L'erbarioWolf Periodico di comunicazione, filosofia,politica

Rubriche
 

Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

di Joseph Knecht

1. Un caso ha sconvolto l’Italia dall’inizio del 2002 – reca con sé l’eco di molti altri infanticidi che hanno preso di sorpresa il senso comune. E l’emblema del ritorno alla violenza terribile: chiunque abbia ucciso Samuele, ha dato prova della ferocia dei nostri tempi, delle nostre famiglie sconvolte ogni sera, a cena, dalle efferate gesta narrate dai telegiornali. La disputa tra innocentisti e colpevolisti fa discutere sempre, tranne che su questi casi: tutti hanno convinzioni, tutti glissano sulle risposte. E’ la ferocia che comunque trapela da questo delitto privo di senso. Viene da pensare ai tempi nostri, ogni sera, da più di vent’anni, ci incontriamo con l’efferatezza come fosse banale. La banalità del male, diceva Hannah Arendt – ma per farlo capire una volta ci volevano le guerre, i soldati che non vi morivano se ne ritornavano straniti. Il reduce si recuperava, quando si recuperava, perché ritrovava aria normale in una famiglia normale; spesso stentava a raccontare gli orrori, per preservare l’ossigenazione interna all’ambiente. Oggi tutti siamo reduci da tutte le guerre del globo, dal racconto filmico di mille battaglie vere, morti infinite e innumerabili dei conflitti etnici. Se siamo persone a modo, la sera raccontiamo ai bambini la storia della lapidazione delle donne in alcune legislazioni dei paesi musulmani. Civilissimi popoli, per carità. Solo, un po’ maschilisti. Certo, anche gli Occidentali… ma il delitto d’onore, che era una barbarie ed è stata abolita da tempo, non era una lapidazione pubblica. 

 La violenza della televisione non è nella programmazione di film di gangster o di orrore, in cui spesso il buono alla fine predomina, l’orizzonte di razionalità di compone prima dell’happy end. E’ in questa immagine della brutalità della guerra perenne dell’uomo contro l’uomo, che diffonde con un effetto di rinforzo una componente violenta che è certo nell’uomo, insieme alla volontà di civilizzazione. Nella lotta tra brutalità e civiltà questa quotidiano spettacolo non può non avere effetto questa continua manifestazione dell’odio nella sua componente semplice, normale, ferina. Perché contare i delitti virtuali cui un bambino assiste: non sono quelle immagini di finzione, che molto presto si imparano a riconoscere come teatrali, a sconvolgere il mondo dei valori. E’ l’informazione, il suo costante privilegio dell’orrore. 

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2. Di fronte al Caso Cogne ed al suo sconvolgimento dei valori comuni, si tende a restare muti per l’esemplarità, che esso bene interpreta, della violenza gratuita. Chiunque sia stato a colpire.

Oggi la cosa si aggrava perché questa giovane, graziosa mamma, che non si sa pensare assassina e non vuole che lo facciano gli altri, che si prepara a nuove nascite, si espone senza pudore, forse tenta solo di sottrarsi, ma in verità pubblicizza all’infinito questo terribile esempio di violenza gratuita. Per aiutarla già si spararono sin dall’inizio tutte le armi, partendo da cannoni e mitraglie, come se se la sentissero; poi è arrivato sulla scena il Perry Mason del Male, l’avvocato Taormina, aquilino quanto l’altro era bovino. E sono iniziati gli show, naturalmente con Costanzo, le interviste esclusive, naturalmente Panorama, in un profluvio di faccine oneste e di sorrisi mesti. Credo che qualunque sceneggiatore TV le potrebbe dire che una simile efferatezza e quell’allegria, sia pur mesta, non sono consone. Si pensa ogni momento: “ma davvero questa donna ha perso un figlio così piccolo?” “ma davvero può resistere all’idea che sia morto così, per una follia sua o di qualche altro orco della zona?”. Fosse capitato a me, di essere incolpato di un simile delitto, di patire una simile morte, sarei sempre a lottare con le maniche di una camicia di forza.

E comunque questa per l’Aquilino Perry Mason di casa nostra, sarebbe la giustizia. L’Habeas Corpus, griderebbe se non fosse di cattiva comunicazione parlare latino, è l’habeas corpus che ci impedisce di ritenere questa donna colpevole, se le cosiddette prove io riesco a smontarle tutte, con una virgola qua ed un punto là che non sono stati messi in modo giusto. Cavilli di cui poi non si parla, per non togliere questo mesto sorriso a questa giovane, simpatica signora.

La giustizia, se passa l’immagine carina di questa mamma un po’ dispiaciuta, ma pronta a rilanciare la sua vita senza questo Samuele ma con quell’altro, è un fatto di opinione pubblica. Le prove le lanciamo oltre la loro credibilità, e qualche giudica consenziente lo troveremo. L’appoggio dell’opinione pubblica farà da eco per il giudice e la vittoria è sicura.

Si finirà con il non votare la colpevolezza o l’innocenza, ma la bellezza di un auto da fé che convinca abbastanza telespettatori da poter agire da eco con i poveri giudici. L’Ordalia, oggi, la prova del sangue per avere il senso del giudizio divino, si compie al televisore, pensa l’avvocato Taormina. La sua azione, in quanto tale, sposta la sede della discussione dalla Corte di Giustizia al luogo dell’Ordalia: un ritorno alle leggi celtiche, se non vado errato; di sicuro alle gotiche. Un’azione da denunciare come sovvertimento del diritto nelle sue basi, se siamo di qua dal Po; speriamo che anche quelli sopra il Po, almeno nella loro media, abbiano più fiducia nel diritto romano che in quello barbaro! Anche perché poi, sopra le Alpi, tutti certamente, anche gli inglesi che dei Celti sono figli riconosciuti, hanno più fede nelle leggi scritte, nei codici, e li rispettano.