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Paura Terrorismo: Traiamo il bene dal male

di Vincenzo Giarritiello, Editoriale

Dalle ore 22 del 13 novembre 2015, ossia da quando le televisioni iniziarono a trasmettere in diretta le drammatiche immagini della strage di Parigi, aggiornando ora dopo ora il bilancio di vite umane lasciate al suolo prive di vita dai terroristi, viviamo un’atmosfera strana, surreale. È come se, nostro malgrado, ci trovassimo a rivestire il ruolo di comparse in uno di quei film di spionaggio allo 007. Dove una fantomatica organizzazione criminale capeggiata da uno o più folli decida di governare il mondo e, per farlo, attui un piano terroristico che prevede la mattanza di tante vite umane e la distruzione di luoghi e monumenti di città simbolo al fine di destabilizzare il nostro sistema attraverso la messa in discussione dei valori che lo reggono per imporre i propri valori.

Da quella tragica sera, e dopo gli allarmi terroristici dei giorni successivi, ultimo quello tuttora in corso a Bruxelles, il nostro modo di pensare e di vivere, per quanto dispiaccia ammetterlo, non è più lo stesso. Seppure ci sforziamo di far lasciarci alle spalle senza strascichi quanto è avvenuto e sta avvenendo, siamo vittime inconsapevoli dello stress psicologico derivante dall’esserci imposti di non darla vinta a chi vorrebbe, attraverso la violenza, cambiare il nostro modo di pensare e di vivere. Obbligandoci a evitare di frequentare luoghi affollati come cinema, discoteche, teatri, ristoranti, stadi. A essere sopraffatti dall’ansia mentre ci apprestiamo a entrare nella metropolitana o a salire su un mezzo pubblico.

Eppure questa forzatura finalizzata a non darla vinta ai terroristi può ritenersi una vittoria dei terroristi. Infatti solo il fatto di riscoprirci nella condizione mentale di pensare, “la metro non vorrei prenderla. Al cinema non vorrei andare. Ma lo devo fare perché altrimenti la do vinta a loro!” è una vittoria di chi vuole imporre con il terrore il proprio modo vita/non vita.

Per dissolvere la paura che i terroristi vogliono incutere con la loro follia, l’antidoto è considerare la futilità della vita, vivere ogni giorno consapevoli del presente. Abituati come siamo a vivere in una società strutturata in maniera tale che all’individuo non è concesso di fermarsi un attimo a riflettere sul senso della vita – facendogli credere che il suo scopo esistenziale sia quello di produrre e consumare – potrebbe essere un acquisto di saggezza! Attraverso la strategia del terrore, i terroristi ci offrono l’opportunità di riscoprire i veri valori della vita, al di là del produrre e consumare. Oltre a non voler dargliela vinta, ai fondamentalisti islamici, cambiare il modo di vita sarebbe trarre spunto dai fatti di Parigi per fermarci un attimo a riflettere.

W EDITORIALE 21-15 Paura Terrorismo Traiamo il bene dal male

Fallita la profezia dei Maya. Noi che faremo nel 2013?

di Vincenzo Giarritiello

Alla faccia dei Maya, del loro calendario, dei loro catastrofici esegeti e di quei tanti sparsi nel mondo che, credendo veritiera la profezia del popolo precolombiano secondo cui il 21.12.2012 il mondo sarebbe finito, spesero soldi nell’acquisto di rifugi antiatomici e kit di sopravvivenza – per farne cosa non si sa -,  ora sappiamo che non ci sono state inondazioni planetarie né deflagrazioni apocalittiche che spazzassero via dal cosmo il nostro pianeta.

Eppure, come ogni anno, anche il 2012 è stato caratterizzato da eventi spiacevoli, in alcuni casi davvero catastrofici: le piogge torrenziali nei paesi dell’Indocina che hanno prodotto centinaia di vittime; le stragi di civili del regime di Assad in Siria sotto lo sguardo inerme della comunità internazionale; le guerre etniche in Africa di cui nessuno parla perché si tratta di conflitti tra poveri che arricchiscono i trafficanti di armi occidentali: il tornado Sandy che a fine ottobre si è abbattuto su New York mettendo al tappeto una delle megalopoli più moderne del pianeta; vari terremoti sparsi per il mondo che hanno distrutto città e vite umane; la strage in una scuola elementare americana per opera di un folle il quale, dopo aver ucciso la propria madre, ha fatto irruzione nel complesso scolastico sterminando con un fucile mitragliatore sei maestre e venti bambini come se stesse giocando alla playstation; la fame nel mondo che ogni anno miete milioni di vittime, malgrado le buone intenzioni delle super potenze economiche di fronteggiare una volta e per sempre questa piaga endemica della nostra civiltà; l’eterno conflitto israeliano/palestinese che ogni anno mette a dura prova gli equilibri mondiali, facendo temere l’imminente esplosione di un escalation bellica in medioriente con tragiche ripercussioni a livello planetario; la crisi finanziaria che sta generando un crescente numero di disoccupati e nuovi poveri in tutto il mondo senza che nessuno riesca a trovarvi, o voglia trovarvi, una soluzione concreta; la dilagante corruzione politica e la commistione di interessi tra politica e mafia, in Italia e all’estero, che sta distruggendo le istituzioni, alimentando sempre più sfiducia e rabbia nei cittadini verso chi li governa; le stragi di fanatici religiosi che irrompono in luoghi di culto di altre religioni e fanno stragi di fedeli facendosi saltare in aria, prodi kamikaze nel nome di un Dio di morte, per garantirsi l’accesso in paradiso; sacerdoti che chiamano a sé i bambini per rubare loro l’innocenza appagando la propria depravazione, confidando nel silenzio complice delle autorità ecclesiastiche; uomini che “amano” le donne al punto da ucciderle pur di averle solo per sé; donne che partoriscono nel cesso di un fast food e abbandonano nella tazza i propri neonati a testa in giù, nemmeno li avessero defecati… Come ogni anno, anche il 2012 si è lasciato dietro un lungo strascico di dolore e di sangue che avvolge l’intero pianeta, facendo temere che la fine del mondo sia già in corso. Tragedie cui fanno da contraltare singoli episodi di gioia quali la nascita di un figlio, di un amore, di un’affermazione professionale, di un momento di serenità familiare e personale come può essere una  passeggiata al mare o in collina da soli o in compagnia.

Perfino laddove le grida e i lamenti generati dalla guerra e dalla fame si levano quotidianamente, le distinte vite umane vengono rischiarate per un istante dalla gioia incrociando con lo sguardo il sorriso amico di chi tende loro la mano stretta intorno a un pugno di riso o a un bicchiere d’acqua. Finché c’è vita c’è speranza.

I maya e i loro esegeti con la loro tragica profezia hanno provato a cancellare dall’animo degli uomini la speranza.

In tal senso cerchiamo di non riuscirci autonomamente, abbiamo a disposizione un nuovo anno per evitarlo.  Buon 2013 a tutti!

W Giarritiello FALLITA LA PROFEZIA DEI MAYA