Un’immagine mille storie – Capricorn One

di Vincenzo Curion

Il venti luglio scorso ricorreva il cinquantesimo anniversario del primo sbarco sulla luna. Il “piccolo passo” compiuto dal Neil Armstrong, “ma il grande passo per l’umanità” è stato ricordato con tutta una serie di manifestazioni e interviste che sono rimbalzate da tv a giornali, a riviste, al web, per ricordare la grandezza e l’eroicità di quei giorni lontani. La coralità dello sforzo che gli Stati Uniti d’America riuscirono a profondere per arrivare primi sul nostro satellite, rappresenta tutt’oggi un mirabile esempio di come il genere umano possa profondere grandissimo impegno per raggiungere un proprio traguardo. L’impresa vide il lavoro congiunto di tantissime persone, superando anche diversità e barriere che, nell’America dell’immediato post Right vote Act del 1965, che aveva abolito formalmente e definitivamente le leggi segregazioniste “Jim Crow”, sembravano insuperabili.

Ciò nonostante quella passeggiata è ancora oggi, a distanza di decenni, ammantata di mistero e di teorie complottistiche. Fin da subito, la concomitanza con altri eventi ed alcune apparenti “stranezze”, mise in dubbio la bontà della missione.

Il negazionismo si alimentò tra la gente finché, il 3 giugno 1976, negli Stati Uniti fu pubblicato un libro, scritto dall’americano Bill Kaysing e dal titolo inequivocabile. “We Never Went to the Moon”, “Non siamo mai andati sulla Luna”. Kaysing era un laureato in inglese finito a lavorare in un’azienda produttrice di motori a razzo. Malgrado si fosse occupato sempre e solo di stesura e supervisioni di manuali, egli si è sempre dichiarato profondamente conoscitore della materia e nel libro espose fermamente il suo punto di vista che si poteva riassumere così: “Non abbiamo una tecnologia che ci possa permettere di compiere la missione e la Nasa non ha fondi a sufficienza per permettersi una missione così costosa.” Che cosa è stato visto in televisione quel 20 luglio del 1969? L’autore disse che gli americani si erano inventati tutto e avevano affidato la regia dello sbarco a Stanley Kubrick, diventato famoso un anno prima con “2001 Odissea nello Spazio” e Premio Oscar per gli effetti speciali proprio nel 1969, proprio per “2001 Odissea nello Spazio”. Il regista, minacciato dalla possibilità di rendere pubblico il coinvolgimento del fratello Raul con il Partito comunista ai tempi della guerra fredda, aveva accettato, giurando il silenzio eterno sulla faccenda. Cosa non da poco. Se non che, dettaglio forse insignificante per Kaysing, Kubrick non ha mai avuto un fratello. Ma quale sarebbe stato poi il motivo di questa messinscena?

I complottisti ed i negazionisti dell’allunaggio si divido. Per alcuni la missione Apollo 11 venne inscenata per togliere il primato dello spazio all’Unione Sovietica, che vantava la riuscita dell’impresa dello sputnik, la riuscita dell’impresa di Gagarin, primo uomo nello spazio, la riuscita dell’impresa della sonda della missione Luna 2 che per prima toccò la superficie della luna atterrando nel mare della Tranquillità il 14 settembre 1959. Per altri, servì a distogliere l’opinione pubblica dal fallimento della guerra in Vietnam che era iniziata con la guerriglia nel 1957 e che stava falcidiando tante giovani vite.

Per altri ancora la fantasmagorica impresa di Armstrong, Aldrin e Collins, fu necessaria alla stessa NASA per non perdere i quasi trenta miliardi di fondi che l’amministrazione di Richard Nixon, subentrata all’amministrazione di Lyndon B. Johnson, a sua volta subentrato alla Casa Bianca drammaticamente, dopo l’assassinio di John F. Kennedy, era intenzionata a tagliare.

Il film Capricorn One del regista Peter Hyams, del 1978, si basa proprio sulle teorie negazioniste che si diffusero fin dall’indomani dello sbarco. Quella camminata sul satellite tanto caro agli amanti e ai poeti, a molti non sembrava davvero poter essere avvenuta. Hollywood e le potenti major cinematografiche potevano aver creato ad arte il set e filmato tutta la vicenda, garantendo alla NASA una fama imperitura, ma nel contempo, imbrogliando milioni di persone che, a quello sbarco e ai successivi cinque, credettero per davvero. In qualche maniera la pellicola di Hyams, riuscì addirittura a fomentare il fenomeno negazionista, instillando l’idea che quello che accade nel film fosse proprio quanto accaduto al Kennedy Space Center di Cape Canaveral il 16 luglio 1969.

La storia che viene raccontata parte dai test che si stanno compiendo per una imminente missione umana su Marte. A Cape Kennedy, nome con cui si indicò la località di Cape Canaveral dal 1963 al 1973 e che è rimasto come nome nella storia delle missioni Apollo, l’ente spaziale, dopo avere profuso tutte le sue risorse per ben sedici anni, è sul punto di effettuare la missione che porterà tre astronauti sul pianeta Rosso. L’opinione pubblica, dopo le spedizioni sulla luna di fine decennio precedente, non sembra interessata più di tanto. Anzi considera di più problemi più comuni e terreni, rispetto alla possibilità di raggiungere un altro pianeta del nostro sistema solare. Perciò la missione non gode del favore politico. Per via di questo disinteresse, al lancio, non partecipa neanche il Presidente degli Stati Uniti, bensì il suo vice, che frettolosamente liquida le richieste del capo della NASA, Hollis Peaker, di avere nuovi fondi per l’iniziativa.

Frattanto il capoprogetto James Kelloway, colui che ha coltivato per anni il sogno di raggiungere il Pianeta Rosso, segue la missione da Houston. Kelloway, insieme ad alcuni colleghi dell’ente spaziale, è a conoscenza di un difetto al sistema di alimentazione, essenziale della missione, dovuto alle “economie” dell’azienda che lo produce. Il difetto è tale che provocherebbe la morte degli astronauti a bordo, nel giro di tre settimane. La soluzione più ovvia sarebbe stato fermare tutto e aprire un’inchiesta. Ma questo, chiarisce il dottor Kelloway, significherebbe buttare tutto il lavoro di quasi due decenni e rinunciare ad un sogno. Per non rinunciare alla sua missione e darla vinta agli oppositori politici, ha perciò architettato una messinscena volta a proseguire nel programma e togliere argomenti a chi ritiene che le ingenti risorse per le missioni spaziali debbano essere impiegate per altri scopi.

Pochi minuti prima del lancio l’equipaggio formato dal comandante Charles Brubaker e dagli astronauti Peter Willis e Jack Walker è stato fatto uscire dalla capsula e, mentre il razzo parte senza equipaggio, è stato trasportato in aereo in un luogo segreto, dove ai tre, lo stesso Kelloway rivela il piano organizzato e le sue motivazioni. Quello che verrà trasmesso saranno le riprese di un finto sbarco su Marte, che sarà realizzato all’interno di uno studio cinematografico, isolato nella base militare dismessa nel deserto del Nevada, dove l’equipaggio deve restare nascosto.

Inizialmente gli astronauti si rifiutano di prendere parte alla macchinazione, ma Kelloway fa capire che se non accetteranno le loro mogli Keit, Sharon ed Elizabeth e le loro famiglie subiranno pesanti ritorsioni. Tenuto consiglio, i tre si trovano costretti ad accettare. Dovranno recitare su un set e rilasceranno finte interviste.

Kelloway fa dunque “proseguire” la missione attraverso una sala controllo che trasmetterà i dati registrati durante le prove alla base di controllo a Houston. Apparentemente sembra che tutto vada per il verso giusto. Tuttavia un tecnico della sala controllo a Houston, Elliot Whitter, nota delle anomalie nei segnali radiotelevisivi che sembrano giungere da sole 300 miglia di distanza dalla base, rispetto a quelli provenienti dalla navicella in orbita. Whitter fa presente i suoi dubbi, ricevendo solo fredde ed elusive risposte. Dopo il lancio riferisce tutto all’amico giornalista e scapestrato Robert Caulfield. Subito dopo sparisce misteriosamente. Caulfield, fiutando qualcosa di grosso, cerca di ricontattarlo, ma alla NASA negano di avere mai avuto in servizio qualcuno con quel nome. Il giornalista si reca allora all’appartamento dell’amico ma scopre che la casa risulta abitata da una donna che sostiene di viverci da più di un anno. L’uomo va via dall’appartamento ma, entrato in auto, subisce un primo attentato. I freni della sua auto vengono manomessi e lui si trova lanciato in una folle corsa che fortunatamente gli fa perdere solo l’auto che finisce nel fiume, giù da un ponte.

Nel frattempo, come pianificato da Kelloway, i tre astronauti effettuano le operazioni previste: atterraggio, discesa, esplorazioni sul suolo, deposizione della bandiera. Successivamente ripartono ed effettuano il collegamento con la centrale di controllo dove le tre mogli effettuano le comunicazioni verso i mariti lontani. Dopo la trasmissione Caulfield si reca a casa del colonnello Brubaker. La moglie si è comportata in uno strano modo dopo aver parlato col marito ed il giornalista vuol saperne di più. Raccolta una preziosa confidenza dalla donna, si spinge a visitare una città fantasma, dove un anno prima la famiglia Brubaker si era recata per assistere alla preparazione della scena di un film western. Che cosa avrà voluto dire Brubaker alla moglie con l’accenno a quella gita? Caulfield non fa in tempo a chiederselo che deve ripararsi da un colpo di fucile. Ripresosi da questo secondo attentato, torna in città. Intanto il rientro della missione prosegue. Ma mentre la navicella vuota si avvicina alla Terra, un difetto dello scudo termico, la fa distruggere durante il contatto con l’atmosfera. Kelloway annuncia che gli astronauti sono morti a causa del malfunzionamento. Nel frattempo gli astronauti dal luogo segreto dove si trovano, vengono imbarcati su un aereo per essere piazzati nella navicella, ma, appena la notizia della navicella distrutta si diffonde, l’aereo cambia rotta inaspettatamente e torna all’aerodromo. I tre si rendono conto che qualcosa è andato storto nel processo di rientro e che i funzionari non potranno mai rilasciarli. La loro unica speranza è denunciare l’imbroglio. La situazione critica li costringe alla fuga. Rubano un piccolo jet che, poco rifornito di carburante, li obbliga a un atterraggio di fortuna nel deserto. Per aumentare le loro probabilità di trovare un centro abitato dove possano essere visti, smontando così la cospirazione e salvandosi la vita, si dividono le poche risorse trovate a bordo del velivolo e decidono di proseguire a piedi in direzioni diverse, sotto un sole rovente.

Nel frattempo Caulfield continua la sua indagine, ma viene arrestato con una falsa accusa di possesso di cocaina. Rilasciato sotto cauzione, versata dal suo scettico capo redattore Loughlin, viene da questi licenziato. Si rivolge così a una collega e amica, Judy Drinkwater, che gli presta dei soldi, la sua macchina e lo informa dell’esistenza di una base militare abbandonata, a 300 miglia da Houston, nella quale Caulfield trova il set cinematografico utilizzato per fingere lo sbarco su Marte. Nella terra rossa del pavimento trova una medaglietta di Brubaker, a conferma definitiva dei suoi sospetti. Intanto Willis e Walker vengono catturati dagli uomini di Kelloway. Brubaker invece, continua la sua disperata traversata nel deserto.

Conscio di trovarsi finalmente sulla pista giusta, Caulfield noleggia un rudimentale aereo adibito alla disinfestazione dei campi e comincia a sorvolare la zona alla ricerca dell’astronauta superstite, salvandolo proprio mentre sta per essere catturato dagli agenti, mandati da Kelloway, a bordo di due elicotteri.

Nella sequenza finale Kelloway, dopo la tragedia della navicella andata distrutta, recuperato il consenso della Casa Bianca, insieme alle mogli degli astronauti sta assistendo a una cerimonia commemorativa presieduta dal Presidente in onore dei tre eroi scomparsi. Inaspettatamente giungono Brubaker e Caulfield, portando alla luce il complotto e ponendovi finalmente fine.

Il film, che non brilla per qualità e interpretazioni, ruota tutto attorno ad una “cospirazione” per tenere in vita l’idea delle imprese aereospaziali. Pur di tenere in vita un’ideale, secondo Kelloway, si deve essere disposti anche a sporcarsi le mani vendendo false speranze. Ma questa visione di corto respiro finisce col ritorcersi contro i tre astronauti prima e contro lo stesso Kelloway dopo. Il comandante Brubaker e gli altri membri dell’equipaggio dimostrano di essere più concreti e corretti di Kelloway rispetto all’ideale che accomuna tutti e quattro: quello dello sviluppo della conoscenza del genere umano.

Dare false speranze non permette di guardare e risolvere i problemi della missione – Kelloway parla con l’equipaggio del pericolo dell’alimentatore, ma non dice nulla dello scudo termico-. Inoltre, alimentare illusioni non implica che le risorse finite, come quelle di ogni impresa umana, non potranno essere dirottate altrove. Le stesse missioni sulla luna, Apollo 18, 19 e 20 furono cancellate per tagli al bilancio della NASA. La futura missione umana sul Pianeta Rosso di cui attualmente si sta iniziando a parlare non avverrà, quando avverrà, con risorse non finite, che non saranno state stornate da altre priorità, ad esempio fame nel mondo, lotta alle malattie, lotta al riscaldamento globale ed altre possibili problematiche.

La pellicola tenne conto delle macchinazioni e delle dicerie che circolavano all’epoca, dopo la pubblicazione del libro di Bill Kaysing. Incurante delle altre cinque missioni di allunaggio riuscite, Apollo 12, 14, 15, 16 e 17, in una parte dell’opinione pubblica la spiegazione col trucco del set cinematografico rimase quella più plausibile ed ancora oggi tale spiegazione viene raccontata come la vera operazione NASA.

Anche in Italia, il film del regista Massimo Mazzucco, American Moon, uscito nel 2017, ha detto la propria in termini di negazionismo provando a spiegare come la missione sulla luna fosse stata infarcita di trucchi e menzogne, dalle interviste alle foto realizzate su un set fino ad arrivare al mistero della scomparsa dei nastri contenenti i dati di volo. Ma, a distanza di tanti anni dall’evento, appare alquanto strano che fonti ufficiali Russe non abbiano mai avanzato proteste formali contro lo “scippo del primato”. Per dirla con Umberto Eco: “Se i russi sono stati zitti significa che lo sbarco sulla Luna era vero. Fine del dibattito”.

Diversamente, all’epoca delle missioni sulla luna, la diffidenza sul primo e sui successivi allunaggi, che Kaysing seppe captare e capitalizzare è forse da imputare anche al clima politico che si respirava. Tre anni dopo il primo sbarco nel 1972 ci fu lo scandalo Watergate che costrinse Nixon a dimettersi e che fece comprendere a tutti gli americani prima, e a tutto il mondo occidentale poi, che i governi potevano anche mentire.

Tornando al film va detto che alcuni eventi ne influenzarono la sceneggiatura. L’ultimo volo del Programma Apollo era avvenuto in collaborazione con i sovietici, il Programma test Apollo-Sojuz, nel luglio del 1975, per giunta con una catastrofe sfiorata in fase di rientro. Gli Stati Uniti non avevano una navicella spaziale operativa in quegli anni. Mancanza di fondi, di interesse o di registi? Solo nel luglio 1976 c’erano state le prime immagini a colori scattate dalla sonda automatica Viking 1, atterrata sul Pianeta Rosso. Le immagini ritraevano il cielo con una tonalità rosso mattone, ma la NASA le pubblicò con un cielo tendente all’azzurro, si disse “per non sconvolgere il pubblico”. Fu scoperta e ci furono notevoli polemiche.

Altra riflessione che discende dal film è il ruolo della narrazione nella tecnica e nella scienza e di come gli scienziati, possano essere né leali né disinteressati quando forniscono determinate spiegazioni. Questa mancata separazione tra oggettività e necessità di catturare l’attenzione del pubblico non è un pericolo remoto. Spesso i risultati di un esperimento richiedono tempi più lunghi rispetto a quelli concessi dai fondi. Per recuperare qualche risorsa si può essere costretti a dover presentare un risultato parziale o inesatto, magari lavorando sui toni dell’annuncio piuttosto che mostrando la bontà dei dati. Ovviamente esiste un distinguo tra un risultato inesatto ed uno palesemente truccato per interessi economici. Ma la storia della scienza e della tecnologia ci ha insegnato anche ad accogliere le innovazioni cum grano salis, perché il pericolo è sempre in agguato. Si pensi ad esempio all’articolo fraudolento di Andrew Wakefield del 1998 in cui l’ex medico sostenne la correlazione, oggi smentita, tra il vaccino trivalente MPR (morbillo, parotite, rosolia) e la comparsa di autismo e malattie intestinali. Grazie ad una inchiesta giornalistica di Brian Deer del Sunday Times, si scoprì che Wakefield era stato pagato per alterare i risultati, per supportare una serie di cause giudiziarie intentate da un avvocato contro le case farmaceutiche produttrici dei vaccini. Più recentemente, in campo industriale, le dichiarazioni della Volkswagen prima del dieselgate per la qualità eccezionale delle loro emissioni, dichiarate tra le più pulite.

Purtroppo la correlazione tra guadagni e sostegno alle ricerche al momento sono un legame non sempre trasparente su cui molto spesso interviene la stampa interessata a fare cassa con il sensazionalismo. Come nel film accade, anche nella realtà occorre ammettere che gli scienziati possono essere talvolta invischiati in gruppi di potere che tentano di farsi fuori l’un l’altro. Dov’è dunque che si annida la verità? Al singolo l’arduo compito di ricomporre la veridicità delle notizie esaminandole criticamente.

Sitografia e Bibliografia

https://it.wikipedia.org/wiki/Capricorn_One

https://www.comune.re.it/cinema/catfilm.nsf/PES_PerTitolo/6845ED047E187EFDC1256F9F0031C85E?opendocument

https://it.wikipedia.org/wiki/Apollo_11

https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_complotto_lunare

https://www.agi.it/cronaca/uomo_luna_negazionismo-5842256/news/2019-07-16/

http://www.meteoweb.eu/2019/07/teoria-complotto-luna-piero-angela-un-sogno-oggi-imbecilli-negazionisti-la-teoria/1288462/

https://it.wikipedia.org/wiki/Stanley_Kubrick

https://www.nasa.gov/specials/apollo50th/pdf/A11_PressKit.pdf

https://it.wikipedia.org/wiki/Andrew_Wakefield

https://it.wikipedia.org/wiki/Dieselgate

 

GF Curion Capricorn One