorendo l’avvicinamento al flow.

Il corso di “Coaching didattico” condotto dalla professoressa C. Gily, ha consolidato le nostre idee riguardo ad un determinato tipo di insegnamento:

 ‘’ La bellezza salverà il mondo’’ recita una frase di Fiodor Dostoevskij ed educare alla bellezza fin da piccoli, equivale ad insegnare la verità (J. Keats), l’armonia (U. Foscolo), la felicità… La Bellezza è un mistero, un enigma perché indefinibile (Dostoevskij) ma può presentarsi all’improvviso in tutto il suo splendore: nello sbocciare di un fiore, nel volo acrobatico di una rondine, nel sorriso di un bambino, nel mormorio di un ruscello, in un volto segnato dal tempo…

L’idea di fondo, che sottende questa progettazione, è da individuarsi nell’ “educazione alla bellezza” attraverso l’educazione ambientale ed ai beni culturali (strumento di “cultura” del territorio e dell’ambiente, sia dal punto di vista naturalistico culturale e artistico), finalizzata all’arricchimento del patrimonio culturale degli alunni.

La bellezza è maestra di vita: aiutare a superare fasi delicate della crescita, fa guardare il mondo con occhi diversi e nuovi, a stupirsi e a ringraziare per ogni volta che il sole sorge o tramonta, a donarsi agli altri, a instaurare empatia, a rispettare ciò che ci circonda, a renderci” belli dentro”.

Questo libro vuole fornire all’insegnante alcuni strumenti, concettuali ed operativi, per andare in questa direzione. Le attività didattiche poste in essere (https://www.oscom.it/olweb/category/corso-oscom/coaching-didattico/) fanno riferimento a vari ambiti disciplinari. I livelli di difficoltà delle attività variano da caso a caso. Si è cercato di proporre attività semplici adatte per la fine della scuola dell’infanzia e per il primo ed il secondo ciclo della scuola primaria, sia attività più complesse per la scuola secondaria di primo grado. Tuttavia l’insegnante può agevolmente, variando il materiale o le consegne dell’attività, renderla più facile o più difficile per adeguarla all’età e alle competenze degli allievi.

Facendo riferimento alle “ Indicazioni nazionali e nuovi scenari” emanate nel febbraio del 2018 che individuano, tra gli strumenti culturali per la cittadinanza, le “ Arti per la cittadinanza”, considerandole “fondamentali per lo sviluppo armonioso della personalità e per la formazione di una persona e di un cittadino capace di esprimersi con modalità diverse, di fruire in modo consapevole dei beni artistici, ambientali e culturali, riconoscendone il valore per l’identità sociale e culturale e comprendendone la necessità della salvaguardia e della tutela “, le attività proposte sono legate all’educazione al patrimonio culturale, quale decisivo elemento di formazione ad una cittadinanza attiva, nell’intento di radicare il senso di appartenenza a una tradizione culturale comune e di facilitare l’incontro tra individui e comunità che interpretano codici, storie e consuetudini diverse. Da questo punto di vista i musei, le chiese, i monumenti, le biblioteche e gli archivi, ma anche il territorio stesso, sono luoghi di apprendimento informale che possono giocare un ruolo strategico in quello che viene definito lifelong learning, l’apprendimento costante che si costruisce lungo tutto l’arco della vita, luoghi non solo della conoscenza, dell’incontro con la bellezza, dello stupore e dell’incanto, ma particolarmente come luoghi della formazione delle coscienze e del pensiero, per riconoscere e imparare ad amare i valori della giustizia sociale, della solidarietà, della legalità .

La documentazione del progetto è un momento importante per la logica che ispira tutta le proposta: cogliere nel territorio il segno del sacro. È vero, “la mappa non è il territorio”, cioè nessuna descrizione riesce a rendere completamente le dinamiche di un’esperienza in cui le scelte si integrano con la passione e la personalità dei protagonisti, oltre che con il contesto nel quale si agisce. Nonostante ciò, la lettura della documentazione del progetto, del percorso compiuto e delle valutazioni che i protagonisti hanno sottolineato con le loro osservazioni, permette a un osservatore attento di andare oltre il “velo” e di intravedere qualche traccia per capire meglio.

È questo il tentativo espresso nelle righe che seguono, dove si evidenziano tre finalità: documentare il prodotto perché sia coinvolgente e spendibile; raccontare il percorso perché sia significativo professionalmente; dire il senso e la qualità formativa delle scelte per capire il disegno educativo e culturale che sta alla base.

Gli elementi determinanti sono:

– la presentazione dell’esito principale del progetto nella sua completezza, in modo che sia utilizzabile e leggibile da tutti: alunni, genitori, docenti del territorio (il prodotto diventerà parte del percorso museale del Museo Didattico dell’Istituto);

– e quelli che Edgar Morin chiama “concetti organizzatori”, i fili forti che rendono un progetto culturalmente ed educativamente significativo: valorizzare il bene culturale nel suo presente, nel suo passato e nel suo futuro, perché è al senso del tempo che, in fondo, dobbiamo educare.

Un immaginario viaggio nel tempo, durante il quale, con un linguaggio semplice ed un periodare vicino alle modalità di pensiero dei bambini e dei ragazzi, abbiamo presentato, a grosse trame, le principali vicende che hanno attraversato la nostra città: Nocera Inferiore.

Un percorso didattico di facile fruizione per chi volesse tentare un primo approccio alla storia locale ed il tentativo di diffondere la cultura dell’esplorazione e la conoscenza del patrimonio archeologico che porta ad individuare i connotati della nostra storia.

Il testo è il risultato del lavoro messo in campo dal Terzo Comprensivo di Nocera Inferiore che, con la collaborazione dell’ esperta esterna, professoressa Clementina Gily, in un progettazione di curricolo verticale tesa al recupero della memoria storica in omaggio alla quale è stato allestito anche il Museo Didattico di cui si parlava in precedenza, che la dirigente Maria Ventura intende offrire alla fruibilità del territorio.

I contenuti scelti per raggiungere questi obiettivi sono stati diversificati a seconda delle classi coinvolte, assegnando altrettanti temi di indagine:

 

– per la scuola dell’infanzia: “Le figure di San Prisco, patrono di Nocera Inferiore e di Sant’Anna”-;

– per la scuola primaria: primo ciclo, “ il Dio Sarno”- il “Battistero di Nocera Superiore”; classi terze, “Dal Museo della Valle del Sarno alle origini dell’insediamento umano nell’Agro nocerino-sarnese”- “la devozione alla Madonna delle Galline”; classi quinte, “Il Monastero di Sant’Anna, tappa del cammino di Compostela”;

– per la scuola secondaria: il “Battistero di Nocera Superiore”

Vedi le realizzazioni nel canale oscom.unina di YouTube

GF Bruno Perché la scuola dovrebbe occuparsi di coaching