Mese: Agosto 2014

Robin Williams a Macondo

di Clementina Gily, Editoriale

Da poco è andato via Garcia Marquez che ha regalato ai suoi lettori il paese di Macondo, là dove si svela il vero ritmo del vivere della mente: che è tra gli amici di sempre, che tornano continuamente a commentare l’oggi con noi. Proverbi, emozioni, miti, ce li riportano vicini nei momenti più impensati. Robin Williams era di casa a Macondo per tanti di noi. Il giorno del suo suicidio non hanno saputo pensare ad altro.

Perché Robin era Miss Doubtfire, per chi dà peso ai figli; era quel professor Keating della gioventù, che non saliva sui banchi ma era lo stesso un capitano; era il Mork chiama Olson della sera, quando si ripensa ai fatti; era il Dottor Clown cui si vorrebbe somigliare quando c’è qualcuno malato. Conversando, sprizzava dai suoi occhi la consolazione … in tanti ci si è riconosciuti in quello sguardo; tutti oggi dicono che gli erano amici… e giù subito con la depressione, la droga e l’alcol, il fallimento della serie tv… ma il comune mortale che non sa tutto di cinema, apprende stupito che ha avuto un solo Oscar, e per giunta da non protagonista. Lui così protagonista sempre – pare anche nella vita di ogni giorno! Tanti amici ad Hollywood? Be’, di certo gli altri ne avevano di più. Perché andare a cercare da altre parti lo sconforto? In aggiunta a quelli soliti del vivere…

Premi, riconoscimenti, pubbliche valutazioni sono andati anche ad altri incomparabili: se non si diventa vittimisti, si tende a crederci. Peggio, se si vive tra i divi, riconosciuti e spesso banalissimi eroi dell’oggi – non si è Robin Williams senza faticare ogni attimo, ed è difficile glissare, specie se si è al centro dell’attenzione e non riesce quella comune operazione con cui ci si mette a coerenza dimenticando. Chiunque in rete ha crisi di agorafobia: figurarsi ad Hollywood! E, senza, può mancare la forza di giocare un’altra partita.

Era protagonista sempre: persino i professori sanno che il più dotato ha gli stessi problemi dell’ipodotato, e va protetto. Eppure, quante volte s’era dichiarato depresso? Lo si è detto oggi tante volte quante s’è detto Capitano, mio capitano… invece di criticarlo, si può pensare alla solitudine di oggi, che affetta soprattutto gli unicorni bellissimi e favolosi, che si coprono di amianto ma alla lunga l’amianto uccide. L’ha figurata anche meglio la depressione: La leggenda del Re Pescatore, film centrato sulle responsabilità dei media, si ricorderà, lo vede nei panni di un professore impazzito, fuggito nel Medio Evo alla ricerca del Sacro Graal per amore di una dolce moglie bionda esplosa una sera a cena, per via di un proiettile di un signor Nessuno in cerca di gloria caricato oltre misura dalle parole della radio. Per dimenticare la banalità del Male mette un elmo che ricorda Pippo, Pluto e Paperino e impersona mirabolanti imprese e salva Jeff Bridges (il DJ che caricòil Signor Nessuno), ma appena sfiora il mondo reale arriva il Cavaliere dell’Apocalisse che l’abbatte, implacabile – solo il sogno lo tira su in cielo e fa di un sottoscala un altare e una casa.

Perciò brillavano gli occhi al maturo Peter Pan di Hook, affogato nel suo smoking e bravo solo a telefonare per affari: per salvare i figli ricorda come si fa a volare alto, l’arma vincente sono Happy Thoughts, pensieri felici che illuminano il mondo nella gioia. E tornava in mente De André quando ripeteva lo stupore di chi ha conquistato uno spazio borghese: Perché non riesci più a volare – e lo ripeteva tre volte perché la musica gli ridesse l’aire di sentire la magia per cui dove finiscono le mie dita incomincia una chitarra…

Dire e dare tanto, chiede riconoscimento. La depressione non è un virus, è una mancata responsabilità, degli amici e del malato, che potrebbe anche chiedersi, con Gadamer, Dove sta la salute? e rispondersi, con lui, che sta nel timone. Puntare sul meraviglioso (ricordate Modugno?), la via della salute è il piccolo fiore del sentirsi bene, in cui tanto conta l’amicizia; e se manca, una scalata sull’Everest è meno letale che lasciarsi andare al giudizio degli altri, che come disse Sartre sono l’Inferno. L’ironia, diceva Socrate, è soprattutto saggezza, cura di sé.

Robin Williams a Macondo porta così qualcosa di nuovo. Nel paese dove i sogni tornano ogni giorno, Statue perenni nel cuore, la sua morte ora porta l’immagine dello sconcerto di vivere in un mondo senza qualità, di cuochi e veline anoressiche, dove tutto entusiasma purché sia sterile: e conta così poco la vita che fa parlare gli occhi.

Ma non è così che pensa la gente, che non è sempre la ggente di Tina Pica. La gente sa riconoscere il bello e il grande quando lo vede, sa quel che è indimenticabile: e tributa a Robin Williams, nel giorno della sua morte, una lacrima sincera. Molto prima di riflettere sul suicidio, a tutti dispiace che Robin non abbia guardato qua, al posto grande che aveva conquistato nel cuore – e che te ne frega di loro!! gli avrebbe detto Epicuro, in una col grande Dante – Non ti curar di lor ma guarda e passa. Non devi per forza brillare ogni attimo, dai il meglio di te quando suggerisci e condividi il gusto di essere insieme…

W editoriale 14-15 2014 Robin Williams a Macondo