Giorno: 20 Marzo 2016

Street Art – Bansky e Co – 18 marzo-26 giugno 2016

di Anna Irene Cesarano
Sane Smith, Untitled, 1990 ca. Inchiostro su carta. Museum of the City of New York, Gift of Martin Wong
Sane Smith, Untitled, 1990 ca. Inchiostro su carta. Museum of the City of New York, Gift of Martin Wong

Palazzo Pepoli – Museo della Storia di Bologna

COMUNICATO STAMPA http://bit.ly/_STREET_ART
Ufficio stampa Arthemisia Group
Sul finire degli anni Sessanta del ‘900, nuove pratiche artistiche urbane sono apparse in diverse città del mondo occidentale, con l’intento di ridefinire la nozione di arte nello spazio pubblico. Sotto l’etichetta street art, riuniamo oggi diverse forme di arte pubblica indipendente, che riprendendo i codici della cultura pop e del graffittismo, utilizzano il dialogo tra la strada e il web per dare vita a forme decisamente innovative.

Dopo dieci lustri, il fenomeno socio-culturale del graffitismo urbano ha guadagnato una rilevanza unica nel panorama della creatività contemporanea: le opere di artisti come Banksy hanno invaso le maggiori città del mondo, e dagli anni Ottanta a oggi la stessa Bologna si è affermata come punto di riferimento per molti artisti – da Cuoghi Corsello a Blu, passando per Dado e Rusty – che hanno scelto proprio la città Felsina per lasciare il loro segno sui muri.
Dal 18 marzo questa forma d’arte è raccontata nella sua evoluzione, interezza e spettacolarità nelle sale di Palazzo Pepoli – Museo della Storia di Bologna con una grande mostra intitolata Street Art – Banksy & Co.
L’evento porterà inoltre per la prima volta in Italia parte della collezione del pittore statunitense Martin Wong donata nel 1994 al Museo della Città di New York, presentata nella mostra City as Canvas: Graffiti Art from the Martin Wong Collection, a cura di Sean Corcoran curatore di stampe e fotografie del Museo.
Come mostra dentro la mostra, la sezione vuole individuare la New York del 1980, nella quale si potranno ammirare lavori dei più grandi graffiti writers e street artists statunitensi come Dondi White, Keith Haring e Lady Pink.

La mostra, prodotta e organizzata da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Genus Bononiae. Musei nella città e Arthemisia Group, curata da Luca Ciancabilla, Christian Omodeo e Sean Corcoran, intende spiegare il valore culturale e l’interesse artistico della street art.
Il progetto nasce dalla volontà del Professor Fabio Roversi-Monaco, Presidente di Genus Bononiae, e di un gruppo di esperti nel campo della street art e del restauro con l’obiettivo di avviare una riflessione sui principi e sulle modalità della salvaguardia e conservazione di queste forme d’arte.

Il progetto di “strappo” e restauro, una sperimentazione condotta dal laboratorio di restauro Camillo Tarozzi, Marco Pasqualicchio e Nicola Giordani su alcuni muri bolognesi di Blu – uno dei dieci street artists migliori al mondo come riporta una classifica del The Guardian del 2011 -, quali il grande murale delle ex Officine di Casaralta (Senza titolo, 2006) e il murale della facciata delle ex Officine Cevolani (Senza titolo, 2003) destinati altrimenti alla demolizione, è parso come un’occasione propizia per una mostra che vuole contribuire all’attuale dibattito internazionale: da anni, infatti, la comunità scientifica pone l’attenzione sul problema della salvaguardia di queste testimonianze dell’arte contemporanea e della loro eventuale e possibile “musealizzazione” a discapito dell’originaria collocazione ma a favore della loro conservazione e trasmissione ai posteri.

La mostra Street Art – Banksy & Co. racconta per la prima volta le influenze sulle arti visive che la street art ha avuto e continua ad avere, passando per quell’estetica che nacque a New York negli anni ‘70 grazie alla passione per il lettering e il name writing di giovani dei quartieri periferici della città. Espone le opere di autori associati al graffiti writing e alla street art, per creare lungo il percorso le assonanze tra le diverse produzioni e spiegare il modo in cui sono state recepite dalla società.
Il patrimonio artistico è protagonista dell’inedita esposizione ospitata a Palazzo Pepoli, che con la sua corte coperta riproduce quella che potrebbe essere una porzione di città, luogo ideale per raccontare una tappa importante della storia di Bologna.
Il fine utopistico e l’intento sono proteggere e conservare questa forma d’arte e portare le attuali politiche culturali a riconoscere l’esigenza di una ridefinizione degli strumenti d’intervento nello spazio urbano perché i graffiti – oggi più di ieri – influenzano il mondo della grafica, il gusto delle persone, l’Arte intera di questo secolo.

GF arte Cesarano Street Art – Bansky e Co – 18 marzo-26 giugno 2016

Pedagogia d’oggi, un ruolo per la terza età

di Franco Blezza

pedagogia3etaIl problema dell’educazione è un problema antico. Spesso non ce n’accorgiamo, e siamo facilmente portati a temere che stiamo incontrando, ormai da decenni, un periodo in qualche modo “catastrofico” (nel senso della “teoria delle catastrofi”) e di “fine di tutte le certezze”, di “crollo d’ogni valore”, e quant’altro: ma così non è. Se siamo indotti a tanto, ciò si deve proprio all’educazione tutta particolare che abbiamo ricevuto, come essa è stata impartita per due secoli scarsi.

L’educazione non consiste, in generale, nell’indicare una via prefissata all’educando e nel portarlo a seguirla, volente o nolente, con qualunque mezzo: così ce l’avevano fatta credere in quel breve evo durato due secoli scarsi, l’educazione come replicazione di modelli rigidi prefissati, instradamento e non orientamento. L’educazione, piuttosto, è quella facoltà umana altissima che si traduce nell’evoluzione culturale, nella storia, nella civiltà, attraverso ogni forma di comunicazione umana inter-personale. Essa è sempre reciproca, quando si educa si è per ciò stesso anche educati ed educandi, e viceversa: e nella vita umana la ricerca è continua, per vie sempre nuove e diverse, convinti che non esista una (e una sola) “retta” via, bensì che esista il cammino umano, ed un “meglio” locale che è sempre possibile, e che dovremmo considerare doveroso cercare.

Certo, non è semplice. Lo è ancor meno se consideriamo il momento storico tutto particolare che stiamo vivendo: si tratta di un periodo di transizione da un evo all’altro, più che da un secolo all’altro. Un evo storico particolare, iniziatosi alla fine del ’700, è finito: esso ha alle sue radici l’Illuminismo, la rivoluzione industriale, l’egemonia del ceto borghese, le rivoluzioni di fine ’700 e le idee propagate in Occidente anche sulle baionette di Napoleone; ne stiamo faticosamente uscendo, e non ci si deve illudere che una simile transizione epocale possa avvenire senza porci tutta una serie di problemi, e di problemi anche molto impegnativi.

L’educazione è al centro di tutto ciò, anche perché nell’evo trascorso ci hanno educato a pensare che i modelli culturali, familiari, sociali, relazionali (ed anche educativi) del tempo fossero quelli “sempre esistiti”, “tradizionali”, “frutto di millenni di civiltà” o addirittura “naturali”: comunque, indiscutibili, assoluti, apportatori di verità e sicurezze incrollabili. Non era vero, ma serviva a tenerci vincolati a quei modelli, che pure erano recenti, avevano sì e no un paio di secoli. Se li esaminassimo con un minimo di attenzione, di competenza storica, e con tutta l’esperienza, non ci sarebbe difficile coglierne le lacune e l’altissimo costo umano.

La Pedagogia odierna può aiutare: ad esempio, gettando la necessaria luce sulla realtà storica dei fenomeni culturali; segnalando l’apprezzamento per le situazioni problematiche come occasione di crescita e d’evoluzione; riprendendo tutto il bene della creatività umana nella vita quotidiana, in particolare nelle relazioni familiari; ripristinando un rapporto corretto con le regole di vita, che sono per l’uomo e non per asservire l’uomo ad alcunché, e aiutando a ridefinire le regole alla luce delle mutate esigenze dell’uomo stesso; in generale, aiutando la persona umana a vivere positivamente una vita che non può essere statica e immutabile, legata ed imprigionata in schemi di origini e di motivazioni ignote, ed è un bene che non lo sia.

Ma, in tutto questo, un ruolo fondamentale viene richiesto proprio alla terza età. Questa non va più considerata “in negativo” sia pure in un “negativo dorato”, come età di perdita successiva delle prerogative dell’età adulta, compensate male da onori formali e spesso illusorii. La vita umana non “decade” come non “ascende”, non è leggibile (o non lo è più) come un “arco” segnato da una sequenza di stadi (od “età”), dei quali gli ultimi caratterizzati più che altro dalle perdite: ma è sempre vita ed offre in ogni momento opportunità e situazioni da viversi positivamente. Se, poi, questo può essere fatto con una lunga esperienza e con una forza maggiore di testimonianza e di autorevolezza, tanto meglio, tanto di umanamente guadagnato.

È tanto di guadagnato per tutti. Specialmente per chi di quell’esperienza e di quella testimonianza ha bisogno: si tratta di un bisogno vitale. Non vanno rimpianti periodi mitici e leggendari in cui l’anzianità di vita portava ad una certa estraniazione dalla vita stessa, anche se poteva sembrare onorevole, neppure da rinnovato laudatores temporis acti. A tutti, e agli anziani in particolare, va l’esortazione a vivere la propria vita nel modo più pieno e completo possibile: e di farlo con il convincimento, fondato e più che mai legittimo, che della sua pienezza di vita tutti hanno bisogno: specialmente i suoi familiari, il suo prossimo, i suoi vicini meno anziani ed esperti. Sono persone ancora più disorientati in quanto meno esperti: ed infatti, sono anche più apparentemente disinvolti e disposti a quell’incoscienza e a quella falsa sicurezza che servono bene a nascondere lo smarrimento, il disorientamento umano, l’angoscia esistenziale, la paura.

Sono persone, tutte, che hanno bisogno specifico proprio di terza età, e del contributo che gli anziani in quanto tali sono in grado di recare.

GF formazione Blezza Pedagogia d’oggi, un ruolo per la terza età