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Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

 

La sconfitta delle idee ?

 di Clementina Gily

Naturalmente fa piacere che sia un editore come Laterza a pubblicare un volume sconcertante (M. Veneziani, La sconfitta delle idee, 2003), ma sicuramente intelligente ed interessante, come ci si poteva aspettare da uno dei pochi intellettuali di destra originali. Scelta editoriale in totale contraddizione con la storia sua: negli anni 30-40 editò Croce e la Storia del liberalismo europeo di De Ruggiero, poi fu amato dalle sinistre, al punto da non ripubblicare quei suoi classici. Ciò detto, possiamo cominciare a criticare apertamente l’assunto di fondo del volume: un libro revisionista, manicheo, capzioso. Totalitario.Revisionista perché Veneziani parla del regime comunista come del vero autore di olocausto del secolo, per via della sua durata – è il vero diavolo da attaccare: lo dica a quegli ebrei di Hollywood, che ormai non riescono a parlare senza fare una citazione nazista –sarà spunto interessante per il prossimo anno, per nuovi oscar. E agli spettatori indifesi una altra bella carrettata di orrori presi direttamente dal ghetto di Varsavia di turno. E non si dica che sono indifesi solo i minori… Revisionista, inoltre, perché data l’inizio del nuovo secolo al 2002, gli accordi di Pratica di Mare - in cui finalmente la destra era presente dopo tanta eclissi: come il tempo della fine delle ideologie contrapposte. Quando anche i bambini sanno che la data è il 1989, come ha detto Hobsbaum - autore amato dalle sinistre, è vero, ma ricordato perché la caduta del muro di Berlino è, ad oculos, per noi che la vivemmo, il crinale del tempo. Pratica di Mare non so quanti se la ricordano.Sceglie il revisionismo, Veneziani, perché è e resta un pensatore totalitario. Solo che mentre Ugo Spirito, un autore da lui molto amato, bellamente lo riconosceva, argomentando adeguatamente la sua posizione, qui la cosa viene suggerita dal di sotto, con modi di illusionista indegni dell’intelligenza e del coraggio, che Veneziani ha sempre mostrato. Descriviamo: la sconfitta delle idee è un fatto dei nostri giorni; chi ha idee intorno a noi? Un vuoto abissale. Perciò le parole sono tante, ma cosa dice la destra? Cosa dice la sinistra? Cosa vogliono, si capisce. Ma le idee? Veneziani dice a ragione: le idee presenti (liberismo, liberalismo, democrazia, socialismo) sono tutte ottocentesche. Non solo, ma nemmeno oggi sono ripensate in modo nuovo, come s’è fatto nel 900. E se dovessimo dire, nemmeno sono oggi conosciute. Invece di leggere Erasmo, laggiù dove il colto e l’inclita lo legge, sarebbe più costruttivo Hobhouse. Come non condividere la critica sul vuoto d’idee? Meno condivisibile è la critica delle idee: sono sconfitte perché così doveva essere. Non sono forse le idee (si intende ideologie) le vere autrici dei mali della storia di modello giacobino? Si guarda il futuro e non il presente, si arma la mano assassina del boia.  Idee arroganti che chiudono gli occhi dinanzi agli uomini del presente. Resta una ricchezza a coloro che si sono cibati di idee, se, ricorda con qualche malignità Veneziani, la deriva dalla sinistra di intellettuali come Ferrara, Alberoni, Magli arricchisce la destra, ma grazie all’abiura. (Speriamo che quando essi ed altri si dedicheranno, come Veneziani auspica, all’educazione, alla comunicazione, ai beni culturali, sappiano davvero fare a meno di idee. Viste quelle attuali dei ministri della destra sul fair play politico, divenuto complicità, grazie al sonno profondo dell’elettorato televisivo - avete notato che dalla fine della guerra non si parla che del tempo?). Dunque - non idee, abbiate innovazioni. Perché esistono idee giuste, e sono quelle che fondano nella tradizione, e che procedono con levità, innovando. In un tempo come il nostro, in un paese come il nostro, quindi, abbiamo bisogno di innovazioni. Ma non siamo tormentati ad ogni cambio di legislatura da una nuova riforma della scuola,  tanto per dirne una...Ma comunque non è questo il punto. Se le idee (innovazione, tradizione) sono buone – e le idee (originalità, utopia) sono cattive, si argomenta che occorre servirsi di idee in cui non c’è competenza politica ma solo tecnica, viene meno la discussione politica, ch’è cosa alta e difficile, fatta di teorie e di storia e di diplomazia. Invece tra idee buone e cattive si crea un orizzonte manicheo di contrapposizione. E che fine ha fatto la dialettica, figlia legittima dello stesso Hegel da cui sono nati, come figli spuri, i totalitarismi? Che fine fa il dialogo politico che si è costruito per una umanità migliore dal pensiero liberal democratico?  Veneziani si dimostra pensatore totalitario perché fa manicheismo d’idee, sostenendole con il revisionismo. Se propone che tra bene e male non si discute ma si sceglie, siamo al totalitarismo. E allora: non sono le idee, caro Veneziani,  che suscitano ghetti a Varsavia ed esaltano Monsieur de Guillotin. Lo fanno i totalitarismi, che intermettono il dialogo con il cittadino soggetto di diritti e affermano il potere assoluto. Non sono né le idee né le ideologie ad aver fatto il male della storia, Marx penso non abbia ucciso nessuno, forse nemmeno Hitler. Il problema sono i totalitarismi, non le idee. Perciò è capziosa, cioè propensa a mistificare, la tesi sulla sconfitta delle idee. Le idee si sconfiggono avendone altre migliori, originali, non facendo giochi di prestigio. E’ questo il compito di chi si occupa di politica. Mentre se ci si limita al pamphlet, il genere giustifica polemiche francamente leggere. Anche se non meno pericolose.