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Politicamente scorretto (Rubrica di politica attuale)

 

di Clementina Gily

www.2002pourlafrance.net

sito dove Jospin pubblica il suo commento subito dopo il primo turno, dicendo :
 

Lionel Jospin


Le résultat du premier tour de l’élection présidentielle vient de tomber comme un coup de tonnerre.

Voir l’extrême-droite représenter 20 % des voix dans notre pays et son principal candidat affronter celui de la droite au second tour est un signe très inquiétant pour la France et pour notre démocratie.

Ce résultat, après cinq années de travail gouvernemental entièrement voué au service de notre pays, est profondément décevant pour moi et ceux qui m’ont accompagné dans cette action.

Je reste fier du travail accompli.

Au-delà de la démagogie de la droite et de la dispersion de la gauche qui ont rendu possible cette situation, j’assume pleinement la responsabilité de cet échec et j’en tire les conclusions en me retirant de la vie politique après la fin de l’élection présidentielle. Jusque-là, je continuerai naturellement d’exercer ma fonction de chef du gouvernement.

J’exprime mes regrets et mes remerciements à tous ceux qui ont voté pour moi et je salue les Français que j’ai servis de mon mieux pendant ces cinq années.

J’invite les socialistes et la gauche à se mobiliser et à se rassembler dès maintenant pour les élections législatives afin de préparer la reconstruction de l’avenir

 

Riportiamo questa pagina emblematica, per tanti versi.

Chi si occupa di comunicazione non manca di rilevare la prontezza con cui possiamo arrivare ai commenti di prima mano, e sentire nella secchezza di poche parole tante cose.

Chi si occupa di comunicazione non può fare a meno di notare anche come si ala prima volta in tanti anni in cui i giornalisti di destra insistono felici sul tema, mentre gli altri anchor man mostrano perplessità.

Non è un bel giorno per la Francia, erede di grandi momenti della storia europea, quello in cui preferisce un razzista ad un progressista. Un uomo delle frontiere chiuse, che si è sempre fatto interprete delle paure inconfessate dell’Europa di fronte agli immigrati, anche quelli di terza e quarta generazione, che non riescono ancora a scolorire. Sentimento presente, in questa Europa di anziani che teme le orde dei nuovi barbari. Vuole rinchiudersi nella certezza del colore bianco per salvare le tradizioni.

La Francia che amiamo, delle trasgressioni e della leggerezza di spirito, non è questa. Ma certo è anche questa. E ci deve far riflettere.

Sarà che sin dal 1992 andiamo rilanciando l’esempio del Partito d’azione, per dire alla Sinistra: attenzione – la dispersione, l’eccessiva combattività, la mancata collaborazione tra anime simili, è un danno per la sinistra. Il Partito d’azione aveva dentro di sé tutto il meglio dell’Italia del trentennio successivo, compreso il Presidente Ciampi. Ma poi c’erano De Martino e La Malfa, Spinelli e Garosci, Salvatorelli e Raggianti… non si possono citare nemmeno tutti gli uomini di grandi valore che c’erano… eppure, vinte le prime elezioni del dopoguerra, si disperse subito dopo per l’estrema litigiosità, per non aver saputo trovare un’intesa tra le stesse anime di quella sinistra che oggi si propone dopo il crollo delle ideologie. Cioè una sinistra democratica e liberale, che unisse al progressismo un ideale democratico e di controllo liberale delle istituzioni. Un programma mai realizzato, ma ancora oggi un ideale forte. L’eccessivo individualismo è una mina sul cammino dei liberali e dei democratici da sempre, ed è una mina sul cammino dei progressisti, troppo abituati a guardare al futuro per tenere presente il peso della storia e la necessità di fare fronte nei momenti di crisi.

Sarà per questo che l’esito odierno (eco di altre situazioni simili), ci sembra fosse scritto nei fatti. Pare strano che i politici di professione, invece, tutti intenti alle sedie ed agli equilibri, non se se siano accorti in tempo.

Nella Douce France si è riproposta oggi la parcellizzazione infinita delle sinistre, e se n’è giovato addirittura Le Pen. Diamo per scontata la vittoria di Chirac, dunque anche prima dell’esito del secondo turno, scriviamo questo articolo - per una rivista bimestrale.

Per dire che questo esito non conta quanto conta la sconfitta di Jospin. Un leader che sebbene non troppo amato soddisfaceva le prospettive politiche dei francesi. Un leader che dimostra il suo carattere con la dichiarazione rilasciata a caldo, subito dopo la sconfitta. Che riportiamo perché ci sarebbe piaciuto che i nostri leader avessero detto, come lui, a parte la contingenza, ci assumiamo in toto la responsabilità della sconfitta e lasciamo il campo a chi potrà fare meglio di noi.

La Francia manda a casa un vero leader, dunque, la crisi profonda delle sinistre ha la colpa di questo delitto politico.

E’ una lezione grave, che speriamo possa almeno indurre a riflettere.

La sinistra perde perché, si è detto subito, si è presentata divisa e con un programma di centro. Il problema dei partiti in lizza con programmi troppo simili per consentire la scelta dell’elettore è il vero problema della politica di oggi. Dove chi non è molto competente di politica stenta a vedere la differenza.

Il problema vero è di comprendere quale sia la competenza dell’elettore. L’elettore non deve essere per forza un laureato in giurisprudenza o in sociologia, non deve essere un professionista della politica. Se pensiamo così, abroghiamo la democrazia del suffragio universale e torniamo ai suffragi d’elite.

Se pensiamo che l’elettore vota in quanto cittadino, ci dobbiamo  rassegnare all’alternativa

1. che l’elettore voti il carisma, cioè comunque che scelga sulla base di un impulso emotivo, di un partito o di un singolo uomo

2. che l’elettore scelga cose che comprende, alternative chiare, chi è per la scuola privata e chi no - chi crede nella lotta agli immigrati e chi nell’integrazione – chi vuole il liberismo e chi il liberalismo – chi favorisce un ceto o un altro. Non sono cose semplici nemmeno queste, ma quel che si chiede all’elettore medio ha del bizantino: capire tra due che si dicono liberali, senza ulteriori aggettivi, chi sia vero e chi adulterato, sulla base, casomai, dei riferimenti bibliografici impliciti. Tra due che credono o appoggiano la scuola privata, chi è veramente per questa scelta e chi no, anche qui dai codicilli apposti alle leggi. Tra due che credono nella libera impresa e condannano lo statalismo, chi …. E via dicendo, con gli esempi che ognuno può ricordare dai recenti dibattiti italiani.

Risultato: gli elettori disertano le urne. Semplicemente, perché non capiscono i termini della questione. Quel che comprendono, ha lo stesso esito: storie di compromissioni, di truffe, di interessi personali in atti d’ufficio. Non comprendono le politiche di fondo, tentano di districarsi senza riuscire a venire a capo dei bizantinismi del pragmatismo.

Il problema è proprio il pragmatismo radicale. Se il pragmatismo segue la prassi ed evita di volare alto per non essere ideologico: segue la prassi, appunto. Ma la prassi, la storia, è quella per la destra e la sinistra. Le soluzioni che i politici riescono ad inventare sono quelle, un po’ più tirate a destra, un po’ più a sinistra. Ma più o meno quelle. E l’elettore perde il discrimine della differenza.

Allora occorrono le ideologie? No, occorrono le idee, solo le idee. Occorre preparazione politica di parte, una ideologia, se si vuole, ma nel senso di corredo di idee. Quando nell’89 crollarono con il muro le ideologie, un po’ per pudore, un po’ per falsità, si mancò di aggettivare quali ideologie fossero cadute. Le ideologie di sinistra cadevano, sopravvissute quarant’anni ai fascismi, ma nate storicamente nella stessa temperie culturale. Ideologie come macchine dogmatiche basate su presupposti da cui si procedeva deduttivisticamente, alla costruzione di una società alternativa alla storica. La falange, la corporazione, le comuni, i kolkoz, erano tutte forme di falansterio artificiale, creato in alternativa alla costituzione storica di realtà economico sociali, in cui si voleva alterare la disuguaglianza di base per ricostruirla alla luce di nuove idee. E, quel c’è peggio, costruendole ex novo, in assenza della considerazione dei costumi e della tradizione, in modo assoluto, nell’ambito di regimi che prendevano il totalitarismo come metodo.

Il problema, insomma, era il totalitarismo. Nell’89 cadevano le ultime ideologie…totalitarie: questo aggettivo, però, non lo si è apposto.

Cadute le ideologie senza aggettivo, non è rimasto che il pragmatismo.

Mentre ideologie e pragmatismo solo insieme sono capaci di dare spazio ad una politica seria e costruttiva, capace di delineare una parte politica nella sua figura ideale. La sinistra così s’è dispersa nei suoi mille rivoli, le idee sembrano essere inutili. Il risultato è questa Francia che si perde nell’esaltazione di due destre, l’una corrotta, l’altra fascista; di questa Italia che ha perso il lume della ragione. Ma l’America che elegge il presidente più potente del mondo per qualche centinaio di voti, dove lo mettiamo?

Occorre che le parti tornino ad essere parti e che si contrappongano sulla base di un costrutto ideale. O forse sarà meglio abbandonare l’illusione di vivere in società democratiche e studiare un po’ meglio le logiche di queste nuove aristocrazie che costituiscono le moderne società, dove pochissimi elettori sembrano destinati a decidere la sorte di tutti.