Mese: Settembre 2016

SURVIVAL ART FESTIVAL

di Leandra Lanzetta

survivalSurvival rappresenta il primo festival internazionale organizzato presso il CAM, Contemporary Art Museum di Casoria.

Evento intensamente voluto dal brillante direttore artistico Antonio Manfredi il quale ha chiamato a raccolta più di 80 artisti provenienti non soltanto dal territorio nazionale, ma anche da oltre oceano al fine di dare risposta ad un quanto mai cruciale quesito: quale è la sopravvivenza dell’arte contemporanea?

La chiave concettuale dell’ambizioso progetto è insita proprio in questo interrogativo che non risulta essere fine a sé stesso ma che spazia attraverso temi ben più ampi.

Il primo dei quali coinvolge un aspetto piuttosto familiare, instillatosi oramai, tenacemente della quotidianità di ognuno: la spasmodica diffusione ed ostentazione di immagini.

Nella società contemporanea risulta essere tremendamente complicato destreggiarsi entro la giungla di immagini, icone e forme che ogni giorno ci vengono propinate, imposte; e siccome l’abitudine tende ad assopire lo stimolo lungo l’onda che trasporta verso l’accettazione e la rassegnazione, discernere immagini di spessore da quelle spazzatura inizia a divenire ostico.

Il fenomeno sembra essersi ingigantito a causa della capillare diffusione dei social media poiché ogni utente posta e diffonde in una manciata di secondi un immagine, che sia foto o di altra natura, che sembra rispecchiare la propria prospettiva personale sui temi più disparati.

Può allora, qualsiasi utente, considerarsi un artista?

Può un viaggio interiore, la cui conseguenza è uno studio, fondamenta di un’opera d’arte, essere equiparato ad un click?

Sicuramente non basta apporre un filtro “seppia” per considerare un’immagine, opera magistrale.

Il senso dell’opera d’arte è ben più profondo ed intimo.

Apprezzare o riconoscere il valore di un’opera contemporanea non è semplice e non è possibile costruire tra l’artista ed il suo pubblico un immediato rapporto diretto soddisfacente.

Ciò accade perché artista e pubblico sono differenti nelle intenzioni e nella storia, nel rapporto che intrattengono con la società cui appartengono, nel possedere principi estetici e gusti differenti.

Nonostante l’arte sia visibile e condivisibile da tutti, è comunque frutto di un processo interiore, non comunicabile totalmente perché proprio delle attività più remote del pensiero e dell’immaginario dell’artista; esistono immagini e pensieri che nonostante siano perfettamente delineati nella mente, non sono comunicabili all’esterno del proprio “io”; ed è proprio a causa nella natura “intima” della produzione artistica, che l’opera d’arte prodotta si disloca completamente dalla sfera dell’artista.

Nonostante tutto, il senso dell’arte è insito in questo concetto: esporre a qualcun’altro ciò che nasce e proviene dall’interno, così come un testo acquista la sua realtà estetica soltanto quando viene letto, l’opera d’arte ha funzione soltanto quando viene “vista”.

Da ciò ne consegue che nel momento in cui l’opera d’arte viene “esternalizzata” bisogna rendersi conto che essa perde il suo significato originario per assumerne di volta in volta, diversi e tanti, ecco perché l’opera va considerata “mutevole”. Ciò determina non solo che l’atto creativo può mutare a causa dell’influsso del comportamento dei recettori, ma che la reazione a sua volta, si modifica incessantemente sotto l’impressione dell’esposizione, comportando la nascita di nuovi modi di vedere, sentire, ascoltare e giudicare.

Ogni conoscenza acquisita, ci allontana sempre più da quello che eravamo in principio.

Il festival si fonda su una specifica esigenza, quella di mostrare una verità; in una società universale (ecco perché la natura internazionale della rassegna), in cui ormai si ha difficoltà a discernere il vero dal falso ed il reale dal “parallelo” o “virtuale”, si sente il bisogno di ritornare alle origini ed alla natura umana più profonda, intima e sincera.

Ogni opera che verrà esposta racconta di storie, di vicissitudini, di amori, ricordi e tragedie; ognuna di esse è un dono personale dell’artista offerto al suo pubblico affinché gli occhi possano “vedere”, nuovamente.

Proprio come nel “mito della caverna”, rotte le catene, ed aver riconosciuto la verità, non è più possibile ritornare all’oblio e alla non conoscenza.

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Storia d’Europa o Sogno Europeo? Convegno internazionale su Croce

di C. Gily Reda
Jeremy Rifkin
Jeremy Rifkin

Nel dare notizia del Convegno della Fondazione Croce del 22-23 settembre, su Croce, il Centro Studi Collingwood di Napoli lancia un concorso per i licei, che approfondiscano il suo pensiero in questo riguardo. Due anni fa il Centro nacque celebrando i 90 anni dal 1924, che fu l’anno cruciale per il Benedetto Croce politico, in quanto si schierò chiaramente contro il totalitarismo, venuto allo scoperto con il delitto Matteotti di cui Mussolini si assunse la colpa, seguito dalle leggi liberticide. Si assumeva così responsabilità e rischi, e perdeva amici cari. Croce così, sessantenne senatore del regno, ex ministro dell’Istruzione del governo Giolitti, diventò personaggio politico europeo, interprete del pensiero occidentale liberal democratico – come lui stesso diceva da tempo, unificando nell’ideale le due grandi correnti che nell’800 e anche dopo furono i simboli della contrapposizione politica – che mutando nome persiste in tutte le storie politiche – e sarebbe strano così non fosse. La contestazione però deve restare nei limiti liberali, non sancire che una delle parti ha diritto di opprimere l’altra, come nel totalitarismo e in genere nei regimi autoritari. Contro ciò con l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, il pensiero occidentale e l’Europa hanno detto parole chiare, rimaste maggioritarie.

Ma era anche l’antica voce del diritto romano, ricordava Croce nell’altra opera pure pubblicata nel 1924, la Storia del Regno di Napoli: che ricostruisce come il diritto giuridico romano fosse rimasto forte a Napoli, dove morì Romolo Augustolo e con Odoacre finì l’Impero. A Napoli il diritto romano continuò a vivere, come i Decumani nella nuova città: l’amministravano i Sedili, le corti di giustizia nei diversi quartieri, che arginavano il potere dei potenti. Antica voce del diritto romano che certo aveva il suo difetto nel rinforzare i diritti dei prepotenti che si erano eretti in Sedili anch’essi, i famosi ‘ baroni’, il che a Napoli impedì la costituzione di monarchie stabili – c’era sempre qualcuno che chiamava un principe estero – finché non vi s’impose la dinastia di Carlo V, in un modo e nell’altro, coi viceré e con i Borboni ormai indipendenti. La tradizione del diritto romano è l’anima della civilizzazione occidentale, se la si vuole abbandonare, si vaglino insieme gli esempi di altre civiltà e si scelga: ma non ha senso altrimenti che come esodo: una civiltà non si costruisce né con leggi né con costituzioni.

Il diritto delle genti si forma nel tempo, come bene dimostrò Collingwood, che tradusse opere di Croce in inglese e se ne giovò nella teoria. Nella sua opera Il Nuovo Leviatano nel 1940 denunciava i pericoli dell’attacco alla civiltà condotta dal nazismo, oggi sono altri i nemici, ma il tema è lo stesso: occorre studiare, mentre purtroppo la pubblicità di X Factor dice: Se il talento è nella tua pelle, perché perdere tempo – iscriviti? Lucignolo è diventato maître a penser. Speriamo che i nemici siano deboli: altrimenti, non ci resta che pregare.

Croce ci aiuta a pensare la storia, rendendosi conto del fatto e del fare; in tempi molto più recenti Rifkin ha stimolato gli europei a rilanciare Il sogno europeo, come Wolf ha ricordato nel numero 8 del 2014 (in archivio) in cui si rieditava la recensione. Costruito il nuovo sito, l’anno delle elezioni europee, 2014, si dedicò all’Europa; perciò nel n. 24 si riparlava di Rifkin per il glocale, il difficile equilibrio di locale e globale. Nel 2016 n. 9 si rilanciava l’idea aprendo la rubrica Europa, che ha già molti interventi, in questo numero su George Steiner. È il minimo da fare, per comprendere il senso di una guerra in corso che è giusto evitare di perdere: la sollecitazione veniva dalla constatazione della distrazione, se mancava tra le immagini raccolte da Saviano l’immagine più importante del 2015, quella di Charlie Hebdo: l’Europa attaccata vista dai tetti nelle vie – Saviano ha la testa altrove, sa far funzionare gli interessi. L’attacco al cuore dell’Europa gli è parsa poca cosa, mentre giustamente ricordava Aylan, il bimbo morto, simbolo certo un lutto terribile …  Saviano guarda il male, ma non cerca vie di azione. Sembravano le foto esposte anni fa all’Hotel de Ville, le barricate del 1871! Gli Americani si sono, pare, abituati all’11 settembre, se quest’anno è stata protagonista la polmonite di Clinton; ma per gli Europei, è questa immagine che è la ferita al cuore nostro, che impone non solo di compatire, ma di agire.

Con la storia o il sogno, con la memoria e l’utopia, e meglio ancora, con l’una e con l’altra occorre tornare a riflettere. Perciò nell’occasione del Convegno Crociano, grazie alla venuta a Napoli di studiosi internazionali, il Centro Collingwood organizzerà il lancio di un concorso per i licei che approfondiscano i filosofi italiani d’Europa sul tema “Croce e l’Europa II: la civilizzazione contro lo scontro delle civiltà”, proseguendo e ampliando il discorso del 2014. In questo numero c’è già il lungo intervento di Sonia Giusti, che onora il Centro della sua collaborazione, e apre il discorso ricordando gli studi collingwoodiani in Italia di cui lei stessa, antropologa, e il filosofo Luciano Dondoli, sono stati importanti rappresentanti fin dagli anni ’80 del secolo scorso. Occorre che l’Europa, iniziata con l’Euratom e il MEC, cresca infine. Gli accordi economici, stipulati anche perché convenienti alla politica di blocco, oggi sono diventati strumento di dominio – cioè di guerra, in queste guerre d’oggi che sembrano opere buffe, ma mietono vittime. Ciò è l’opposto dell’impulso di pace e unità che portò all’accordo, impulso nato nel Rinascimento, con Vico e con l’Illuminismo, fino sia a Croce che agli azionisti, come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che lo trasformarono nel Manifesto Politico a Ventotene.

Ma cosa dicevano? Sicuro che i ragazzi se lo ricordano? E gli adulti?  A ciò la sollecitazione di Wolf, che pubblicherà gli articoli brevi e le note che giungeranno, selezionando quelli più approfonditi al volume degli Atti dei due convegni, 2014 e 2016: di cui fa già parte anche l’articolo di Sonia Giusti nel presente numero.

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