Questo volume raccoglie le riflessioni
fatte da studiosi, sociologi, filosofi, comunicatori e docenti di varia
provenienza nell’ambito di due giornate di studio svoltesi a distanza di un
anno l’una dall’altra (dicembre 2000 e dicembre 2001), organizzate
dall’Osservatorio di Comunicazione dell’Università Federico secondo di
Napoli.
Il titolo della prima edizione era “GIOCO E MEDIA: SOGGETTI, SCENEGGIATURE
SCRIPTS”, quello della seconda “IL DIRITTO AL GIOCO: GIOCHI DI PAROLE”: è
evidente che il filo conduttore, il trait d’union tra i due incontri,
sia stato il gioco e più diffusamente il mondo dell’infanzia costituito, da
un lato, dai bambini, dall’altro da chi dei bambini direttamente si occupa e
cioè i genitori, la scuola, le istituzioni. Il gioco è stato, in questa sede,
considerato quale linguaggio di comunicazione privilegiato tra il mondo degli
adulti e l’universo infantile e adolescenziale, quale strumento di educazione
e formazione fondamentale.
Si impone, per tanto, al fine di tracciare le linee fondanti di una didattica
che aspiri ad essere valida ed aggiornata, una nuova, necessaria riflessione
sul gioco e sulle sue molteplici, infinite dimensioni, anche alla luce della
metamorfosi in atto che il progresso tecnologico ha avviato nelle diverse
forme di gioco, modificandone assai rapidamente alcuni degli aspetti
sostanziali.
L’assunto imprescindibile da cui tale prospettiva prende le mosse è ben
esplicitato dalle parole di Marshall McLuhan: «La nostra età dell’ansia è
in gran parte frutto del tentativo di svolgere il lavoro di oggi con gli
strumenti e i concetti di ieri». Se, dunque, muta profondamente la
concezione di gioco, aggiornare le metodologie didattiche che utilizzano il
gioco come modello comunicazionale privilegiato tra il docente e il discente,
appare oggi un imperativo categorico.
In questa prospettiva di ripensamento - e rinnovamento - del gioco
nell’orizzonte contemporaneo va letto questo volume che rappresenta insieme
la significativa sintesi ed un punto di partenza importante affinché la
ricerca e gli studi in questo campo non restino operazioni straordinarie ed
isolate ma siano parte integrante di un progetto ordinario di formazione
globale e permanente dentro - e non contro, come spesso oggi
accade - le istituzioni preposte all’educazione.
Il primo passo in tal senso si compie attraverso l’introduzione del computer
e della connessa produzione multimediale nelle attività didattiche e
l’utilizzo da parte dei docenti dei mezzi e dei modelli definiti dalla Media
Education, la scienza in grado di «fornire gli strumenti critici perché i
ragazzi possano affrontare, con consapevolezza ed autonomia, anche la
programmazione televisiva e la produzione mediale più scadenti».
Particolare rilevanza assume, in questa prospettiva, l’utilizzo pedagogico
dei videogiochi quale più evidente prodotto della metamorfosi ludica in atto
che, per la potenziale capacità formativa nella preparazione del fanciullo
alle nuove realtà elettronica e virtuale del mondo contemporaneo, non possono
non essere inseriti nella metodologia didattica corrente: un approccio più
equilibrato, dunque, al discorso sul videogioco, che non scivoli nella mera
demonizzazione dello strumento, indirizza verso l'utilizzo dello stesso –
molto efficaci si sono dimostrati infatti nella sperimentazione effettuata in
alcune scuole sia elementari che medie italiane alcuni videogiochi realizzati
ad hoc – nell’insegnamento scolastico come supporto ai tradizionali
metodi di apprendimento.
La riflessione intorno al rapporto gioco/media, tuttavia, rappresenta
soltanto uno, sebbene oggi assai pressante, degli aspetti nell’ampio panorama
di studi sull'interazione gioco/didattica - o, come è stata anche in questa
sede definita, l'interazione gioco/educabilità - che ha prodotto una
serie di spunti in ambiti di ricerca assai variegati.
La molteplicità e la serietà degli approfondimenti in questo settore
testimoniano il continuo ampliamento delle frontiere dell'educazione che, in
ambito non soltanto didattico ma anche rieducativo e terapeutico,
conquistano, attraverso il fondamentale strumento del gioco, spazi di azione
e di applicazione sempre più estesi.
La seconda edizione dei due incontri promossi dall’Osservatorio di
Comunicazione testimonia, appunto, questa ricchezza di temi che, muovendo
dalla fondamentale rivendicazione etica del gioco come diritto di tutti,
si snoda attraverso le molte ramificazioni possibili: matrice comune agli studiosi
che hanno partecipato alla realizzazione di questo progetto io credo essere
stata un’indispensabile apertura intellettuale, la disponibilità, cioè, a
mettere la propria competenza specialistica al servizio della complessità,
unica categoria utilizzabile nella comprensione del gioco tanto antico quanto
moderno.
E’ la varietà dei contributi presenti, pertanto, ad attestare questa
complessità attraverso cui viene attivata una metodologia d’indagine a tutto
campo che punta ad esaminare il problema da una molteplicità di angolazioni
per sviscerarne, attraverso un’analisi sistematica e pluriennale, tutte le
potenzialità insite e le possibili applicazioni.
Il gioco, primitivo ed istintuale nel neonato, diviene strumento comunicativo
per il bambino nel suo confrontarsi col mondo esterno per farsi poi,
nell’adulto, importante antidepressivo e momento di svago: esso, dunque,
accompagna l’uomo durante tutto l’arco della vita. Mutando gli uomini e le
società, mutano i giochi, non perdendo nulla, tuttavia, della posizione di
centralità nell’universo emotivo e cognitivo degli individui.
Il nucleo di riflessione centrale del primo convegno si snoda intorno al tema
dell’interrelazione gioco/media e, più in particolare, alle problematiche
relative alla traduzione, nella letteratura dei videogiochi, di soggetti di
valenza formativa. La didascalia Soggetti, sceneggiature e scripts
riprende, per rafforzarlo, il tema letterario, e con la letteratura
soprattutto, con la ‘grande letteratura’, si misurano i saggi della prima
sezione dedicata alla
Teoria del gioco: il primo intervento sul rapporto gioco/ricerca
di Nullo Minissi fornisce una chiave di lettura necessaria dei successivi,
suggerendone la premessa di fondo e cioè che la ricerca è fondamentalmente
gioco.
In questa chiave si leggano anzitutto i primi tre saggi: quello di Rocco
Pititto su Wittgenstein e i suoi studi sul linguaggio inteso come “gioco
linguistico”, le indagini di Italo Calvino sui giochi di parole finemente
descritti da Matteo D’Ambrosio e, infine, le riflessioni di Clementina Gily
sul Gioco delle perle di vetro di Hermann Hesse in cui il gioco,
«cifra fondamentale in tutta la sua opera», diventa esplicita ricerca
di un linguaggio che consenta il perfezionamento dell’uomo, nella “sublime
alchimia” di linguaggi, generi, deviazioni che ne costruiscono la poetica
particolare. Conclude questa prima sezione lo straordinario elogio della
f…utilità di Raffaele Picardi, in cui si celebra, muovendo dall’opera
di Gianni Rodari «grande produttore di metafore virtuali (…) che anticipa le
suggestioni degli scrittori multimediali», il valore della fantasia come
«modo critico di guardare alle cose, (…) metodologia di riflessione
finalizzata alla costruzione di un altro modo di vedere la realtà». In questa
prospettiva, il gioco inteso come creatività valica i suoi tradizionali
confini e diviene «approccio critico ai problemi»: fantasia e gioco, dunque,
come filosofie di vita, metodologie di apprendimento fondamentali per
comprendere ed affrontare la modernità.
La tematica dei giochi di parole - al centro nel secondo convegno -,
dell’enigma, degli indovinelli, è sviluppata argutamente da Raffaele Aragona,
mentre Giuseppe Imbucci si occupa di un altro aspetto del gioco assai
singolare e cioè il gioco pubblico ed il relativo mercato, movendo dalla
convinzione fondamentale che «il gioco costituisca una vera e propria autobiografia
sociale e dunque rappresenti un prezioso laboratorio d’analisi
storico-sociali e socio-economiche».
Ne Il
gioco e le scienze umane – seconda sezione del volume - si raccolgono le riflessioni
intorno alla molteplicità dei percorsi del gioco e alle sue mille convergenze
possibili con altre discipline: con la filosofia, nell’innovativa
sperimentazione didattica della «Philosophy for children» di Mirella Napodano;
con l’arte, per le sue eccezionali potenzialità terapeutiche nello sviluppo
del bambino, come spiega nel suo esaustivo saggio Adriana Imperatore; con la
musica, in funzione terapeutica e non solo, descritta da Sonia Petrosino
quale «parte integrante di un circuito di ricerca completo e autoriflessivo»;
con il teatro, che diventa - nello studio di Antonio Iannaccone - una
significativa proposta narrativa nell’insegnamento della lingua
straniera ai bambini; con lo sport, in funzione evolutivo-educativo, quale
ideale forma socio-culturale del gioco (Laura Clarizia); con la fiaba, «voce
metaforica e simbolica dell’inconscio e perciò tanto importante nella
crescita del bambino» (Maria Vittoria Carbonara).
Questi studi, sebbene assai eterogenei per contenuti, si allineano senz’altro
sull’impegno comune nella ricerca di nuove modalità espressive, di nuovi
strumenti e metodologie capaci di ‘tradurre’ nel linguaggio moderno della
multimedialità, con l’ausilio delle più moderne tecnologie, i contenuti formativi
tradizionali.
La sezione su Videogioco e formazione
offre, in tal senso, alcune
stimolanti proposte didattiche: la lezione interattiva proposta da Ugo
Carughi e realizzata a Napoli in un cantiere di restauro, che coniuga
l’immediatezza di un linguaggio multimediale semplificato per immagini e
situazioni con la trasmissione di contenuti complessi, profondi e anche
specialistici; il gioco interattivo del Partenone, ideato da Nicola
Cotugno, che similmente esprime l’esigenza di un nuovo approccio alla conoscenza,
di una didattica intesa a rinnovarsi, a divenire più attraente e avvincente,
«giocando dentro e attraverso i saperi al fine di intercettare le giovani
generazioni, navigando in quella discontinuità tecnologica, oramai
sancita dall’avvento delle nuove tecnologie che è, per chiunque si interessi
di una didattica contemporanea, un dovere etico»; e alla proposta di
inserimento della multimedialità nella didattica rispondono, infine, appieno
il progetto («Quale Europa? La carta dei diritti e l’Europa che immagino»)
realizzato da Antonietta Perrotta presso il “77° Circolo Didattico Aldo Moro”
di Napoli e qui inquadrato in un più ampio discorso sulla Media Education;
gli interventi di Livia Ladogana, Giovanna Annunziata e Stefania Carbone
sulla necessità di aggiornare i moduli didattici odierni, sfruttando le
enormi opportunità offerte dalla tecnologia digitale.
La varietà dei soggetti scelti dai relatori per misurarsi in
quest’operazione, la molteplicità dei contenuti utilizzati nelle
sperimentazioni testimoniano l’ampiezza e la complessità del lavoro che -
attraverso un itinerario assai articolato - approda, nell’ultima sezione
L’arte in gioco, all’arte: nel teatro di
Francesco Antonio Giusto nel quale il giocoso linguaggio - come scrive
Giuseppina Scognamiglio – dà vita ad una «comicità quasi surreale» scaturente
dai «ridicoli fraintendimenti dovuti soprattutto alla ricezione errata della
lingua straniera e del dialetto napoletano»; nelle sperimentazioni metriche
di Ferrante Carafa analizzate da Vincenzo Dolla; nella dimensione ludica del
mascheramento osservata, attraverso il «meraviglioso spettacolo della danza
dei doppi», da Viviana Reda in un saggio che prende spunto dal suggestivo
film Being Jhon Malcovich; infine, nella lezione d’arte di Riccardo
Dalisi, che è un insegnamento di libertà e di rispetto delle regole insieme,
di ricchezza, di complessità, ma che è soprattutto un gioco e dunque una cosa
seria perché - sottolinea Dalisi - «il gioco è cosa seria».
E che il gioco sia cosa assai seria ne è certamente convinto Anselmo – eroe
tragico del racconto breve di Bruno Coppola La partita a scacchi – che
muore di crepacuore per l’emozione durante una partita a scacchi, ultimo atto
della sua vita di accanito giocatore. Abbiamo scelto di pubblicare in apertura
del volume questa favola dei nostri tempi in cui il gioco è veramente il
grande protagonista: unico conforto alla solitudine e alla vecchiaia, esso è
compagnia, è passatempo, è gioia ma è anche ossessione, disperazione e morte.
Il gioco, con le sue mille anime, con le sue infinite possibilità espressive,
il gioco come creatività e come filosofia, come didattica, come strumento di
analisi della realtà, il gioco come arte: è per sua natura, il gioco,
inafferrabile, e come tale nessuna definizione, nessuna disciplina, può
comprenderlo interamente in sé ma tutte concorrono a delinearne in parte un
profilo sia pure leggero e volubile. Unica certezza resta quella della
centralità e dell’importanza del gioco nella vita e del diritto inalienabile
di ognuno al gioco.
Giovanna Annunziata
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