Un pensatore d’immagini: Giordano Bruno – I Giordanisti

di C. Gily Reda

Pavimento del Duomo di Siena
Pavimento del Duomo di Siena

L’esistenza dei Giordanisti va guardata da questa speciale prospettiva d’immagine, che pone l’attenzione su Ermete Trismegisto laggiù, nel pavimento del Duomo di Siena.

Perché l’ermetismo di Bruno e dei Rinascimentali, magico ed irenico, viveva di tradizione ma la riviveva in modo nuovo, in una nuova concezione della vita in divenire. Una idea della scienza che si mantenne nel pensiero moderno, sotto una fitta coltre di aritmetica ed illuminismo; nel 900 è sbocciata – nata nella grande arte Rinascimentale, si esprime davvero nella forma non formata delle Avanguardie.

La scienza moderna col suo calcolo ha imboccato col calcolo infinitesimale e le geometrie non euclidee la via che l’ha condotta alla relatività ed all’indeterminismo, teorie che per tanti rispetti assomigliano più alla magia che alla legislazione scientifica moderna. La scoperta delle onde gravitazionali di Einstein ha avuto proprio in questi giorni un riscontro interessante. L’avrebbe accettato Galilei? Forse sì, visto che era un astronomo-astrologo, come tutti allora, autore anche di oroscopi (purtroppo per lui, sfortunati). Bruno anche era tale, viveva spiegando l’astronomia di Copernico, cui si riteneva però superiore perché filosofo: cioè uno che si confronta con la coerenza ideale e giunge a conclusioni – sulla base di un’armonia generale riconosciuta anche dai Pitagorici quando parlavano della matematica del numero aureo o della musica delle sfere.

Sulla base di questa superiorità, Bruno affermava l’infinito seguendo le tesi di Nicolò Cusano Vescovo di Bressanone – mentre Copernico poteva parlare della rivoluzione celeste ma non affermare l’infinito senza esperimento e prova. L’epistemologia di oggi direbbe che Bruno è scienziato nel senso della logica della ricerca, cha parte da una tesi e riflette l’intero da un punto di vista; Copernico è scienziato dal punto di vista del metodo matematico. Per K. R. Popper, sono i due momenti della vita della scienza, quello della scoperta e quello della corroborazione delle ipotesi.

Nel ‘500 astronomia ed astrologia erano oggetto di una unica scienza che si occupava delle stelle e delle costellazioni, sulla base di osservazioni e storie bi- e quadri-millenarie; l’introduzione del numero aritmetico come unica via di conoscenza, tipica del pensiero moderno, ha reso la scienza velocissima ma poco attenta al mistero ch’è l’altra parte del cosmo: così si spiega il cambio di paradigma del 900, che con la relatività generale e l’indeterminismo ha recuperato l’unità, il parimpari, da cui nascono tutti i numeri, e che è, dice il nome pitagorico, né pari né dispari. L’unità consente di trovare le vie della pace, porsi davanti alla storia con un aut aut, se non sei amico sei nemico, non giova alla fraternità. Ecco il legame che unisce le speculazioni astronomiche alla teoria e pratica della pace che suscitò consenso intorno a Bruno, suggerendogli, nel odno delle nuove religioni, di costituire anche lui una setta, ispirata però alla pace, al riconoscimento di quel che c’è di comune tra le religioni. È il tempo in cui nasce il Giusnaturalismo e l’Utopia ad opera dei tanti perseguitati per motivi religiosi, di cui Giordano Bruno è certamente l’eroe.

Ma da tempo i dotti si chiedevano, come Pico della Mirandola: ma dove stanno tutte queste differenze tra le religioni? Certo, ce ne sono, ma non sono tanto grandi come quelle tra chi crede e chi non crede e perciò uccide, tortura e si abbandona alle sue sregolatezza. Tra chi è solidale verso il debole e chi lo perseguita c’è la vera differenza, divide chi crede nell’Anima del Mondo, comunque la appelli. Ciò non intende chi fa la guerra di religione, che pensa al potere di una Chiesa ed è costretto perciò a ben altre considerazioni, non religiose. È il problema dei fondamentalismi – allora erano ugonotti – luterani – anglicani… e anche forse gallicani e Catto-Asburgo (il continuo conflitto Papa Impero allora placato in Carlo V) che consolidavano le proprie nazioni. A tutto ciò si opponeva l’irenismo di tanti intellettuali che negli studi meditavano un’altra idea di Dio e dell’uomo, edificando la forza del diritto internazionale.

Ed ecco perché era un’azione politica di tipo diverso la creazione di una setta, i Giordanisti, di cui si notizia certa perché è lo stesso Bruno a parlarne a Mocenigo, come si confermò al processo di Giordano Bruno, durato dieci anni. Si ha anche certezza dell’azione pubblicitaria di Dicsonio, un personaggio dei dialoghi italiani (Dickson, già presente a Londra); di Toland, il celebre deista inglese che tradusse e diffuse il dialogo di Bruno dedicato alla necessità di cambiare la religione tradizionale, chiamato Lo spaccio della Bestia Trionfante.

Una conferma indiretta è l’atteggiamento di Bruno di non abiurare, come fecero Galilei e Campanella; ciò parve strano già ai contemporanei, sia che lo ritenessero a torto ateo – mentre era religiosissimo, nel nome del Dio Ignoto che S. Paolo riconobbe ad Atene – come a chi lo riteneva giustamente un non cattolico che aveva gettato alle ortiche la sua tonaca di frate domenicano ed aveva girato l’Europa di tutte le diverse religioni ereticali. Diceva anche messa a Londra all’ambasciata francese: la sua disobbedienza e mancanza di rispetto del detto papale era antica… perché non salvarsi la vita? per quell’unica affermazione che non rinnegò mai (che Dio è il nocchiero della nave del mondo, coinvolto nel suo divenire). Il suo atteggiamento al processo si spiega se si pensa agli amici lontani cui vuole raccomandare fede e coraggio. I Giordanisti consistono di poco più del nome, ma dal 1610-16 ci sono le attestazioni della setta dei Rosacroce, che per tante cose condivide le idee di Bruno: lo documenta Frances Yates, che ha scoperto alla Warburg Library la grande importanza de pensiero mnemonico ed ermetico di Bruno.

Lo spaccio della Bestia Trionfante è il manifesto del rinnovamento religioso proposto. Si narra la favola nel teatro della religione politeista greco romana. Finita da mille anni e più, figura in scena tutte le religioni che tramontano. Bisogna sì tirar giù gli dei, ma anche meditare i nuovi valori: è questo il teatro in cui tanti valori si rinnovano e prendo la vita del tempo attuale.

Morta da tempo ma ancora così viva nell’arte e nella cultura dell’epoca, la religione di Giove e Giunone reggeva bene la satira teatrale, gli Dei erano capaci di ironia e riso; consentivano a Bruno di mettere in metafora la necessaria fine degli dei, contro dogmi e violenze. Contro il sereno accogliente Olimpo, le guerre ammantate di religione ripropongono il problema dei valori al filosofo: che risponde distruggendo e ricreando il cosmo dei valori del tempo.

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