I ritratti di Idria di Carlo Improta

al Museo Diocesano Giovedi 24 ottobre alle 17

di Redazione

A Largo Donnaregina, di fronte alla Curia di Napoli, c’è il Museo Diocesano, che continua sopra la Grande Chiesa. È anche l’accesso alla meravigliosa sala gotica di Donnaregina Vecchia, restaurata da qualche anno e ricca di un catalogo curato da G. Leone de Castris.

È la sede più bella per presentare I ritratti di Idria, di Carlo Improta, edito dalla Editrice Domenicana Italiana: dopo i saluti del Direttore del museo il Vicario generale alla cultura Mons. Adolfo Russo – ne parleranno Gily Reda, Luciana Mascia e Giuseppe Piccinno, coordinati da Silvana Lautieri del Centro Erich Fromm. Leggerà qualche brano Gianni Parisi. Ospiti, Dario dal Verme e Sandro Pasca di Magliana.

Nel n. 5 di Wolf c’è una lunga recensione del libro: eccone un’aggiunta che stringe più sul libro che sull’attività dell’autore, un artista dedito alla scultura come alla pittura … ma che si dimostra valido scrittore, che alterna teorie e narrazioni, sempre con penna scorrevole che riesce a dire di situazioni molto serie e tragiche anche – con una levità ammirevole.

Qui la relazione tra un pittore vittima di un lungo stallo dell’ispirazione – ARIDITà – e una ragazza giovane, una prostituta-schiava come tante ragazze venute dall’est che popolano le strade di notte, riesce a diventare il racconto di una strana amicizia, cui il sesso farebbe persino male, coprirebbe la garbata storietta di sordidi equivoci, di quelli che sempre circondano il pittore e la modella. Garbata, perché anche se narra una storia che appare reale, credibile, in cui esprimono pensieri veri, resta il sogno di un artista che scrive con naturale ironia e dolcezza – classiche doti degli artisti.

La storia che si racconta ha così personaggi vivi e veri, l’artista del duemila, sempre più incerto tra le avanguardie del 900, ormai così estenuate, e la ricerca del nuovo che conduce a riprovare temi e modi abbandonati da tempo: come il ritratto dal vero di una giovane donna. La ragazza prostituta schiava, così avvenente e fresca – se si pensa, suggerisce Carlo, alle donne stagionate e poco attraenti di una volta… che però quando si arriva al dunque esprime la stessa povertà di vita di cui parlavano i volti di quelle, la stessa convinzione di non avere alternative, che la via della prostituzione una volta presa non si lascia. Il gallerista di professione e critico d’arte, che valuta una produzione solo in ragione del prezzo che dell’arte, e si attiva poco e a fatica alla scommessa sul valore dei quadri. E ancora, sul finire, l’anziana ebrea che ricorda la Shoah nella tristissima arte del marito, che disegnò gli orrori del lager negli occhi dei ragazzi, come quella bambina che compare in copertina. Alla consegna di questi terribili disegni al gallerista, il dialogo magnifica la potenza del ritratto rispetto alle foto viste riviste da tutti… che realismo!! … e quindi il ritratto, anch’esso, fa parte dei protagonisti del libro, così impegnato nel gioco tra queste immagini terribili e invece la bellezza e freschezza della ragazza, che ride … si direbbe argentina… agli scherzi ed alla ventata di allegria che le dà questo romantico posare per un pittore, inventare una scena o un’altra, per suggerire all’artista il soggetto di altri quadri. Una ragazza tentata dalla strana avventura del suo riscatto, che accetta per un attimo di sognare anche per lei, per quel poco che può farlo senza estraniarsi dalla realtà sua – di cui però con sorprendente lucidità apprezza anche la gioia. Non è da poco sentirsi desiderata, ricercata, pagata profumatamente… ciò accade proprio per il suo essere libera e incapace di difendersi, andrebbe perduto in situazioni borghesi, dove la certezza diventa freddezza che non è preparata a sopportare, dopo tante sventure … è una ragazza perfettamente cosciente della situazione e persino troppo capace di giudicare con esattezza.

Ma la tentazione è forte, il pittore ragiona con la sua testa, il suo capolavoro sta nel ritrarre la fragranza d’una rosa in boccio, non vuole coltivare rose. Ignora la realtà di cui la ragazza sa dare giudizi giusti; il suo ‘amore’ – perché anche questo casto e rispettoso è amore – non sa capire il problema dato dalle condizioni storiche più che dalla sua libera volontà. L’uomo che non capisce il femminismo, non sa la sua diversa condizione, le donne sono educate e poste in situazioni che non somigliano a quelle di un uomo – si richiede ascolto per aiutare in modo efficace. Una conquista o anche semplicemente l’affermazione della propria libertà per una prostituta-schiava passa attraverso passaggi difficili che non possono essere forzati più di tanto.

Ma anche se poi la prostituta non potrà liberarsi dalla sua condizione – la bellezza dell’offerta e del racconto resta e dice a tutti i protagonisti su elencati che vale la pena di abbandonarsi alla ragione delle cose, vale la pena di affermare sinceramente il proprio interesse, di seguire il cuore…

Il pittore che paga la maturità conseguita in tante esperienze con l’inaridimento dell’entusiasmo di comporre sa superare il preconcetto che il figurativo è finito, quando sente accendersi l’interesse per una ragazza di strada che bussa alla porta perché inseguita dai malviventi con cui si guadagna da vivere. Ma sa trovare una via meno volgare del pagare il suo amore, sa ascoltare la voce che gli ha consigliato di preparare delle tele, e infine sa dipingere con soddisfazione: senza la solita angoscia finale di stare al giudizio del critico e del gallerista. Il bello soddisfa perché compiace, ti mette a posto con la testa.

La ragazza vive la sua breve infanzia; nonostante la sua saggezza, il suo ben conoscere la sua povertà, non si nega il respiro dolce di un sogno, di un chissà… pieno del profumo di quel che vale… rischiare infine e ridere allegra alle incredibili storie che le racconta Terenzio, come quella del marinare la scuola per passeggiare con tre amici e sceneggiare incredibili gag coinvolgendo un intero tram a prendere le parti di un finto frate innamorato di una ragazza che non lo merita… un racconto che fa ridere anche chi legge, per la napoletanità della scena, che ancora trent’anni fa era del tutto credibile… anche per la finale ricerca dei numeri del lotto da giocare!

E così è per gli altri, il gallerista convinto a tentare, la sopravvissuta ebrea che capisce che il valore di un episodio così triste sta nel renderlo noto a tutti, trasformando il male in bene…

Insomma un racconto bello da leggere, Carlo Improta ha saputo dare alle parole il dono di comunicare tanto in poche pagine, un ricordo che resta come un quadro. Più delle sue teorie questo quadro s’imprime nella memoria sfumando le immagini di dramma e allegria, se non proprio commedia. Carlo sa questa dote del racconto breve è preziosa, e anche nelle sue ‘teorie’ infila raccontini che restano nella mente come chiodi: ma non usa immagini in figura qui ma solo storiette in parole, con nomi sempre così speciali che solo quando si impatta nel gallerista, ci si trova a parlare con un ‘Mario’…

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