Categoria: Denaro

Con la cultura si mangia: la lezione dell’UE

di Mariano Bonavolontà

In base al recente Eurobarometro Standard 79 – Primavera, la cultura rappresenta l’elemento aggregante del sentimento di appartenenza europea[1]. La cultura, più dell’economia, della storia, delle lingue, degli sport, dei valori, della legislazione, della geografia e di tutte le altre opzioni che la popolazione di riferimento ha ricevuto come scelta nell’inchiesta, è considerata come il cemento che permette di creare un sentimento identitario dalla maggior parte dei cittadini europei.

Fiumi di inchiostro hanno popolato insigni saggi di matrice economica, antropologica, sociologica, linguistica, politologica, filosofica nel tentativo di gettare luce su questa nebulosa, la cultura europea, dai confini gassosi ed indefiniti ma dall’impatto estremamente potente.

È innegabile che sussista un fil rouge che percorre, come quello di Arianna nel mitico labirinto, il piccolo vecchio continente, sfrecciando attorno alle città d’arte e cultura millenarie, congiungendo, a volte in maniera tangibile, altre volte in maniera intangibile, lembi di territorio che procedono dalle sponde dell’Atlantico sino ai confini con il magico oriente.

È inequivocabile il cortocircuito creativo che sprigiona dall’incontro di culture provenienti da ceppi diversi, eppure così legate da un comune passato. Da Roma, ad esempio, è possibile far partire un centro di irradiamento di queste fondamenta culturali le cui eco, per nulla impolverate dai millenni trascorsi, possono ancora essere ascoltate, seppur con qualche difficoltà, dato l’odierno frastuono.

In tempi dove il falcidio della cultura è più regolare e repentino della mietitura del grano, specie in alcuni paesi tra cui l’Italia, l’Europa risponde a questa triste e miope tendenza con il Programma “Europa Creativa”, proposto dalla Commissione europea nel novembre 2011 che mira ad un incremento degli attuali margini di spesa dei programmi in questo settore, principalmente MEDIA e CULTURA.

Secondo i dati forniti dalla Commissione europea[2], in Europa il settore riferito all’ambito culturale e creativo contribuisce al 4.5% del PIL europeo, dando occupazione a 8.5 milioni di persone.

Il tema dell’incremento degli investimenti nei campi culturali è una costante, a dir il vero, delle politiche europee, come dimostra l’Impact Assessment del Programma Europa Creativa[3], con un continuo climax di programmi nelle diverse programmazioni: si sono alternati Kaleidoscope, Ariane, Raphael, Cultura 2000, Bodies active at European level in the field of culture e Cultura 2007/2013.

Il panorama di azione di questo mare magnum di interventi nel settore ha avuto un forte impatto a livello economico, produttivo, simbolico; ha sviluppato azioni nei più disparati campi, dal cinema al patrimonio culturale, dalle lingue ai festival, sostenendo, drenando, dando linfa vitale alla cultura.

Da un punto di vista teorico, è possibile inferire, inoltre, che l’UE ha un approccio pragmatico, lucido e manageriale al prodotto culturale: ben conscia delle attuali difficoltà economiche, della centralità nella vita dei cittadini giocata dal prodotto culturale, del ruolo non accessorio della cultura nella vita civile del prodotto culturale, l’UE adotta strategie per dar la possibilità ai prodotti “dell’industria culturale” di svilupparsi.

Il 5 novembre, la Commissione CULTURA del Parlamento europeo ha votato su due grandi programmazioni multi annuali quali l’ERASMUS + ed EUROPA CREATIVA[4] in attesa del voto in plenaria di novembre.

All’interno dei negoziati, in particolare, è emerso che[5] i membri del Parlamento europeo hanno puntato i riflettori, tra le diverse questioni, anche sull’importanza del doppiaggio, dei sottotitoli e delle audiodescrizioni dei film europei: questi possono essere intesi come strumenti centrali e chiavi di volta per poter facilitare al massimo la distribuzione dei film europei, step strategico nella filiera produttiva del mondo cinematografico. Inoltre, il Parlamento ha dato la possibilità all’Unione europea di continuare ad essere parte integrante dell’Osservatorio Audiovisivo Europeo, grande camera di compensazione e di registrazione dei dati dei prodotti culturali.

Il 19 novembre, in un comunicato stampa[6], la Commissione ha espresso il suo plauso al Parlamento europeo per l’approvazione di quest’ultimo del programma Europa Creativa.

Ecco qualche numero per avere il polso dell’importanza di questa nuova programmazione: il bilancio sarà di 1,46 miliardi di euro, ovvero il 9% in più se comparato con gli attuali livelli; tra i beneficiari stimati, si calcola che Europa Creativa aiuterà 250 000 artisti ed operatori culturali, 2 000 cinema, 800 film e 4 500 traduzioni; a ciò bisogna anche aggiungere l’introduzione del nuovo strumento di garanzia finanziaria che permetterà alle PMI che operano nel settore culturale e creativo di accedere a prestiti bancari per un totale di 750 milioni di euro. Quest’ultimo strumento è stato messo in risalto anche da un comunicato stampa[7] del Parlamento, rilasciato lo stesso giorno: grazie a questa introduzione, gli operatori dei settori creativi e culturali, tutti i potenziali player di progetti in questi settori, dai videogiochi al teatro sino alla street art, avranno la possibilità di accedere a strumenti finanziari da parte delle banche europee, dalle quali potranno ottenere dei prestiti che potranno essere parzialmente garantiti dal Programma.

Ora si rimane in attesa della adozione definitiva da parte del Consiglio, dopo la quale il Programma entrerà in azione a partire da gennaio 2014.

Con questi sforzi, il Parlamento ha dato nuova riprova dell’importanza delle sue strategie istituzionali nel campo della cultura, mantenendosi aderente alla sua essenza di grande specchio della cittadinanza europea.

Si rimane ancora in attesa della definizione finale del Programma Europa Creativa anche se le fondamenta sono state gettate: solide basi sulle quali l’Europa potrà continuare a produrre cultura, unico strumento in grado di poter rinsaldare, nel breve, nel medio e nel lungo termine, la cittadinanza europea che potrà continuare a beneficiare dell’influsso del Parlamento europeo partecipando alle prossime elezioni del 2014: un momento di elevata civiltà e, dunque, di cultura.

ReACT4TRADE a Napoli – Intervista a Guglielmo Trupiano: Territorio, Unione Europea, Università e commercio globale

di Mariano Bonavolontà

La significativa cornice della Sala dei Baroni del Maschio Angioino di Napoli ha ospitato, il 29 novembre, l’evento del Parlamento europeo “ReACT4TRADE”, uno dei cinque eventi italiani dell’Istituzione parlamentare europea che mirano a far conoscere al meglio il Parlamento, anche in vista della prossima tornata elettorale che, dopo Lisbona del 2009, sarà ancor più influente e decisiva per tutta l’Unione europea.

Sul tema del mare e del suo rinnovato ruolo che esso svolge all’interno dell’economia globale che si è focalizzato l’intervento del Prof. Giannola, docente di Economia Politica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, qui rappresentata dal Prof. Guglielmo Trupiano, delegato dal Rettore a portare i saluti istituzionali dell’università federiciana all’ importante occasione di scambio e dibattito. Hanno partecipato tra gli altri il Vice-Presidente Vicario del Parlamento europeo on. Gianni Pittella, la Presidente della commissione petizioni del Parlamento europea Erminia Mazzoni, l’on. Andrea Cozzolino, componente della commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo, Maurizio Maddaloni, Presidente della Camera di Commercio di Napoli, il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

La manifestazione si è rivelata ancor più significativa in quanto si incastra in una delle caratteristiche della storia economica della città: Napoli, città la cui frontiera ha il colore del mare, trae da esso il suo mito fondativo, con la sirena Parthenope che si arena sulle sue spiagge; città dai mille castelli, tra cui quello dove l’evento si è tenuto, che sono testimonianze architettoniche delle conseguenze dello sbocco sul mare, un cortocircuito di opportunità ma anche di minacce; città i cui cognomi narrano di popolazioni europee che l’hanno resa multiculturale e multicolore, molte provenienti dal mare.

Il dibattito, moderato da Carmine Festa, è stato introdotto dal Prof. Trupiano:

“Il Rettore avrebbe tenuto molto ad essere presente oggi: purtroppo, un impegno di carattere istituzionale immediato non gli consente di essere qui. A livello personale, sono particolarmente lieto di rappresentarlo, essendo il Direttore del Centro Europe Direct LUPT che è struttura ufficiale della Federico II, in quanto, da quest’anno, nei centri di nuova generazione, la Federico II ospita, non a caso, un Centro Europe Direct e quindi è parte della rete della Commissione e del Parlamento europeo: anche la Federico II, in quanto ateneo, in sinergia con gli altri atenei napoletani e campani, è antenna della Commissione e del Parlamento europeo sul territorio. Il saluto della Federico II e del Prof. Marrelli, va anche nel senso di massima soddisfazione per quanto riguarda questa iniziativa, decisa nella città di Napoli, in un contesto molto particolare, in un’area di grande sofferenza, e le questioni riguardanti la crisi del sistema universitario meridionale, sono oggi davanti all’attenzione dell’opinione pubblica, davanti agli occhi di tutti; anche grazie iniziative di questo tipo, riportare il Mezzogiorno al centro del dibattito dell’interesse europeo e, quindi, nazionale, può essere un elemento di spinta per una nuova riflessione ed una nuova consapevolezza sui temi dello sviluppo, della questione nazionale, del ruolo regionale in un contesto europeo di ben più ampio respiro. Siamo perfettamente convinti, e lo dico come Ateneo, che queste prossime elezioni rappresenteranno un’occasione, un punto di snodo, ma possono essere anche un grande momento di crisi, per quanto riguarda l’istituzione europea e l’identità europea. La crisi sta mordendo la carne dei popoli che sono anima e sostanza dell’Unione europea; c’è il rischio che ci sia una presenza all’interno del Parlamento, legittima e democratica, perché qualsiasi presenza elettiva è legittima e democratica, ma da parte di forze che negano l’esistenza stessa dell’Unione europea. Io credo che le occasioni, le iniziative, le mille iniziative della Commissione e del Parlamento europeo in vista delle elezioni come questa servano, non solo a fare chiarezza, ma siano anche un’occasione per acquistare una maggiore consapevolezza dei temi dell’integrazione europea e, perché no, di una nuova Europa, di un’Europa più vicina ai suoi mezzogiorni, alle sue aree in ritardo di sviluppo, in quelle aree del sistema continentale dove maggiormente si avverte l’esigenza di politiche di coesione e di sviluppo a livello culturale, economico e territoriale. Vi ringrazio”.

Sono riflessioni sui temi del ruolo dell’Università e sull’integrazione europea che sono trattati nell’attività accademica del Professore nel suo corso in Politiche Urbane e Territoriali presso il Dipartimento di Architettura dell’Ateneo Federiciano:

“In uno dei miei corsi, in Politiche Urbane e Territoriali, inserisco ed approfondisco le materie comunitarie, come introduzione all’assetto organizzativo, istituzionale e politico dell’Unione, non solo perché è necessario che i miei discenti conoscano le dinamiche dell’Unione europea – che ha un’indubbia influenza sulla loro professione di futuri urbanisti, dato che il territorio europeo è un territorio essenzialmente “urbano” – ma anche e soprattutto perché ritengo un dovere quasi deontologico irradiare continuamente la cultura europea. Purtroppo, spesso vedo nei volti dei miei studenti un’espressione di smarrimento, se non spaesamento, quando impattano sui temi dell’Unione europea”.

Eppure il tema del “territorio” è estremamente presente nel fil rouge delle tematiche europee. Se vogliamo, l’Europa ha come sua base simbolica, proprio quella di essere primariamente un “territorio”.

“Certo. Il concetto di territorio all’interno delle politiche urbane e territoriali non può prescindere da un’ottica europea. In realtà, è un concetto complesso quello del territorio, che può essere complessivamente compreso solo adottando un’ottica olistica, propria del pensiero complesso, della teoria della complessità e di una prospettiva sistemica la quale, e non è un caso, è l’unico punto di vista utile per guardare l’Unione europea, la quale ha un influsso molto permeante nella configurazione stessa del territorio”.

Qualche esempio di questo influsso?

“Sicuramente, la Politica di Coesione, ad esempio. Tutto il mare magnum di fondi che avvolgono come una rete il territorio europeo e che hanno un impatto a livello regionale. È affascinante guardare come l’UE dialoghi direttamente con le regioni. Tra l’altro, per rimanere in tema di Parlamento europeo, di recente quest’ultimo ha approvato la politica di coesione puntando anche i riflettori sulle regioni”.

Il tema del territorio implica anche il dibattito sul glocal. In che modo, secondo lei, l’UE contribuisce al commercio internazionale salvaguardando il territorio?

“Da giurista, non posso non partire dalla base giuridica: l’articolo 207 del TFUE pone l’ambito della politica commerciale comune come competenza esclusiva dell’Unione europea. Tralasciando le diverse politiche commerciali e gli accordi, le strategie sistemiche di tipo “corporate”, potremmo dire, se mi venisse chiesto di argomentare sul tema dell’influsso dell’UE nel territorio, non potrei non prendere in considerazione che l’UE è il primo esportatore mondiale di beni e servizi. Questi beni e servizi derivano da imprese comunitarie, localizzate in determinati territori. Ogni singola impresa genera un indotto territoriale così come ogni impresa può contare sulla massa critica generata dall’Unione europea per divenire esportatrice. Ancora una volta, un concetto derivato dalla teoria della complessità aiuta a comprendere l’Unione europea ed il territorio, quello di massa critica”.

Ha anche parlato di questione universitaria. Qual è il ruolo che le università possono giocare all’interno degli attuali assetti globali di concerto con l’Unione europea?

“Sicuramente, bisogna premettere che l’Unione europea ha, da sempre, riservato un posto in prima linea per l’Università e la Ricerca. A rischio di andare fuori dal tema, non posso non notare che, ad esempio, l’Erasmus è, probabilmente, il programma più conosciuto da parte di tutti, anche da coloro che non hanno che una minima alfabetizzazione sulle tematiche europee. Comunque, tornando alla domanda, il mondo dell’Università e l’Unione europea possono e devono intensificare sempre più le sinergie per diversi motivi. In primo luogo, il ruolo dell’Università è cambiato: oggi si parla di exploitation university, la nuova frontiera del trasferimento di know how e di innovazione al territorio ed alle imprese; più in particolare, è necessario valorizzare le esperienze ed il potenziale di trasferimento di conoscenza di ogni Università, specialmente nel Mezzogiorno, caratterizzato da numerose eccellenze nel campo della ricerca e della formazione. Anche qui, il concetto di territorio ritorna, perché ogni territorio ha una propria vocazione, anche frutto di tradizioni e di dinamiche storico-economiche, le quali, a loro volta, confluiscono negli asset di ricerca e formazione delle Università del territorio. Con l’aumento della conoscenza e del know how delle imprese, queste ultime saranno in grado di essere più competitive sul piano globale. In secondo luogo, l’UE coadiuva le Università nel far rete: solo con lo scambio di esperienze si può giungere ad un reale e fattivo aumento delle competenze che poi possono essere tradotte sia in formazione e dunque capitale umano delle aziende, sia in trasferimento di conoscenze alle aziende, con il risultato, nuovamente, di un aumento della loro competitività e dunque una facilitazione del commercio globale. Come è possibile desumere, dunque, il ruolo dell’UE è ancor più vasto rispetto al già rilevante ruolo come player internazionale nel campo del commercio internazionale dell’UE”.

Unione europea ed Università come chiavi di volta per il commercio globale comunitario: una liaison da tenere in considerazione.