Europa, sinonimo di Bellezza

La bellezza come base e contenuto per una nuova comunicazione dell’UE


di Mariano Bonavolontà, Editoriale

a un punto di vista epistemologico, la parola “Europa” suscita continuamente spunti di riflessione nelle più disparate discipline come altri pochi lemmi. “Europa” sprona gli studiosi di comunicazione ad approfondire le dinamiche con le quali il continente e l’UE si comunicano o vengono comunicati, i linguisti approfondiscono il crogiolo multilingue, i latinisti vedono in Roma la base della propria scienza, gli storici possono affondare a piene mani nelle millenarie vicissitudini storiche di quello che, non a caso, è chiamato “Vecchio continente” e gli storici dell’arte hanno solo l’imbarazzo della scelta.

Parlare di stile di vita europeo implica, innanzitutto, una riflessione di carattere estetico, nel senso tecnico del termine, ovvero della percezione delle emozioni e nel senso lato del termine, ovvero della perfezione e della bellezza.

Dal primo punto di vista, in effetti, il termine “Europa” appare contraddittorio, in quanto traina a sé un vasto carico emozionale bipolare o, addirittura, tripolare, scisso tra europeisti, euroscettici ed una fascia della popolazione che ristagna nella mancanza di opinione, a causa, spesso, di informazione distorta oppure mancanza di informazione. Non è possibile additare al semplice distaccamento delle diverse generazioni quest’ultimo sentimento di non interesse per una realtà così importante quale l’Unione europea, in quanto il sentimento europeista, specialmente in Italia, appare autogestito ed autogenerato, ovvero nato dalla spontanea volontà dei singoli e non guidato, alimentato, dalla corretta e pervasiva comunicazione che, invece, è necessaria in questi casi. In altri termini, la comunicazione tradizionale, che ancora riveste un ruolo primario non solo per le generazioni non giovanissime, non genera sufficiente dibattito per orientare una presa di posizione, accentua un sentimento euroscettico con spiegazioni resa dai politici sui media, che vedono l’UE come capro espiatorio di problematiche, in una dimensione semplicistica nella quale l’UE, dal canto suo, soffre di mancanza di voce all’interno dei media tradizionali.

Ovviamente, in questa sede non si sposa assolutamente l’idea della necessità di una cieca e mera propaganda pro-Europa, né l’idea della necessità di guidare verso un sentimento europeistico semplicemente attraverso una semplice promozione in risposta ai moti di comunicazione anti-Europa, così facendo, non si arriverebbe al risultato sperato di una piena consapevolezza dell’importantissimo ruolo dell’UE nella vita quotidiana, bensì è necessaria una dialettica tra le diverse posizioni e tra queste ultime e le istituzioni comunitarie, per una sedimentazione della consapevolezza europea in ogni cittadino europeo: una opinione identica ed eterodotta è artificiale.

In questo senso, l’UE si è mossa, da tempo, in maniera corretta, attraverso determinate operazioni di comunicazione: in primis i dialoghi con i cittadini durante l’Anno europeo a loro dedicato, attraverso le chat on line, attraverso eventi e campagne di ascolto.

L’altro punto di vista si riferisce invece al concetto di bellezza dell’Europa che può diventare una base per la comunicazione: la bellezza come fil rouge dello stile di vita europeo.

Nelle diverse campagne di comunicazione dell’Europa sul patrimonio artistico, naturalistico e culturale, quello che spicca è la ricchezza declinata alla immensa diversità europea. L’Europa abbraccia tutti i periodi storico-artistici che sono la cornice delle sue città, con particolare riferimento ad alcune città come Roma, Parigi, Bruxelles e molte altre, veri e propri musei a cielo aperto, che contribuiscono a rendere l’Europa la prima meta turistica al mondo.

La bellezza gioca un ruolo fondamentale nell’immagine di Europa, molto influente sull’immaginario collettivo europeo e soprattutto, extraeuropeo. Non è un caso che le pellicole che si focalizzano su di esso suscitano sempre un grande fascino, una irresistibile attrazione nel pubblico non europeo, non abituato, fondamentalmente, ad essere continuamente circondato dalla bellezza storica. Non bisogna sottovalutare la relatività della popolazione europea nei confronti di quella globale, sarebbe possibile parlare di una vera e propria necessità di bellezza estetica nella vita di ogni persona nella ipotetica piramide di Maslow, bisogno che verrebbe completamente colmato dal patrimonio europeo.

La retorica della bellezza è un’ottima chiave per rispondere con una forte e decisa dolcezza alle forze euroscettiche, antieuropeistiche, nazionalistiche. Si badi bene: non si tratta di rispolverare idee estetiche idealiste ottocentesche, né di imporre una sorta di continua sindrome di Stendhal. Parlare di retorica della bellezza, oggi, applicata all’Europa, implica una ben definita ottica pratica e pragmatica che declina contenuti imprenditoriali turistici, le attrattive delle bellezze naturalistiche dell’Europa, il grande romanzo storico tessuto dai secoli nel Vecchio Continente, senza mancare i contenuti scientifici e la profonda tradizione speculativa delle grandi università europee.

Sembra, dunque, che la bellezza, intesa in questa accezione, possa abbracciare diversi ambiti strategici per riformulare e riorientare il sentimento di appartenenza all’Unione europea.

Dal punto di vista comunicativo: il panorama della comunicazione sull‘Unione europea non sfrutta, quasi mai, il patrimonio estetico a disposizione. Le indagini specifiche dell’Eurobarometro stabiliscono a più riprese come nel bacino mediatico confluiscano pochi messaggi dedicati alle accezioni virtuose dell’Europa, annegati nel disinteresse o, peggio, nelle acque di scarico delle responsabilità politiche, stigmatizzando l’UE come impositrice di scelte ardue e difficili, di cui la classe politica nazionale non ha colpa. La responsabilità di questa dinamica, particolarmente visibile in Italia, non è attribuibile esclusivamente ai media tradizionali, perché questi ultimi devono sottostare alle logiche di mercato, emettendo prodotti mediali che intercettano gli interessi di fruitori evidentemente poco sensibili alle dinamiche comunitarie. È dunque una sorta di sistema che si autoalimenta che può essere spezzato con la retorica della bellezza.

Quest’ultima può essere considerata, senza timore d’errore uno dei diversi fili che intrecciano lo stile di vita europeo. L’idea della bellezza, del patrimonio culturale materiale che rispecchia una comune identità culturale immateriale, del patrimonio immateriale che  è sinonimo di basi sottese materiali alla cultura, è una strategia di comunicazione basata sui contenuti. L’Eurobarometro standard 79[1] Primavera sulla cittadinanza europea ha dimostrato come il concetto di cultura sia il cemento che, nella opinione media europea, possa essere alla base dell’identità europea.

Questo discorso è valido su diverse scale territoriali e dunque una comunicazione sullo stile di vita europeo può essere declinato nella dimensione partenopea, italiana ed europea.

Sfruttare l’idea di bellezza intesa in questo senso lato significa anche andare ad agire, a livello di comunicazione, sull’inconscio collettivo di immagini, stili e valori che ruotano attorno all’Europa, attecchendo sia nel popolo europeo che al suo esterno, seguendo un processo di associazione semantica simile a quello sfruttato dal settore privato in alcuni ambiti come, ad esempio, il Made in Italy, il Made in France e così via. Basti leggere, ad esempio, i romanzi russi, di come da Mosca o San Pietroburgo venivano viste le città europee; basti guardare film recenti americani, altro esempio, e di come sono rivisitate le attuali bellezze europee, come “Mangia, prega, ama” o “To Rome sito love”.

Soprattutto oltreoceano, le immagini italiane, ad esempio, sembrano ancora essere cristallizzate e raccontano il Bel Paese come crogiolo di buon vivere, buona cucina, arte ed artigianato. Si potrebbe tentare, a livello di comunicazione, di trasferire il medesimo processo, il medesimo metamodello, anche all’intera Unione europea. È dunque necessario identificare in primis i contenuti trasversali, tangibili ma anche abbastanza flessibili da essere adattati all’intera Unione, per poter poi applicarli all’interezza del suo unicum.

Un tentativo di successo, è già stato sperimentato con la campagna “Europe, whenever you are ready”, che può essere il giusto punto di partenza dal quale iniziare il cammino della comunicazione della bellezza.

Si potrebbe obiettare che una siffatta comunicazione possa parere anacronistica, passatista, ingenua e naïf. Tre sono le risposte a questa ipotetica obiezione. Innanzitutto, comunicare l’Unione europea significa anche trasmetterne i valori i quali, a loro volta, sono connessi, indissolubilmente, alla sua intrinseca bellezza. In secondo luogo, bisogna evitare di guardare con ribrezzo strategie di comunicazione che sembrano non innovative, ancorate al passato, perché una forzata e continua proiezione verso il “nuovo a tutti i costi” rischia di portare ad una comunicazione vuota. In terzo luogo, comunicare solo una realtà fatta di numeri, percentuali, dichiarazioni politiche, è solo un’illusione di veridicità: la realtà è anche sogno, limite a cui tendere, ideale e bellezza la quale, come Dostoevskij scriveva, salverà il mondo.

 


[1] Eurobarometro standard 79 – Primavera , pag. 32

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