L'erbarioWolf Periodico di comunicazione, filosofia, politica
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Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

Testo multimediale sul gioco e la formazione

(a cura di Clementina Gily)

Per parlare di videogiochi, bisogna ricostruire la teoria del gioco, ricordare i percorsi che per tutto il secolo hanno rivoluzionato l’orizzonte, mutando il tempo e lo spazio, nell’incrociarsi della velocità delle comunicazioni e degli orizzonti multiculturali. E’ il tema di alcuni interventi della sezione teorica. Enrico Menduni sottolinea la dissoluzione del tempo regolato delle agende nel tempo accelerato di oggi, dove alla sindrome dello stress si aggiunge un tempo di gioco libero, spesso suggerito dalle nuove tecnologie. Questo tempo del gioco, dice Eligio Resta, delinea un incontro oltre la parola, una possibilità per la convergenza del senex e del puer in un terreno comune, ove può articolarsi il patto fra generazioni[1]; la parlata dell’in-fante s’integra dell’osservazione del comportamento per capire, partecipa al pandemonio dei comportamenti: si rende così palese che la familiarizzazione con il mondo si attua nel tempo del gioco, dove si apprende il costume di vita. Avventurandosi negli spazi limitati di un progetto, si dà forma alle azioni simulate, alle prove di vita, ma anche alle architetture di mondi costruibili. Il mondo dell’uomo e delle città si costruisce con la fantasia alla pari che con il calcolo, illustra Riccardo Dalisi, autore delle immagini del libro e del CdROM: il disegno industriale, teso com’è il design tra tecnica, progetto e produzione, somiglia ad un percorso di poesia, uno spazio che si essenzia di fantasia, una sorta di volo sciamanico tra reale ed immaginario. Spazi di narrazione e di ricostruzione delinea Gily Reda nel gioco del teatro, articolati sulla parola ma sceneggiati su una qualsiasi scena – teatro, giochi di bambini, videogiochi - che diventa luogo della rappresentazione del tempo istantaneo del repentino, che nel suo essere inesorabilmente multiplo si svela ritmato, spazio autonomo e modulare, definibile nella determinazione. Un percorso fizionale, suggerisce Trione partendo da Leibniz, per costruire dal nulla una visione del mondo adatta alla complessità della mente e del mondo dell’uomo, ricca di tutte le convergenze. Un gioco creativo che difatti la filosofia ha più volte indicato come molto di più che un semplice momento ludico: una squadratura originale d’orizzonte, opera del fanciullo divino, che indica al lettore giocatore il gusto di nuove scoperte: Renata Viti Cavaliere precisa spunti di questa originale trama della storia della filosofia, aggiungendo, agli autori con cui già anni fa disegnò questo quadro, Vico ed Hannah Arendt. Perciò il gioco è un diritto che va affermato, anche nel nuovo orizzonte multimediale: lo afferma a tutte note in questo intervento concreto e propositivo Raffaele Picardi. La didattica ordinaria può divenire una didattica amica, realizzando un sogno antico, se sa servirsi delle nuove tecnologie per portare a tutti la gioia del sapere, perenne caratteristica dell’alta cultura. La semplificazione di tante procedure d’apprendimento può oggi rendere gradita la scuola: ma è una sfida per cui combattere, un diritto da affermare: tutti i diritti sono tali solo se li si fa valere. Un esempio di come possa divenire giocosa ed affascinante la composizione letteraria, superando le immagini di noia legate ai temi della scuola d’una volta, offre Luca Giuliano, animatore di un sito di letteratura interattiva, Pathos. Il gioco di ruolo vi è diventato modello di una costruzione letteraria legata alla qualità di scrittura; si passa nelle gerarchie della composizione man mano che gli adepti affinano le loro capacità di comunicazione virtuale: si realizza così un grande gioco collettivo, che ha già dimostrato il suo effetto didattico e sulla socializzazione Internet di qualità – che costituisce anche uno stimolo di riflessione per chi s’interessi di estetica. Il gioco e le scienze umane L’importanza del gioco è stata posta al centro dell’attenzione del Novecento proprio dalle scienze umane, divenendo una vera catena di rivolgimenti nella pedagogia, cui difatti occorre dedicare una direzione apposita di ricerca (la terza) - anche perché il videogioco ha particolare rilevanza formativa. Tutte le scienze sociali hanno però mostrato attenzione al tema, la storia di questi spunti e teorie sarà molto interessante continuare a ricostruire. S’inizia dai versanti più strettamente legati al gioco digitale, come è il progetto Agapè della Regione Campania illustrato da Rossella Savarese, che si propone un fine di formazione utilizzando lo strumento del videogioco: al progetto collabora la Facoltà di Sociologia per il monitoraggio delle iniziative e l’elaborazione progressiva degli sviluppi; la sociologia è la scienza che si è più interessata a percorrere le nuove tecnologie, la comunicazione di massa in genere, per i grandi mutamenti sociali connessi. Elaborare un gioco inoltre conferisce la possibilità di delineare percorsi di analisi dei processi sin dalla costituzione del gioco, ponendo in esso possibilità di controllo e di raccolta dati. Altra scienza che ha interesse istituzionale al gioco, per motivi molto diversi, è l’antropologia, lo mostrano i numerosi interventi del convegno[2]. Il gioco accompagna l’uomo sin dalle prime associazioni, Domenico A. Conci racconta come nelle tribù pellerossa vi siano analoghi di giochi palesemente simili ai moderni, pur nella diversa connotazione culturale – il gioco lì si inserisce in un orizzonte che se esula dal rito si inserisce però in società chiuse. Del pari, nel presente è possibile ritrovare elementi che rievocano scenari antichi, come il caso che illustra Vincenzo M. Spera, anche con le belle foto che acclude nel CdROM, quello delle pupe di S.Giovanni, una tradizione di cui ha potuto ricostruire la ritualità dal vivo: il gioco s’intrinseca alle culture, costituisce forme di socializzazione alternativa alle istituzionali. La ricostruzione antropologica dei costumi delle società inizia anche a traslitterarsi in documentazione digitale, Barbara Napolitano racconta la storia di un CdROM curato dal gruppo di lavoro della Facoltà di Sociologia di Napoli, edito nel 1999 sulla tradizione dei giochi lucani: una dimostrazione non solo utile a dimostrare l’attenzione antropologica al gioco, ma anche a dare una traccia di come i percorsi di ricerca possano tradursi nelle nuove tecnologie senza perdere di rigore. Il gioco trova spazi naturali nelle scienze della comunicazione, in molti insegnamenti di tecnologie dell’istruzione e della comunicazione: Fulvio Iannucci ad esempio mostra come il gioco sia alla scaturigine dei messaggi pubblicitari, un grande gioco dalla potente ricaduta sociale, che si articola teoricamente nella scena ludica. Ma i giochi della comunicazione possono essere anche pericolosi e le polemiche su questo rischio sono ricorrenti: a questo scopo l’osservatorio “Violenza televisiva e minori” di Salerno, animato da Agata Gambardella Piromallo, ha iniziato un lavoro di metodica analisi e monitoraggio le cui direzioni sono illustrate da Diana Salzano, che compie una interessante ricostruzione teorica sul tema della violenza nei media ed oltre, con ampi rimandi bibliografici. Cristiana La Capria illustra il meccanismo psicologico del gioco violento, partendo dagli schemi di alcuni videogiochi di largo consumo. Petrosino ha condotto in proposito una ricerca psicologica sul territorio napoletano, di cui qui dà resoconto, sull’aggressività indotta nei bambini da filmati a contenuto violento. Un tema su cui esiste una vasta bibliografia e molti dati sperimentali, senza che si sia raggiunta una conclusione paradigmatica. Perciò il lavoro sperimentale nel campo ha bisogno di corroborare una linea di interpretazione moltiplicando le esperienze e di costruire modelli di sperimentazione, testabili in diversi ambienti, come questo. L’ampia documentazione e argomentazione è nel CdROM. Videogiochi e formazione Il tema specifico della ricerca richiede necessariamente una valutazione del problema se la formazione ordinaria possa inserire nei suoi progetti il tema del gioco e del videogioco in particolare - e delle modalità di questo possibile inserimento. Giuseppe Acone introduce il discorso tracciando la linea di quella che è già una tradizione del ‘900: la considerazione della centralità del gioco nell’orizzonte educativo. Ricorda le tappe centrali della ricerca pedagogica sul campo: fornisce così utili strumenti di ricerca per chi voglia ricordare i capisaldi della storia del gioco nella pedagogia. Ma il gioco non trascorre senza mutare nel videogioco: Floriana Falcinelli affronta direttamente il problema, cosciente della difficoltà di un’adozione che vada a danno dei giochi tradizionali: sia per caratteristiche che i giochi digitali difficilmente possono riassorbire, sia per la bassa qualità della gran parte dei giochi, che pure sono coinvolgenti e rischiano di attrarre in una distrazione superficiale. I giochi digitali hanno però caratteristiche positive che vanno notate e testate, costituendo una ulteriore proposta educativa. Si tratta quindi di conoscere i giochi digitali e interrogarsi su problemi determinati, lo fa Marinella Attinà dando linee di una classificazione possibile: la vasta produzione rende sempre più necessario un resoconto caso per caso, che cominci a formare una biblio-ludo-grafia consigliabile a genitori e formatori in genere. Alcune proposte di lettura tenta, cliccando nella teoria, per iniziare l’indagine sulla formatività dei giochi digitali. La storia dei videogiochi è ricostruita da Prisco Vicidomini nelle sue ere, dense di case produttrici e di giochi: la comprensione impone di dettagliare, di prendere in esame le singole opere come si fa per ogni letteratura. Una biblioteca di giochi si compone di concrete esperienze, che vanno ricostruite in una storia e sottoposte ad analisi multilaterali. Questo troppo spesso non accade affatto nelle polemiche dei media: Nicola Coco ricostruisce l’altalena delle polemiche, troppo spesso tanto squilibrata, da dare l’impressione di una serie di battaglie culturali sotterranee, il cui senso è tutto da indagare anche dal punto di vista economico pubblicitario, piuttosto che lasciarsene influenzare a livello di giudizio di merito. La strada da seguire perciò è l’analisi, come si tenta in questo convegno. Ma sono possibili anche linee di intervento. Tutti gli interventi concordemente hanno lasciato da parte il discredito generico verso i videogiochi, che va conservato non per il mezzo in quanto tale, ma per certi modelli di fruizione e di produzione. Correggere i meccanismi di fruizione è attuare una didattica dei media che ampli la conoscenza e illustri la metodologia d’utenza, eliminando le caratteristiche individuate come negative, ad esempio il consumo solitario e l’eccessivo tempo di esposizione. La grande, tradizionale, industria della cultura, il mondo della scuola e dell’Università, affronta già questo compito: Livia Ladogana descrive l’esperienza di sperimentazione didattica dei videogiochi, cui ha partecipato come membro della Commissione Scuola dell’Osservatorio di Comunicazione – che opera come punto di reciproca conoscenza delle esperienze locali, relazionandole. Centrale, infine, la modifica dei modelli di produzione. L’industria tende a seguire strade ben collaudate, ma non mancano casi di iniziative di sicura efficacia educativa. Tra le esperienze pilota si può ricordare il CdROM Stroccofillo, già ben conosciuto anche nelle scuole, prodotto qualche anno fa dal laboratorio LINX dell’Università di Roma3. Stefano Penge ne ha illustrato il percorso, ripartendo dalla fonte che lo ha ispirato, Gianni Rodari e la sua Grammatica della fantasia, che insegna il gioco della creatività come traduzione fantastica dei testi: avrebbe certo approvato questa traduzione della sua opera di parole in testo multimediale. La ricerca può iniziare il lavoro di produzione alternativa, con prototipi che indichino una possibile linea di intervento. E’ il caso di Gioca con Danny, realizzato dalla Commissione Informatica dell’Osservatorio, illustrato dalla responsabile della Commissione, Antonietta Perrotta, che illustra il gioco, (disponibile in CdROM a richiesta presso l'Osservatorio di Comunicazione): vi è evidente lo sforzo di dare vita ad un gioco divertente, oltre che utilmente didattico. Un’idea maturata nella collaborazione all’esperienza della cattedra di Informatica generale dell’Università di Salerno, che ha costruito un edutainment per l’educazione alla matematica, illustrato nei criteri fondanti e specifici da Arturo Vanni e Gioconda Bottiglieri. Il Dipartimento di Scienze dell’Educazione, il Dipartimento di Filosofia, sono tradizionali luoghi di cultura: la progettualità informatica risulta meglio orientata, se sostenuta dalla solidità di una cultura di chiara impostazione teorica, ricca di esperienze di riflessione e didattica che, mutatis mutandis, risultano estremamente proficue negli scenari digitali. Quel che conta, in questa direzione d’attività, è ricordare che la tecnologia dell’istruzione non deve diventare didatticamente noiosa. Dell’orizzonte del gioco non va perduta la caratteristica prima di essere un gioco. Si deve produrre un gioco che poi si giochi, che non sia un altro esemplare di nuovo formato a prendere polvere nelle teche. La teoria del gioco ha sottolineato come caratteristiche proprie siano la creatività, familiarizzazione, gioia, capacità di volare e di inventare - l’orizzonte ludico è caratterizzato da una scelta libera dell’utente. La sfida oggi è di trasformare in divertimento l’apprendere. Quel che è da sempre, non dimentichiamolo, agli alti livelli della cultura.

Nella stessa Collana dell'Osservatorio Federico II di Napoli sono stati pubblicati:

Il diritto al gioco intelligente

a cura di Giovanna Annunziata

 

IN-LUSIO

di Clementina Gily