Filosofia Italiana

 

L'erbario

Giornale Wolf

 

Nuova Rivista Cimmeria

 

Estratto della tesi di laurea:

 Il potere intenzionante del tatto:corpo proprio e spazio vissuto

di Salvatore Grandone

2001/2002 Napoli Federico II- Filosofia Teoretica (E. Mozzarella)

 

 

La fenomenologia, svelandoci il carattere intenzionale della coscienza, ha posto in  nuova luce il problema della percezione. Se nell’empirismo di ascendenza humeana, la percezione non era altro che un processo associativo di  sensazioni atomiche prive di significato, la fenomenologia, al contrario, la considera portatrice di  senso, e perciò il nostro primo ed originario essere-al-mondo. Non esistono dati sensibili bruti, successivamente organizzati, ma solo percezione strutturata che si manifesta, fin dall’inizio, come giudizio antepredicativo.

”Una volta introdotta, la nozione di sensazione compromette tutta l’analisi della percezione. Già una figura su uno sfondo contiene(..)molto di più delle qualità attualmente date. Essa ha contorni che non appartengono allo sfondo e se ne distaccano, è stabile e di colore compatto,mentre lo sfondo è illimitato, di colore incerto, e continua sotto la figura. Pertanto, le differenti parti dell’insieme(..)possiedono un senso particolare.”1

Seguendo una simile prospettiva, che  evidenzia il valore costitutivo dei nostri sensi, ed estendendola non solo alla vista ma ad ogni senso corporeo, nostro intento è porre particolare attenzione al tatto e al suo potere intenzionante. Infatti, pur nella consapevolezza che  l’indagine eidetica e, la psicologia della Gestalt, prendendo spunto da alcuni principi metodologici della fenomenologia, hanno analizzato soprattutto il divenire delle forme nella percezione visiva, riteniamo opportuno, per comprendere fino in fondo la spazialità del nostro esserci in quanto corpo proprio vivente, esaminare il valore della tattilità nella costituzione di uno spazio orientato, degli oggetti, di un mondo intersoggettivo e della nostra dimensione affettiva. Non bisogna dimenticare infatti che il tatto è l’insieme delle sensazioni localizzate del corpo proprio, avendo ogni dolore, piacere, movimenti cinestetici  una loro peculiare localizzazione. E’ proprio Husserl a rivelarci in alcune pagine delle Idee il valore della tattilità nella presa di possesso del corpo inteso fenomenologicamente come latore di sensazioni localizzate:

 “Il corpo proprio come tale può costituirsi solo originariamente soltanto nell’ambito tattile e in tutto ciò che si localizza insieme con le sensazioni tattili, come il calore, il freddo, il dolore e simili. Un ruolo importante è svolto inoltre dalle sensazioni di movimento. Io vedo come si muove la mano, e senza che essa, palpandosi, si muova, io provo sensazioni di movimento, insieme con sensazioni di tensione, con sensazioni tattili, e le localizzo nella mano che si muove. E così per tutte le parti del mio corpo. Se inoltre tocco qualche cosa, la sensazione tattile ottiene una localizzazione nella superficie tattile della mano. In fondo le sensazioni di movimento devono la loro localizzazione soltanto al loro costante intreccio con sensazioni localizzate in linea primaria. Ma poiché in quest’ambito non si dà un parallelismo esattamente graduato come tra le sensazioni di temperatura e le sensazioni tattili, le sensazioni cinestetiche non si diffondono in modo graduato attraverso l’estensione che appare, subiscono soltanto una localizzazione indeterminata. Non per questo è priva di significato: rende più intima l’unità tra il corpo proprio e la cosa che esso può muovere liberamente. Naturalmente il corpo proprio viene  anche visto, come ogni altra cosa, ma diventa corpo proprio solo attraverso l’aggiungersi delle sensazioni tattili, delle sensazioni di dolore, ecc., in breve attraverso la localizzazione delle sensazioni in quanto sensazioni”2.

Se, come si vede, il tatto è  implicato nelle sensazioni cinestetiche, in quelle dolorose,  e più in generale in tutte le sensazioni localizzate, allora possiamo provare a chiederci che cosa accadrebbe se fosse presente  una perdita del suo potere intenzionante. E’ possibile ipotizzare che ciò   potrebbe condurre  ad una mancata costituzione del corpo proprio, ad un’alterazione della sfera motoria e della sfera affettiva? Per quanto riguarda quest’ ultimo aspetto Husserl afferma, infatti, che anche la localizzazione dei sentimenti comuni è

“mediata dalla localizzazione del campo tattile. Per esempio, io sento il mio cuore quando preme sulla corrispondente superficie del corpo; nei paraggi del cuore avverto anche un sentimento del cuore,che si fa più forte, che viene un po’ modificato; un sentimento che non fa parte della superficie tattile, ma che è connesso con essa. Lo stesso quando io,  non soltanto tocco la superficie del mio cuore, ma premo più forte su di essa, quando schiaccio la carne, quando, attraverso essa, sento, col dito che preme, le mie ossa o le parti interne della mia carne ( in modo analogo a quando sento l’interno di altri corpi); allora, con queste sensazioni di pressione e tattili, si connettono nuove e particolari sensazioni, che vengono attribuite alle parti corrispondenti e sentite del mio corpo”3.

Tuttavia per provare a dare una risposta ai nostri quesiti può essere a questo punto opportuno introdurre, affianco al contributo di Husserl,  anche un attivo confronto tra fenomenologia e psichiatria fenomenologica. Se conducessimo la nostra indagine solo a livello filosofico senza cercare un riscontro anche nelle scienze cosiddette positive, rischieremmo di perderci in una astratta speculazione e di precipitare  in posizioni di carattere metafisico. In continuità con l’impostazione metodologica di Merlau Ponty abbiamo perciò  ritenuto  opportuno  “utilizzare” il contributo di altre discipline quali la psichiatria e la neurologia.

Un primo, importante, apporto è così venuto da quanto descrive Minkowski: attraverso  la sua categoria interpretativa del mondo schizofrenico, l’autismo, ovvero l’assenza di contatto vitale, ci accorgiamo di quanto in questa esperienza patologica il tatto sembri perdere il suo valore costitutivo.4 Gli schizofrenici infatti non hanno  presa sul mondo, non sentono più il proprio corpo, spesso sembrano non accusare sensazioni di fatica, di calore (sono capaci di sedersi su una stufa caldissima senza rendersene conto), i loro movimenti sono artificiosi, stereotipati e ,nei casi più gravi di catatonia, si ritirano totalmente dal mondo e rimangono per ore e giorni immobili (catalessia). Afferma una malata di Minkowski:

 “Tutto è immobilità attorno a me. Le cose si presentano isolatamente, ognuna per conto suo, senza evocare nulla. Certe cose che dovrebbero formare un ricordo, rievocare un’immensità di pensieri, recare un’immagine, rimangono isolate. Sono più capite che provate. Sono come pantomime, pantomime che si recitano attorno a me, ma io non c’entro, io resto là fuori. Io ho il mio giudizio, ma mi manca l’istinto della vita. Non riesco più a rendere la mia attività sufficientemente viva. Non posso più modulare il mio stato d’animo, eppure non siamo fatti per vivere sulla stessa melodia. Ho perso il contatto con ogni genere di cose. La nozione del valore, della difficoltà delle cose è scomparsa. Non c’è più una corrente tra loro e me, non mi ci posso più abbandonare.”5

Come si vede, la paziente sembra avere una gamma molto ridotta di sensazioni localizzate:  non avverte la difficoltà delle cose e nello stesso tempo è immobile perché la destrutturazione del corpo proprio non le consente più di agire nel mondo. E’ ancora una volta Husserl a venirci in aiuto:

“Il ruolo privilegiato del corpo proprio come campo di localizzazione è il presupposto delle altre particolari caratteristiche del corpo proprio rispetto a tutte le cose materiali, in particolare di questa: che esso già preso come corpo proprio (cioè come quella cosa che ha uno strato di sensazioni localizzato), è organo di volizione,l’unico oggetto che la volontà del mio io puro possa muovere liberamente e spontaneamente e che sia mezzo per produrre un movimento spontaneo e mediato di altre cose(….)le cose meramente materiali possono essere mosse solo meccanicamente, sono spontaneamente mobili solo in linea mediata,solo i corpi propri possono essere spontaneamente e immediatamente (liberamente), e ciò attraverso l’io libero e la sua volontà, che al corpo proprio ineriscono.”6

Diversamente,  un soggetto  che presentasse una perdita del potere intenzionante del tatto, come nel caso della paziente di Minkowski, avrebbe “la possibilità di muovere liberamente e immediatamente la cosa materiale”7: infatti, senza un corpo proprio latore di sensazioni localizzate, l’effetto della forza di gravità sul nostro esserci è nullo, e di conseguenza non si avverte alcuna sensazione di resistenza o fatica. In un simile stato la vista perderebbe ogni legame con i movimenti cinestetici del nostro corpo e gli oggetti inizierebbero a muoversi “magicamente”, privi di qualsiasi riferimento rispetto al nostro schema corporeo.

Quanto andiamo dicendo rende abbastanza evidente un’ altra questione: è chiaro infatti che  l’alterazione del tatto non porta  soltanto alla destrutturazione del corpo proprio, ma anche a un  grave e profondo mutamento  della spazialità. Se, come abbiamo visto,  i movimenti cinestetici hanno una loro localizzazione nel corpo proprio, la perdita del potere intenzionate del tatto potrà comportare anche una  degenerazione della motilità in gesti artificiosi e stereotipati. Non è un caso forse che i movimenti dello schizofrenico nel proprio ambiente tendono a ridursi notevolmente, dato che senza apertura ad un mondo non è possibile alcuna reale intenzione motoria. Il tatto appare pertanto quel  senso che costituisce nel modo più diretto e coinvolto il nostro aperto essere-al-mondo e che rinvia conseguentemente, in modo altrettanto diretto e coinvolto,  alla fondamentale corporeità del nostro stare  nello spazio.  Non è forse in base al corpo proprio che si stabilisce la lontananza e la vicinanza degli oggetti, un sopra ed un sotto, una destra ed una sinistra?

E non è forse sulla base di questo corpo tattile che si organizza uno spazio orientato? Alcuni testi di Kant Che cosa significa orientarsi nel pensiero e Del  primo fondamento di distinzione delle regioni dello spazio,, di Merlau Ponty La fenomenologia della percezione ed infine  alcune significative pagine di Husserl, sono essenziali a riguardo. In questa sede prendiamo spunto da un significativo passo della Fenomenologia della percezione:

 “Normalmente il livello spaziale appare quando le mie intenzioni motorie e il mio campo percettivo si congiungono(….) Essa si installa quando fra il mio corpo come potenza di certi gesti, come esigenza di certi piani privilegiati, e lo spettacolo percepito come invito ai medesimi gesti e teatro delle medesime azioni, si stabilisce un patto che mi fa usufruire dello spazio e che, in pari tempo, dà alle cose un potere diretto sul mio corpo(..) Il mio corpo è in presa sul mondo quando la mia percezione mi offre uno spettacolo il più possibile vario e chiaramente articolato, quando le mie intenzioni motorie, dispiegandosi, ricevono dal mondo le risposte che attendono.”8

Viceversa quali direzioni ci potrebbero  essere in uno spazio dove non si afferra più nulla, dove i movimenti non esprimono un’intenzione, dove non si ha  presa sugli oggetti?

A riprova di quanto si sta cercando  di sostenere, sarà utile anche analizzare, attraverso alcuni testi di Binswanger, la  mancata costituzione della cosa nel mondo delirante.  Senza voler sminuire il peso del tempo, vogliamo infatti ricordare  l’importanza che, affianco al tempo, ha lo spazio come apertura alle e delle intenzioni motorie che si fondano sul tatto. Prima attraverso Husserl e successivamente cercando di riscontrare le nostre asserzioni sul campo della Gestalt schizofrenica, cercheremo di mostrare come i movimenti cinestetici si rivelino fondamentali anche per la costituzione della cosa. Solo attraverso un continuo io muovo ed io faccio9 è possibile il susseguirsi ordinato di rappresentazioni che ci dà l’ oggetto come polo di un molteplice di apparizioni. Afferma infatti Husserl in Esperienza e giudizio:

“Ogni oggetto della percezione è dato in una “immagine” e si costruisce nel passaggio sintetico da un’immagine all’ altra , ove le immagini vengono a identificarsi come (apparizioni) della stessa cosa. Ogni percezione che l’oggetto mi fornisce in questa orientazione lascia aperti alla prassi i passaggi alle altre apparizioni dello stesso oggetto anzi in certi gruppi di apparizioni. Le possibilità di questi passaggi sono possibilità pratiche, almeno quando si tratta di un oggetto che è dato come per-durante senza cambiamenti. Esiste quindi a questo punto una libertà di passaggi tale che io possa muovere gli occhi o la testa, mutare la posizione del mio corpo, voltarmi in giro, dirigere lo sguardo all’oggetto, ecc. Questi movimenti che appartengono all’ essenza della percezione e servono a portare a identità l’oggetto da tutti i lati possibili, noi li diciamo cinestesi. Essi sono esplicazioni delle tendenze del percepire, in certo senso “attività”, sebbene non azioni volontarie.(..) Le cinestesi in questione hanno il carattere di processi soggettivi attivi(..) Perciò il percepire, insorgendo con il primo volgersi dell’ io, è animato da tendenze percettive che consistono nel passare da appercezioni a nuove appercezioni, attraverso le molteplicità cinestetiche in modo da fare trascorrere le “immagini”. In ciò io rimango sempre atteggiato verso ciò che appare nelle immagini e vi si rappresenta, e specialmente verso questi o quelli dei suoi momenti, forme ecc. Questo giuoco di tendenze e il corso tendenzialmente regolato delle cinestesi motivanti appartengono allo stato essenziale della percezione esterna. Questi sono tutti decorsi attivi, decorsi di tendenze che si dis-tendono nel corso stesso.”10

Il testo di Husserl mette in luce proprio l’ importanza dei movimenti cinestetici per la costituzione della cosa, ed inoltre il loro stretto legame con il corpo proprio. Tali  considerazioni possono portarci allora ad ipotizzare che un’ alterazione della sensibilità corporea dovrebbe comportare anche un disturbo profondo nella rappresentazione degli oggetti. I casi Aline e Suzanne Urban sembrano dare un esito positivo a riguardo.

 Aline presenta infatti una notevole riduzione dell’ intenzionalità tattile e pertanto il suo corpo tende a disgregarsi. Binswanger riporta le significative parole della schizofrenica:

”Ho l’assoluta certezza che gli altri possano fare di me ciò che tutto ciò che vogliono. Per la verità io stessa non li sento, mi inviano dei raggi. Io ho pensato…Io credo che il mio cervello ne sia deformato. Da cinque anni a questa parte non mi lasciano in pace. Mi ascoltano sempre. Io aspetterò ancora…mi ucciderò. Perchè poi non uccidermi?(…) Ma io odo anche chi io osservo, gli faccio avere i miei propri pensieri. Di conseguenza io odo i miei stessi pensieri.(….)Appartengo in parte a tutto il mondo(..) Il (mio) cranio col cervello non mi appartiene, come se esso appartenesse a tutto il mondo.”11

La disgregazione del corpo proprio ed il disturbo dell’appartenenza-a-me  fa sì che in Aline venga meno l’ io muovo e l’ io faccio e, conseguentemente, la paziente non riesce più ad agire nel mondo che la circonda. Ora, quest’ alterazione profonda della motilità e della tattilità sembra chiudere la paziente al mondo esterno. Lo sguardo è fisso,  non percorre gli oggetti, il suo corpo non agisce, la sua testa non si volta. Il  generale disturbo dell’ appartenenza-a-me produce lo slegarsi delle estasi temporali ed, in questo stato di profonda alterazione del senso tattile,  Aline non sembra riconoscere alcun oggetto. Della precedente esperienza antepredicativa dotata di un senso unitario rimane ora solo un fisso meccanismo di registrazione quasi animalesco.

Anche in Suzanne Urban la diminuzione dell’ intenzionalità tattile    sembra comportare un mancata costituzione della cosa.

Quando in questa paziente prevale la potenza del terribile, il suo corpo si irrigidisce, si immobilizza.  Lo stato di alterazione del corpo proprio e della motilità sembra condurre anche nel suo caso ad un distorta percezione degli oggetti. Leggiamo ciò che dice Binswanger a riguardo:

“Nel terrore l’esserci non tiene più saldamente i piedi per terra,ma perde il suo saldo terreno e si irrigidisce nell’abisso senza più terreno sotto i piedi. La rigida apertura della bocca, la fissità dello sguardo e l’irrigidimento delle membra sono l’espressione tanto dell’impossibilità di afferrare il terrore che ci sopraffa, quanto anche dell’impossibilità di afferrarsi e di spostarsi alla vista di questo abisso. Nel terrore(..)il movimento nel quale il nostro esserci si trova correntemente è allora bloccato, irrigidito. Se la rigidità, l’esser irrigiditi dinnanzi al terrore, lo stupor o il torpor dei latini, poi si risolve e la bocca si chiude e le membra ricominciano a muoversi, fuggiamo senza pensarci due volte lontano dall’abisso che minacciava di inghiottirci, donde (da questo panico) ci raccogliamo di nuovo con le nostre forze, vale a dire cerchiamo di afferrare il terrore e, con ciò, noi stessi ovvero di prendere per qualcosa,sia solo per il suo nome sia per il suo aspetto (com-prensione percettiva). Così non si tratta già semplicemente del terrore anonimo, senza nome, ma di qualcosa (o di qualcuno)di terribile (una ferita terribile, una bestia terribile,uno sguardo terribile ecc.). Un tale qualcosa o qualcuno possiamo denominabile possiamo incontrarlo,guardarlo negli occhi, resistergli, guarirne, combatterlo e ,dove possibile, vincerlo o almeno cedergli mentre siamo risospinti inermi al terrore  o alla paura senza nome come al non riempito varco dell’angoscia. Nel nostro caso il terribile ha fatto la sua comparsa improvvisa nell’esserci con il terrore della scena originaria, con la terribile situazione intramondana delle visita del marito da parte dell’urologo e della rivelazione della diagnosi di cancro.Da allora il tema cancro del marito è divenuto un leitmotiv di questo esserci. Esso non si è mai più liberato del terrore che quella volta gli è penetrato nelle membra e l’ha lasciato a bocca aperta, dal tentativo  iniziale di lottare contro di esso e averne ragione fino, un poco alla volta ad esserne del tutto sopraffatto.”12

Dopo che il terrore penetra  totalmente nelle membra, il corpo proprio di Suzanne Urban si altera e comincia ad avvertire solo il dolore come sensazione localizzata. La ridotta intenzionalità tattile altera la sua motilità che si irrigidisce,  e, parallelamente, gli oggetti si tramutano  in pure impressioni puntuali e prive di differenze tra loro. Le cose divengono infatti solo un segno che rimanda in maniera fissa ad una tortura dei proprio familiari. Ecco la descrizione chiara e sintetica che Binswanger ci fornisce  del fisso meccanismo percettivo di Suzanne Urban:

“ogni presente temporalizza anche qualcosa che ci si aspetta o che ci si prospetta, Suzanne Urban appaga il suo delirio di denigrazione solo con la presentificazione delle sofferenza dei congiunti, di cui non si intende in sé e per sé alcuna “fine”, alcun futuro. Se nella vita di tutti i giorni e ancor di più nei momenti catastrofici di cui nella vita di tutti i giorni, con la speranza o con l’azione, ci aspettiamo la variazione,la fine o la limitazione, facciamo esperienza di un’unità tra il presente e ciò che si aspetta, nella contrazione temporale di cui si è appena visto, caratteristica del delirio di denigrazione, in mancanza di quell’unità tra il presente e ciò che si aspetta, di un simile orientamento al futuro non si parla. Allo stesso modo anche l’unità del presente con la ritenzione è lacerata..”13

L’ analisi delle due schizofreniche sembra allora realmente confermare le nostre ipotesi sulla relazione tra tatto-movimenti cinestetici- costituzione della cosa.

  Conclusa l’ analisi di questo tema  è ora opportuno introdurre un altro nesso  essenziale ai fini della nostra ricerca: il ruolo del tatto nella costituzione dell’intersoggettività. Sono nuovamente alcune pagine della Fenomenologia della percezione, delle Idee e soprattutto alcuni densi paragrafi della quinta delle Meditazioni cartesiane a venirci in soccorso. Da questi passi emerge in prima battuta che, se riconoscere l’estraneo è possibile, come è possibile, solo se vediamo il suo corpo ed il suo comportamento come manifestazioni immediate della psiche, allora l’oggettivismo ed il suo modello dell’arco riflesso, ovvero la visione “scientifica” del corpo, non sono certo di aiuto in questa direzione. E’ la fenomenologia piuttosto a rivelarci il corpo come potenza del nostro essere al mondo, prima ed originaria fonte di senso, e l’empatia, il riconoscimento del  corpo altro e del suo io. Tuttavia, per indicare il ruolo che il tatto gioca in questa costituzione dell’altro, è di nuovo all’esperienza schizofrenica che faremo riferimento. Infatti, dove il tatto è profondamente alterato, è  impossibile attribuire all’altro un corpo proprio. A ben guardare, del resto non potrebbe essere diversamente: se lo psicotico, in quanto tale, non vive più il corpo proprio come latore di sensazioni localizzate, come potrebbe scorgerlo negli altri entropaticamente? Lo schizofrenico, infatti, non ha più un centro, un corpo, che stabilisca vicinanze  e lontananze, né, conseguentemente, uno spazio orientato dalle proprie intenzioni motorie; l’assenza di libertà nei movimenti cinestetici lo priva dunque anche dell’essenziale processo di trasposizione di “ogni là in un qui”, elemento chiave nel riconoscimento dell’alterità. Viene meno un’esperienza centrale evidenziata da Husserl nelle Meditazioni Cartesiane.

“Il mio corpo fisico, in quanto riferito a se stesso, ha i suoi modi di datità del “qui” centrale; ogni altro corpo, compreso il corpo dell’altro ha il modo del “là”. Questa orientazione verso là, sottostà alla libera variazione in virtù delle mie cinestesi. In tal modo nella mia sfera primordiale è costituita l’unica natura spaziale attraverso il mutamento delle orientazioni; questa costituzione ha anzi luogo in quanto la natura è riferita intenzionalmente alla mia corporeità fungente percettivamente. Ora il fatto che il mio corpo fisico si colga e si possa cogliere tal quale ogni altro corpo esistente nello spazio o ogni altro corpo mobile esistente nella natura, è manifestamente connesso alla possibilità espressa in queste parole: io posso mutare la mia posizione nel libero mutamento degli stati cinestetici, e specialmente per la libertà di andare intorno, in modo tale che posso cambiare ogni “la”in un “qui”, il che significa che posso assumere qualsiasi posizione dello spazio. Ciò implica che se percepissi una cosa da un là, io non la vedrei, pur essendo la stessa, che in diversi e in altri modi di apparizioni corrispondenti, che sono propri della stessa qualificazione dell’”esser-là”; dunque, a ciascuna cosa non solo appartengono costitutivamente i sistemi di apparizione che corrispondono al mio momentaneo esser-da-qui, ma anche quelli precisamente corrispondenti al cambiamento di posizione che mi sposta nel “là”. E lo stesso accade per ogni altro “là”. Ora non dovrebbero questa connessioni caratterizzate associativamente, o piuttosto le formazioni annesse alla costituzione primordiale della mia natura, essere tenute in considerazione essenziale, per illustrare l’attività associativa dell’esperienza dell’estraneo? In verità io appercepisco l’altro non semplicemente come un duplicato di me stesso, in quanto cioè io posseggo la mia sfera originale e una  a essa simile e per ciò i miei modi di apparizione spaziale, che mi sono propri in base al mio “essere qui”; ma piuttosto ( a veder la cosa da più vicino) in quanto ho quei fenomeni che avrei potuto avere identicamente in se stessi quando mi fossi recato là e vi fossi stato. Inoltre, l’altro è appercepito in appresentazione  come io di un mondo primordiale, ossia come io di una monade nella quale è originariamente costituito ed esperito il suo corpo organico nel modo del “qui” assoluto, anzi come centro funzionale del dominio che esso esercita. Quindi, in questa appresentazione, il corpo, che appare nella mia sfera monadica nel modo del là e che viene appercepito come corpo fisico estraneo, come corpo organico dell’alter ego, costituisce l’indizio dello stesso corpo, ma nel modo del “qui” come l’esperisce l’altro nella sua sfera monadica. E tutto ciò in maniera concreta, con tutte le intenzionalità costitutive che questo modo implica.”14

 Dopo questa breve disamina delle principali relazioni in cui il tatto si trova coinovolto,  cerchiamo adesso di analizzare  in maniera più dettagliata le possibili dinamiche delle configurazioni percettive ed in particolare quelle del senso tattile. Infatti, se è vero che i nostri sensi sono in continua relazione tra loro, e il fenomeno delle percezione sinestetica sembra confortarci a riguardo, allora si potrebbe forse delineare evolutivamente ed involutivamente il percorso che il tatto può subire e quanto le altre sfere sensoriali siano coinvolte in tali processi. Evolutivamente sembra plausibile ipotizzare che il raggiungimento della postura eretta, liberando la mano, porti ad una totale ristrutturazione del fenomeno percettivo che da semplice susseguirisi di impressioni diviene ora esperienza unitaria di senso. La mano libera consente infatti un potenziamento dell’ intenzionalità tattile che apre il corpo al mondo. La possibilità di raffinati movimenti cinestetici porta ad una serie di complesse operazioni, che iniziano a legare le impressioni trasformandole in rappresentazioni ordinate. Contemporaneamente si costituisce uno spazio, un tempo come intreccio di ritentio, protentio e praesentio, sorge l’ oggetto come polo di una serie di atti intenzionali, e possono essere riconosciuti gli altri simili. Si forma quindi, grazie al potenziamento del tatto, una Gestalt percettiva che giudica i dati della realtà. Su questa base di un’ esperienza antepredicativa portatrice di senso può sorgere finalmente il linguaggio ed i processi cognitivi più complessi. Cerchiamo di giustificare questa ipotesi evolutiva del senso tattile attraverso un confronto interattivo con l’ antropologia e la neuorologia antropologica. Le analisi di Leroi Gourhan sugli “sconvolgimenti meccanici” che ha subito la specie umana nella sua lunga evoluzione, ci fanno subito notare come il raggiungimento della postura eretta  porti ad un allegerimento del sistema di forze che comprimeva il cranio, rendendo possibile l’ apertura del ventaglio corticale. Questo fenomeno consente il fluire della massa encefalica verso le  zone rese disponibili dall’ aumento dello spazio vuoto interno alla volta cranica. L’ evento conduce quindi anche a livello neuroanatomico ad una nuova configurazione dell’ intero fenomeno percettivo. La vista, l’ udito e la motilità manuale e facciale si potenziano mutando  totalmente la Gestalt percettiva.  La percezione diviene ora, infatti,  un’ elaborazione complessa dei dati sensibili che si allontana di molto dalla  mera ricettività.   Ciò è riscontrabile neurologicamente nelle cosiddette turbe del linguaggio che possono essere provocate da lesioni nella zone di confine tra vista/ linguaggio , udito/linguaggio, mano/linguaggio.

Gourhan accettando il modello di Wernike- Geschwind afferma infatti:

“Le turbe in contatto con la corteccia piramidale della faccia, hanno come conseguenza l’ afasia, o impossibilità di formare simboli fonetici coerenti; la lesione delle aree uditive 41- 42 determina la sordità verbale o incapacità d’identificare le parole udite, quindi le zone che circondano le cellule motorie della faccia, l’una in collegamento con le regioni preforntali e l’altra  il dispositivo auditivo, sono quindi direttamente connesse con con il linguaggio vocale. Ma è forse più interssante notare le turbe del linguaggio che interessano il campo della scrittura: le lesioni della base della seconda prefrontale che confina con le aree premotrici della mano, determinano l’ agrafia, cioè l’ impossibilità di scrivere, mentre le lesioni dell’ area preoccipitale visiva provocano l’ alessia, o impossibilità di leggere. E’ evidente che tali deficienze non interessano la capacità di vedere, udire o emettere suoni, ma la capacità intellettuale di esprimere i di afferrare simboli vocali o grafici.15

Come si vede allora, il raggiungimento della postura eretta e l’ apertura del ventaglio corticale rendono possibile la nascita del linguaggio. In questo processo è proprio la nuova motilità, che si apre alla mano libera, a riorganizzare l’ intero fenomeno percettivo consentendo direttamente ed indirettamente la formazione delle prime frasi ariticolate.

Ora però, se il tatto si è evoluto nella specie umana a tal punto da innescare i processi che abbiamo cercato di delineare, questo non significa che la nostra sensibilità corporea non possa subire un processo regressivo.  Il tatto proprio in quanto senso che più ci apre al mondo è soggetto sempre a possibili mutamenti che coinvolgono l’ intero fenomeno percettivo.

 Facendo riferimento nuovamente all’ esperienza schizofrenica, vogliamo ora analizzare brevemente  una possibile dinamica involutiva del senso tattile. In questa particolare Gestalt psicotica il tatto sembra ridursi al sistema diadico di sensazioni localizzate dolore- piacere erotico coinvolgendo inoltre, via sinestesia, anche gli altri sensi nella propria regressione.

Cerchiamo di seguire sinteticamente questa direzione nelle allucinazioni deliranti, facendo riferimento ad alcune pagine della Dementia praecox di Bleuer. Il sistema dolore piacere erotico sembra trovarsi nelle allucinazioni cinestetiche, in quelle più strettamente somatiche, in quelle olfattive gustative ed infine in quelle uditive.

Per quanto riguarda le prime afferma  Bleuer:

 “Le allucinazioni di carattere cinestetico sono di una varietà indescrivibile. Tutti gli organi possono essere sede di forti dolori. La testa diventa così sensibile che il più leggero contatto provoca intensissimi dolori. L’intero scheletro duole. I pazienti vengono picchiati, bruciati, punti con aghi roventi,pugnali spiedi. Le braccia si slogano, le gambe si accorciano e la testa  ruota all’indietro. Si cavano gli occhi, che allo specchio si vedono sporgere fuori dalla testa; il capo si comprime; il corpo si deforma come una fisarmonica. Nella testa c’ è  ghiaccio, nel corpo olio bollente, sulla pelle pietre, negli occhi e nel cervello fiamme. Una pallottola corre lungo la calotta cranica dalla base al vertice. Il paziente viene cardato come lana da materasso. Dallo stomaco parte come una sensazione come se i cibi non rimanessero dentro ma si gonfiassero. Il polmone si espande come un grosso signore tirato su dai genitali attraverso la pancia fino al petto. Nell’ombelico c’ è un falso battito cardiaco. Il vero battito cardiaco viene ora bloccato ora accelerato, il respiro impedito, l’urina estratta o tenuta a forza nella vescica. Tutti gli organi vengono tirati fuori, tagliati a fette, violentati e girati; i testicoli si gonfiano; i nervi, i muscoli, tutti gli organi si tendono. Compaiono in massa sensazioni corporee incomprensibili per il sano.”16

Ma anche il carattere delle seconde è identico (dolore- piacere erotico):

“i malati vivono tutte le delizie del soddisfacimento sessuale normale e anormale insieme alle peggiori turpitudini che la fantasia più sfrenata può escogitare . Estrazione dello sperma, erezioni dolorose, impotenza, bruciamenti tagliamenti e strappamenti genitali  interni e esterni per gli uomini; le donne sono invece possedute nelle maniere più raffinate, ferite costrette al coito con gli animali ecc.Spesso la sensazione sessuale è nascosta allo stesso malato, oltre che all’osservatore. Agitazioni e punture vengono spostate nel petto. Con domande adeguate, o meglio ancora lasciando parlare liberamente, il paziente rivela che questa manifestazioni hanno in fondo la loro sede nei genitali. Spesso non si tratta solo di eufemismi linguistici ma di un vero e proprio spostamento delle sensazioni sessuali in altre parti del corpo, soprattutto nel cuore, nel naso (negli uomini), nella bocca (nelle donne).(…)Spesso l’allucinazione sessuale è travisata nel contenuto. L’essere  elettrizzati o bruciati ha spesso un significato sessuale.”17

Per quanto riguarda il gusto e l’ olfatto gli schizofrenci sembrano avere sensazioni così forti da potersi ritenere non a torto dolorose o eroticamente piacevoli. Riporta infatti ancora Bleuer:

 “I malati sentono nel cibo sapore di sperma, sangue , feci, veleno. Nella pasta c’è il sapone, nel caffè il sego; una polvere amara vola verso di loro; odori e veleni passano attraverso la loro bocca; possono solo proteggersi riempiendo la bocca di lana o stracci finchè diventano cianotici (..) Durante l’estasi vengono percepiti odori piacevoli. Una malata sente profumi celestiali quando va in chiesa da un certo parroco(..) A volte capita di sentire espressioni stranissime: E’ come se mi aspirassero le voci dalle orecchie. Sembra che questi pazienti sentano le voci provenienti dal di dentro . Un malato riferisce che in passato  gli parlavano dal di fuori all’orecchio: bastava che qualcuno si rivolgesse in direzione delle orecchie. Lo stesso paziente sentiva  pure  un tremolio alle gambe(..)il paziente crede di sentire il pensiero nella gamba; la componente acustica è tanto vaga che il paziente non riesce nemmeno a dire con quali parole i pensieri si esprimono. Il medico infila voci taglienti negli occhi dei malati (…) un malata sente dalle dita le persone che vogliono ucciderla e che succhiano il suo sangue.”18

Infatti anche per quanto riguarda l’ udito, questo senso sembra realemente presentare un processo di localizzazione che lo riduce a sua volta al sistema piacere erotico- dolore.

Leggiamo Bleuer: .

“Le voci sono spesso localizzate nel corpo (…) le voci familiari sono spesso localizzate nel petto o nel cuore.(…)Un polipo nasale può far spostare le voci nel naso; una colite le mette in rapporto con l’addome; il russare o il ruttare le collegano agli organi corrispondenti. A causa di complessi sessuali il pene, l’urina in vescica o il naso urlano parole oscene. La donna realmente o immaginariamente gravida sente parlare il o i bambini nel seno. Un malato ha nella mano sinistra, con cui si masturba, una ragazza che gli parla quando porta la mano all’orecchio. Non sempre si riesce a trovare la ragione delle localizzazioni delle voci. Un paziente sente parlare la gamba; per un altro le voci si trovano in posti diversi sotto la pelle e dicono in continuazione  non lasciar avvicinare, non rompere. Ben strane devono essere le sensazioni che corrispondono alle seguenti enunciazioni: in particolare l’ultima parola mi è stata fatta girare intorno alla testa per alcuni minuti(Kraepelin) oppure le voci del cuore attecchiscono come una corona intorno al corpo. Una malata descrive così una certa categoria di voci: come se urtassero con un suono e colpissero i nervi. Una voce biasimante è distorta in modo particolare, ma è proprio un grido, procura linee nere in faccia quasi come delle decorazioni.(….)Magnan riferisce che le voci buone vengono dall’alto, quelle cattive dal basso. Non è una regola, perché  ha troppe eccezioni,ma corrisponde alle nostre rappresentazioni religiose. Nel reparto tranquillo le voci prevengono dall’alto, in quell’agitato dal basso. Il significato è lo stesso. Il paziente teme particolarmente dal basso. Può succedere che le due parti  che parlano  del paziente si localizzano ai suoi lati. Spesso le allucinazioni uditive sono piacevoli da un orecchio e spiacevoli dall’altro.(…)A volte capita di sentire espressioni stranissime. E’ come se  mi aspirassero i pensieri, le voci fuori dalle orecchie(..) lo stesso paziente sentiva pure un tremolio alle gambe come quando agli esami si sente: taci o qualcosa di simile. Il tremore delle gambe scatena (o esprime?) il pensiero che sia meglio stare zitti. Il paziente crede di sentire il pensiero nella gamba; la componente acustica è tanto vaga che il paziente crede di sentire il pensiero nella gamba; la componente acustica è tanto vaga che il paziente non riesce nemmeno a dire con quali parole i pensieri si esprimono.(….)Un malato sente le voci di altri che parlano attraverso di lui in gola e nel petto.Il fischio all’orecchio, che esisteva già prima della malattia in un paziente di Ziehens, è insudiciato dalle voci”.19

Per quanto concerne la vista, è facile constatare come l’ alterazione del senso tattile coinvolga anche questo senso.  L’ assenza di reali intenzioni motorie porta infatti anche ad una parllelo disturbo nelle cinestesi oculari. Gli occhi degli schziofrenici sembrano fissi, irrigiditi nel dolore,  tale immobilità altera gravemente il campo visivo: non si hanno infatti più rappresentazioni visive unitarie degli oggetti,  ma solo impressioni informi.

Come si vede allora  nella schizofrenia sembra realemente presente una dinamica involutiva che coinvolge l’ intero fenomeno percettivo, ed è chiaro che in questo processo di regressione anche le funzioni cognitive si presentano menomate in quanto non possono più fondarsi su una percezione corretta della realtà.

 

 

 

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1 MERLEAU PONTY, Phenomenologie de la perception, 1945, tr.it. di A.Bonomi, Fenomenologia della percezione, Milano, il Saggiatore, 1980, p.47. (D’ora in poi Fenomenologia).

2 E.HUSSERL, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und Phänomenologischer Philosophie, 1919, tr.it.a cura di E.Filippini, Idee per una fenomenologia pura ed una filosofia fenomenologica,Torino, Einaudi, 1965, pp.544-545 (d’ora in poi Idee) Può essere interessante notare la vicinanza tra l’osservazione di Husserl ed alcune tra le più recenti ricerche neurologiche di avanguardia concernenti la localizzazione dei sentimenti e delle emozioni nel sistema nervoso centrale.   Basti pensare  a quanto osserva Damasio nel suo libro (A.DAMASIO, Descartes’Error, 1994, tr.it  di F.Mancuso, L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi,1995, p.201) a proposito del costante riferimento corporale dei nostri stati emotivi:  “Nella sua essenza,per me, l’emozione è l’insieme dei cambiamenti dello stato corporeo che sono indotti in miriadi di organi dai terminali delle cellule nervose, sotto il controllo di un apposito sistema di un cervello.” Adottare una simile prospettiva non significa però scadere in un mero materialismo, i sentimenti e le emozioni, pur essendo intimamenti connessi al nostro corpo proprio, hanno una importanza fondamentale nel determinare le scelte della nostra cosiddetta “ragion pratica”, e ancora Damasio lo ha dimostrato a livello scientifico nell’analisi del celebre caso Gage e di alcuni suoi pazienti affetti da lesioni nel settore ventromediano della corteccia prefrontale. Infatti  se questa particolare regione del sistema nervoso centrale  viena danneggiata si producono delle difficoltà nel corretto funzionamento dei processi volitivi.

3 HUSSERL, Idee, op.cit. 559.

4Lo studio fenomenologico della schizofrenia si mostra molto diverso da quello psicoanalitico, mentre quest’ultimo tiene conto soprattutto dei complessi degli schizofrenici interpretandoli dinamicamente, un’autentica indagine eidetica cerca di comprendere piuttosto la forma, la Gestalt dell’esserci delirante. Se per Freud la psiche è il luogo di contrapposizione tra le pulsioni libidiche dell’inconscio e l’istanza etica del Super-Io, nella psichiatria fenomenologica non si ipotizza alcuna entità topologica o dinamica che non sia immediatamente visibile all’osservazione eidetica. Nell’ultimo paragrafo del primo  capitolo si tenta in ogni caso un confronto tra il concetto di libido in Freud e la nostra fenomenologia del senso tattile, provando allo stesso tempo ad evidenziare alcune relazioni interessanti tra la concezione del corpo proprio come latore di sensazioni localizzate e le diverse zone erogene sviluppatesi nelle varie tappe della libido: fase orale, anale, fallica, genitale.

5  E.MINKOWSKI,La schizophrenie,1953, tr.it  di G.F.Terzina, La schizofrenia, Torino, Einaudi, 1997, p.60

6 E.HUSSERL, Idee, op.cit, p.546. Anche qui è opportuno fare di nuovo riferimento agli studi di neuroanatomia e teoria della mente di Damasio. Ne LErrore di Cartesio, op.cit., p.221,  Damasio rileva come le lesioni di alcune aree  del cervello fondamentali per il corretto funzionamento del senso tattile conduca ad una menomazione vistosa dei processi volitivi. Il caso più eclatante è quello degli anosognosici che presentano dei danni a livello della corteccia somatosensitiva. Ebbene questi malati non solo non avvertono la paralisi di un intera parte del proprio corpo, ma presentano anche  enormi problemi nell’ esercitare la propria volontà non riuscendo ad assumere in maniera coerente alcuna concreta decisione. Infatti “gli anosognosici non hanno alcun controllo automatico della realtà: o perché la condizione implica informazioni sulla maggior parte del corpo anziché su una regione soltanto, o perché la condizione implica informazioni  per lo più provenienti dai visceri, o per entrambi i motivi (..)La mancanza di segali corporei aggiornati non solo fa sì che essi riferiscano in modo irrazionale sui propri deficit motori, ma porta anche a emozioni e sentimenti inadeguati al loro stato di salute.“ Come si evince ancora dal passo l’alterazione del senso tattile comporta una parallela menomazione nelle emozioni e nei sentimenti- che,  abbiamo visto, sono intimamente legati al tatto- e conseguentemente un forte indebolimento della volontà.

7 Ivi, p.544. E’ opportuno ricordare che  mentre Minkowski interpreta le testimonianza dei propri pazienti attraverso alcuni concetti chiave del pensiero bergsoniano, noi usufruiamo soprattutto delle Idee di Husserl con particolare riferimento ai passi dedicati al corpo proprio in quanto latore di sensazioni localizzate.Tuttavia la nostra analisi non risulta ,pur tenendo conto di questa  osservazione, una forzatura, Minkowski,infatti, “dedicò la sua intera vita di studioso alla fenomenologia”. Si tratta piuttosto di un ulteriore approfondimento di quel complesso dialogo tra psichiatria e fenomenologia che lo psichiatra francese certamente non ignorava. A proposito del rapporto tra Minkowski e la fenomenologia si veda S.MISTURA, Introduzione a E. Minkowski, in La Schizofrenia, op. cit,  p. XXV.

8 MERLEAU PONTY, Fenomenologia, op.cit., pp.334-335.

9 L’espressioni sono di Husserl. 

10 E.HUSSERL,  Erfarung und Urteil, 1948, tr.it.di F. Costa, Esperienza e giudizio, Milano, Silva, 1965, p.86.

11 L.BINSWANGER ,Whan,1965,Delirio,tr.it.  di G.Giacometti,Venezia,Marsilio ,1990,p.65.

12 L. BINSWANGER, Der Fall Suzanne Urban, 1953-1953, tr.it di G. Giacometti, Il caso Suzanne Urban, Venezia, Marsilio, 1994, p. 94.

13 L. BINSWANGER, Delirio, op. cit., pp.85-86.

14 E.HUSSERL, Cartesianische Meditazionen und pariser Vortrage, 1929, tr.it. di F.Costa, Meditazioni Cartesiane, Milano, Bompiani, 1960, pp.136-137.

15 L. GOURHAN, Le geste et la parole, Tecnique et language, 1964, tr.it di F. Zanino, Il gesto e la parola, Tecnica e linguaggio, Torino, Einaudi, 1977, p.105.

16 E. BLEUER, Dementia praecox oder Gruppe der Schizphrenie, 1911, tr.it. di J.Vennemmann e A. Sciacchitano, Dementia Praecox o il gruppo delle schizofrenie, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1985, pp.104-105.

17 Ivi, p.105.

18 Ivi, pp.107,112,118.

19 Ivi. pp. 104, 112, 114, 115.