Bolter e Grusin: Remediation

di Anna Irene Cesarano

remediation“Come altri media che si sono succeduti a partire dal Rinascimento […] i nuovi media digitali fluttuano tra immediatezza e ipermediazione, tra trasparenza e opacità. Questo movimento oscillatorio rappresenta la chiave di lettura per comprendere come un medium rimodelli i media che lo hanno preceduto e i suoi contemporanei. Sebbene ogni medium prometta di rinnovare i suoi predecessori, offrendo un’esperienza più immediata o autentica, questo istinto di riforma comporta una maggiore consapevolezza del nuovo medium in quanto tale. Di conseguenza l’immediatezza conduce all’ipermediazione. […] Il processo di rimediazione ci rende consapevoli di come tutti i media siano a un certo livello un ‘gioco di segni’ […] Allo stesso tempo, questo processo insiste sulla presenza reale ed effettiva dei media nella nostra cultura. I media hanno la stessa pretesa di realtà tipica di altri, più tangibili, artefatti culturali: fotografia, film e applicazioni informatiche sono tanto reali quanto aeroplani ed edifici” (L.Bolter R.Grusin, Remediation, 1999; trad.it. 2003, p.42. Il concetto o il fulcro attorno al quale ruota il discorso di Lay Bolter e Richard Grusin, segue la felice intuizione del lontano 1964 di Marshall McLuhan (Understanding Media 1964; trad.it. Gli strumenti del comunicare, 1999) quando afferma che: “Il contenuto di un medium è sempre un altro medium. Il contenuto della scrittura è il discorso, così come la parola scritta è il contenuto della stampa e la stampa quello del telegrafo”. Bolter e Grusin la interpretano nello scenario mediale contemporaneo caratterizzato dalle tecnologie di rete; esaminando il processo dei vecchi media che ‘rimediano’ i nuovi e i vecchi si rimodellano sui nuovi, in base al nuovo contesto comunicativo (situatio comunicationis). Qual è il contenuto dei media digitali? A questo interrogativo i due studiosi rispondono illustrando la visione mediologica nel suo rapporto a McLuhan (Tursi, 2003, 2006, p.209).  a lui s’è più volte affibbiata l’etichetta di determinismo tecnologico (Bolter e Grusin, pp. 107-108 e 219).

Determinismo tecnologico: s’intende che quella teoria mediologica considera tecnologie di comunicazione e di informazione dotate di una ‘forma’ intrinseca capace di determinare cambiamento sociale. Ma questa ‘forma’ attira critiche: esiste un’essenza pura del medium, incontaminata dal processo storico-sociale? Per Bolter e Grusin in McLuhan acute anticipazioni destano ancora interesse, oltre il semplicismo deterministico, che con qualche titubanza gli autori ritengono non tale da inibire la ricezione del suo pensiero (pp. 107-108 e 219). “In Gli strumenti del comunicare (1964) McLuhan sostiene spesso che i media hanno il potere di cambiarci, e le sue teorie continuano a influenzare alcune delle versioni più popolari del determinismo tecnologico”, la convinzione “che le nuove tecnologie elettroniche della comunicazione determineranno l’organizzazione sociale”, per cui “McLuhan indica spesso come esistano complicate relazioni di corrispondenza tra media e artefatti culturali” e soprattutto “sottolineano le modalità attraverso le quali un medium rimedia gli altri media” (ibridismo dei media). I due autori insistono sul fatto che non bisogna soffermarsi su un tipo di dinamica causa/effetto, ma sulle relazioni tra media: ‘il formalismo’ non deve evitare l’accento sulle forme tecniche delle tecnologie, come uno solo degli aspetti dei media (p.107).

McLuhan considerò i media estensioni del sistema sensoriale umano; i media mediano il significato col ‘rapporto dialettico’ con i sensi e la corporeità, “sebbene le scrittrici femministe […] abbiano elaborato su questa idea in modi che McLuhan stesso non aveva previsto. In breve, possiamo rifiutare il suo determinismo e allo stesso tempo apprezzare ancora la sua analisi sul potere di riedizione dei vari media” (pp.107-108). Bolter e Grusin propongono di “considerare gli agenti sociali e le forme tecnologiche come due facce della stessa medaglia: quindi di esplorare le tecnologie digitali come ibridi derivanti dalla combinazione di elementi tecnici, materiali, sociali ed economici” (p.108). In questo concetto di ibridazione è il significato e il valore di Remediation: un medium è un network di attori sociali, oggetti tecnologici, dinamiche dell’ambiente globale, che intrattengono relazioni circolari e reticolari: “benché sia vero che le qualità formali di un medium riflettono i significati sociali e culturali ad esse associate, è ugualmente vero che questi aspetti sociali ed economici riflettono, a loro volta, le qualità tecniche e formali” (p.96). Il susseguirsi di innovazioni tecniche e/o comunicative non avviene in modo ‘sostitutivo’, ogni ‘strato’ (scrittura, alfabeto, stampa, cyberspazio…) come disse Pierre Lévy (2000, p.210) “integra il precedente e conduce ad una nuova espansione e diversificazione culturale”.

Remediation interpreta vecchi e nuovi media in base al concetto di rimediazione. “La rappresentazione di un medium all’interno di un altro viene da noi chiamata rimediazione […] caratteristica fondamentale dei nuovi media digitali” (p.73). “Un medium è ciò che rimedia” (p. 94), s’impossessa di tecniche, forme e significati sociali di altri media, cerca di plasmarli a proprio modo (p.73). È possibile qui una triplice lettura: “un medium è quel qualcosa che ri-media”; oppure “Un medium è l’insieme delle cose che esso rimedia”; infine: “il medium è il rimedio”. Nel primo caso, si pone l’accento sul fatto che “ogni atto di mediazione dipende da altri atti di mediazione. I media operano attraverso un continuo processo di commento, riproduzione e sostituzione reciproca; e questo processo è inerente ai media stessi. I mezzi di comunicazione hanno bisogno l’uno dell’altro per poter funzionare” (p.82).  Nel secondo caso, l’accento è posto sulla cosità dei media: i media come oggetti reali presenti nel mondo. “La mediazione è la rimediazione della realtà perché i media stessi sono reali e perché l’esperienza dei media è il soggetto della rimediazione” (p.88). Nel terzo caso l’appello al latino, remedium, “cura”, afferma che “ogni nuovo medium trova una sua legittimazione perché riempie un vuoto o corregge un errore compiuto dal suo predecessore, perché realizza una promessa non mantenuta dal medium che lo ha preceduto” (p.89). I media sono ciò che riforma il reale, è caratteristica costante di tutta la storia dei mezzi di comunicazione, raggiunge un livello peculiare con i media digitali, che legano processi reticolari, (dalla stampa alla televisione) il corpus mediale si presta alla connessione: Morin direbbe ‘complessità’. Bolter e Grusin sostengono la “doppia logica della rimediazione”, citano la logica dell’immediatezza e dell’ipermediazione.

Immediatezza è il termine usato dai due studiosi per caratterizzare l’“insieme di convinzioni e pratiche culturali che si esprime in modo differente a seconda dei tempi e dei gruppi sociali, […]. Il tratto che accomuna tutte queste forme è la convinzione che esista un punto di contatto tra il medium e ciò che viene rappresentato”.  (p. 55). In questo senso la prospettiva di Leon Battista Alberti esemplifica il paradigma mediale della logica dell’immediatezza: la prospettiva segna la realtà che si presenta rispecchiando. “Se la logica dell’immediatezza porta a cancellare o a rendere automatico l’atto di rappresentazione, la logica dell’ipermediazione riconosce l’esistenza di atti di rappresentazione multipli e li rende visibili. Dove l’immediatezza suggerisce uno spazio visuale unificato, l’ipermediazione ne offre uno eterogeneo, all’interno del quale la rappresentazione è considerata non come una finestra sul mondo, ma come un’entità costituita di finestre: finestre che si aprono su altre rappresentazioni o su altri media” (p. 59). L’ipermediazione non pretende di soddisfare il nostro desiderio di immediatezza, non ci forza a guardare la cornice e l’atto di mediazione, ma piuttosto cerca di “riprodurre la ricchezza sensoriale dell’esperienza umana”. Entrambe le logiche si declinano si declinano come epistemologiche e psicologiche: l’immediatezza è autentica esperienza trasparente, l’ipermediazione opacità autentica.

Le due logiche nell’attuale contesto mediale digitale contemporaneo, agiscono e reagiscono contemporaneamente. Di conseguenza “la cultura contemporanea vuole allo stesso tempo moltiplicare i propri media ed eliminare ogni traccia di mediazione: idealmente, vorrebbe cancellare i propri media nel momento stesso in cui li moltiplica” (p.29).
La rimediazione, caratteristica pregnante dell’attuale configurazione mediale, oltre a lasciar convivere insieme immediatezza e ipermediazione, segna, come accennato in precedenza, una dinamica di competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi. Remediation sviluppa una logica non moderna in questo senso, non lineare, infatti, rispetto agli entusiastici annunci da parte di “declamatori di sorti magnifiche” della nascita di nuovi media in virtù della morte dei media precedenti, Bolter e Grusin propongono una logica e un processo complesso all’interno del quale i vecchi media rimediano i nuovi, così come i nuovi rimediano quelli vecchi. “La rimediazione opera in entrambe le direzioni: gli utenti dei vecchi media come film e televisione possono cercare di appropriarsi e rimodellare la grafica computerizzata, così come gli artisti di grafica digitale possono rimodellare cinema e televisione” (Ivi, p. 76).

L’accento del testo tutto versato sull’ibridismo dei media, aiuta a dare una visione completa di MacLuhan mentre lo interpreta nel mondo nuovo della rete – stemperando le frasi più note e più ascoltate sue, che riguardavano invece la radicale diversità di ogni medium che va conosciuto con una specifica teoria e tecnica perché il mezzo è il messaggio. Da qui infatti si organizzarono le discipline della facoltà di scienze della comunicazione, in modo da fornire opportune competenze. Il problema teorico però si giova molto di questa visione, perciò Remediation merita di essere considerato un libro cult, da rileggere a distanza di tempo per apprezzarne i giudizi.

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