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Lincoln

di  Salvatore Bevilacqua

Candidato a ben 12 premi Oscar, incluso miglior film, miglior attore protagonista e miglior regia, il 24 gennaio 2013 “Lincoln”, (film biografico diretto da Steven Spielberg e prodotto dalla 20th Century Fox) è sbarcato anche nelle sale cinematografiche italiane. Il film è ambientato durante la fine della Guerra di secessione americana, con il presidente degli Stati Uniti d’America, Abramo Lincoln che deve affrontare il problema dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America, osteggiato soprattutto dal suo partito politico, ovvero quello repubblicano, è importante sottolineare che Abramo Lincoln, 16° presidente degli Stati Uniti d’America, è stato il primo presidente repubblicano della nazione, è entrato nella storia grazie alle sue riforme che sotto alcuni punti di vista possono sembrare lontane dai conservatori come appunto quello dell’abolizione della schiavitù, il famoso XIII emendamento che è il punto centrale sul quale si sviluppa l’intero film, che invece di definirsi biografico, può essere definito un buon film politico, ma non certo un capolavoro. Spielberg cerca nel film anche di esplorare un po’ la vita privata di Lincoln, interpretato da un magistrale Daniel-Day Lewis, che grazie al trucco è identico al presidente, esplorando il suo rapporto con la moglie interpretata da Sally Field, che per la parte ha ricevuto la nomination agli Oscar come miglior attrice non protagonista, è proprio nei momenti in cui compare la signora Lincoln (forse troppo pochi), che il film assume un po’ più di forza in quanto il protagonista viene rappresentato come un uomo molto pacato da un punto di vista caratteriale e con un tono di voce molto sottile, probabilmente tutti si aspettavano, compreso il sottoscritto un uomo duro, che ribadisce con forza il suo potere in maniera ferma e continua, questo perché nel nostro immaginario il presidente degli Stati Uniti d’America essendo l’uomo più potente del mondo è visto sempre come una persona forte. Il film di Spielberg, pur essendo un buon film, ha una pecca evidente, è eccessivamente lungo, circa due ore e mezza di pellicola, per la precisione 150 minuti, che per un pubblico che forse dal trailer si aspettava grande azione e ricchi colpi di scena, probabilmente è rimasto leggermente deluso scoprendo che in realtà è un film estremamente ricco di dettagli che cercano di ricostruire la tensione politica che si respirava in quel periodo ovvero il 1865, e che possono confondere chi non conosce appieno la storia degli Stati Uniti d’America, in cui si cercava di ottenere da un lato la pace ponendo fine alla guerra di secessione e si tentava dall’altro lato di allontanare il presidente dall’idea di far passare il XIII emendamento. Il film si conclude con la fine della guerra, l’abolizione della schiavitù e l’assassinio del presidente che non viene mostrato ma solo annunciato per poi cambiare scena e rappresentare uno dei più famosi discorsi di Lincoln, quello dell’inaugurazione del cimitero militare di Gettysburg del 1863, che mette in mostra come quest’uomo riusciva a catturare l’attenzione del suo popolo conquistandosi un posto di primo piano nella storia del paese, venendo ricordato come colui che attraverso il discorso di Gettysburg ha posto una delle pietre miliari dell’unità e dei valori della nazione americana, rappresentata anche dalla celebre frase “La democrazia è il governo del popolo, dal popolo, per il popolo”.

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Gli attori della voce: doppiaggio

di Salvatore Bevilacqua

Il doppiaggio è quel procedimento che permette di sostituire la voce originale di un attore con quella di un doppiatore. Questa tecnica è usata soprattutto nel campo del cinema, della televisione e della pubblicità.

I motivi per cui si ricorre al doppiaggio sono diversi, in primis la necessità di rendere comprensibile i dialoghi di un film a spettatori di differenti nazionalità, consentendo la distribuzione commerciale di un film. All’inizio del 1933, quando venne inventato, scomparve la tecnica del film a versioni multilingue, che portava a girare i film in quattro le versioni: inglese (come lingua originale), francese, spagnolo, tedesco ed italiano.

Con la tecnica del doppiaggio, si è venuta a formare una nuova categoria di attori, cioè i doppiatori o attori della voce, e si presentano problematiche da superare come la traduzione del testo del film dalla lingua originale alla lingua di distribuzione. Un buon doppiaggio non deve solo rispettare il senso, ma essere coerente con quanto avviene nella scena e rispettare il ritmo delle frasi, il movimento delle labbra degli attori e la loro recitazione in quanto il doppiatore essendo anch’egli un attore deve recitare le battute con la stessa intensità interpretativa dell’attore a cui presta la voce. Il doppiaggio può danneggiare la recitazione dell’attore originario, come può  salvare un attore che abbia qualità recitative dubbie.

Il doppiaggio in Italia nasce ufficialmente nel 1932 a Roma, città che continua a detenere il primato nella realizzazione di edizioni italiane di opere cinematografiche e televisive. Fino ad oggi in Italia si contano sei generazioni di doppiatori professionisti. Il primo istituto di doppiaggio fu quello della Cines-Pittaluga di Emilio Cecchi, con direttore Mario Almirante. Anche a Milano il doppiaggio è nato nel 1932, ma si è affermato solo negli anni Ottanta, quando l’allora Fininvest (oggi Mediaset) incominciò a doppiare i cartoni animati e successivamente telefilm e soap opera. La differenza tra scuola romana e milanese è la differenza di tipologia di materiali su cui si lavora: Roma si occupa del doppiaggio di film hollywoodiani, quindi cinema, mentre la scuola milanese si occupa soprattutto di doppiaggio tv di telefilm, soap opera e cartoni animati.

L’Italia è una delle nazioni che più utilizza il doppiaggio vantando grandi nomi in questo settore. Intere famiglie lavorano nel mondo del doppiaggio, come la famiglia Amendola, il cui capofamiglia, Ferruccio (1930-2001), è stato uno dei più bravi doppiatori della sua generazione dando voce ad attori del calibro di Robert De Niro, Al Pacino e Bill Cosby (“I Robinson”), oppure la famiglia Izzo, con le sorelle Simona, Rossella e Giuppy Izzo, la più piccola delle sorelle Izzo, Giuppy ha prestato la voce ad importanti attrici come Renèe Zellweger nel film “Il diario di Bridget Jones” o Kate Winslet in “L’amore non va in vacanza”.

Altri doppiatori italiani importanti sono Maria Pia di Meo, voce storica di Meryl Streep, i fratelli Laura Boccanera, voce ufficiale di Jodie Foster, e Fabio Boccanera, voce ufficiale di Johnny Depp e Ben Affleck. Come dimenticare la voce meravigliosa di Cristina Boraschi ovvero Julia Roberts e quella di Luca Ward nel Russell Crowe  de “Il Gladiatore”.

L’elenco sarebbe ancora lungo, ma possiamo concludere dicendo con Ferruccio Amendola: “Il buon doppiatore deve rinunciare all’idea di interpretare il ruolo che gli viene affidato, perché è già stato recitato da un altro. Il suo compito è, invece, quello di andare il più vicino possibile all’interpretazione dell’attore cui dà la voce… Obiettivo del doppiatore è capire quello che l’attore ha voluto dire, in qualunque lingua l’abbia fatto. Bisogna porsi al suo servizio”.

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