La violenza di genere come motivo ispiratore nella musica contemporanea (2)

Vincenzo Curion

La denuncia. Punti notevoli.

Il ruolo dell’arte nella denuncia. Tra riconoscimento estetico e estetizzazione.

L’etimologia della parola denuncia vuole che essa sia “un atto formale con il quale si dà notizia alla competente autorità di un reato perseguibile d’ufficio”. Solo per estensione, la denuncia si definisce come “Segnalazione alla pubblica opinione, con spirito e tono di accusa”. L’aspetto emotivo, in questa seconda accezione, prende il sopravvento sull’asettico atto “di conferimento di una notizia”.

Di colpo i particolari acquistano colori e vivacità e la rappresentazione diventa seppure veritiera, “meno misurabile” nella sua gravità. È il testimone, o presunto tale, che riconfigura i particolari attribuendogli significati secondo la sua propria sensibilità. Di fatto è una distorsione della realtà che viene filtrata secondo la sensibilità del singolo che riversa nella propria descrizione una propria emozione e messaggi soggettivi.

In maniera inconsapevole il denunciante diventa “artista”. A fermare il diffondersi del point of view è evidentemente la scarsa attenzione mediatica. Ma cosa accade se chi descrive una violenza è un artista?

Va subito chiarito che Il discorso artistico è un discorso estremamente complesso e articolato. Per certi versi è addirittura temuto. Platone ad esempio nei suoi scritti, si riferisce spesso alla poesia come a una forma di retorica, la cui influenza è persuasiva e quindi spesso dannosa. Il senso dell’Arte è racchiuso nell’uso di linguaggi non lineari, forse criptici; come invece accade per la scienza e per la tecnica che, sottostando a rigidi formalismi espressivi, danno apparentemente una maggiore garanzia per l’autenticità e la diffusibilità. Nonostante la complessità del linguaggio dell’arte, a questa è attribuita una forza espressiva e divulgativa talvolta ben superiore al linguaggio tecnico-scientifico. Padroneggiare i linguaggi dell’arte ed i messaggi da essi veicolati non è un compito semplice. Il fruitore rischia di essere travolto dalla pervasività del mezzo introiettando significati senza categorizzarli e riconoscerli come tali. Poiché l’attribuzione di unità di senso complessivo dell’individuo si sostanzia sia sugli aspetti più pratici sia su quelli più emotivo relazionali e poiché sia gli uni che gli altri sono corroborati dalle esperienze, ne consegue che tutte le esperienze devono essere oggetto di comprensione di senso. Di conseguenza vi è necessità di apprendere come riconoscere il senso di quanto si fruisce.

In seconda analisi da tempo la manifestazione artistica, che da sempre ha inteso essere una forma di coscienza collettiva della società che la fruisce, subisce da tempo un fenomeno di estetizzazione abbinato ad un progressivo inglobamento dell’arte nella società capitalistica, la quale pur di continuare a produrre valore economico è costretta di continuo a ricorrere all’arte e alle sue creazioni per legittimare sul piano sociale i suoi prodotti e le sue marche.

Questo fenomeno, rapidamente cresciuto negli anni Ottanta e Novanta può essere fatto risalire a Walter Benjamin che, nel celebre saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, pubblicato per la prima volta nel 1936, trattò il tema della diffusione sociale dell’estetica, sebbene in quel testo quando utilizzava il termine estetizzazione si riferisse specificamente all’ambito della politica. Tre anni dopo, nel saggio “Di alcuni motivi in Baudelaire”, egli mostrò una maggiore consapevolezza del ruolo svolto dal processo di estetizzazione all’interno del sistema sociale e sostenne che nelle società capitalistiche la sensazione tende progressivamente a sostituire l’informazione, il che ci riporta al problema della “sensazionalizzazione” piuttosto che all’offrire allo spettatore uno stimolo per la sua riflessione. Cosa accade se l’informazione di denuncia è sostituita dalla sensazione dell’”espressione artistica?”

Il discorso estetico.

Nel considerare l’espressione artistica va subito fatta una precisazione. Tutto può essere arte ma l’arte ha una sua riconoscibilità che le permette di essere individuata dalla mera riproduzione di vero e verosimile.

Per comprendere dove sia il limite tra arte e mera riproduzione, -quando non è apertamente manipolazione-, occorre fare un passo indietro e andare a considerare cosa voglia dire Arte e cosa possa veicolare in termini di messaggio.

Anche se il moderno discorso artistico ci ha abituato a pensare che anche nell’allineamento dei numeri in un foglio di calcolo ci può essere del bello, bisogna riconoscere che quel messaggio manca pur sempre di una universalità che è un altro dei capisaldi dell’Arte.

Dagli albori della storia umana fino ai nostri giorni, il termine Arte racchiude il concetto di lavoro di creatività. Ogni atto creativo è dunque ascrivibile nel novero delle manifestazioni artistiche.

Il valore della manifestazione artistica è invece commisurato alla riconoscibilità del messaggio che esso veicola. La riconoscibilità conferma che l’Arte è sì universale ma è anche espressione culturale. Non potrebbe essere altrimenti: la scelta di un colore, una sequenza armonica, una forma geometrica, assumono un diverso significato a diversa latitudine. Il bianco è ad esempio il colore del lutto presso i Cinesi, laddove per noi è il nero. Un quadro con predominanza di bianco sarà diversamente interpretato a seconda di chi lo realizza o lo osserva. Altrettanto per la musica. Per i Cinesi è immediato comporre melodie partendo ad esempio da scale musicali con sole cinque note, laddove per i greci la scala modale ha sette note ed è alla base della teoria e della composizione musicale di tutto l’Occidente.

L’unico aspetto condiviso da tutti a tutte le latitudini riconducibile all’Arte è “la bellezza”che si trasfonde, per tramite della maestria dell’artista, dalla sua osservazione alla persona del fruitore. L’Arte sarebbe il mezzo con cui si propaga “la bellezza conosciuta” attraverso la sensibilità. La conoscenza del sensibile porta a definire l’estetica.

La conoscenza del sensibile.

Quando A. Baumgarten nel 1735 adotta per la prima volta il termine estetica, partendo da considerazioni sulla filosofia leibniziana, per la quale “la bellezza è il grado più alto della conoscenza sensibile, ancora ‘confusa’, per quanto non più ‘oscura’ come la mera sensazione, ma già ‘chiara’, sebbene non ancora ‘distinta’ come la conoscenza intellettiva”; egli sottolinea che si tratta pur sempre di una conoscenza sensibile. Nelle Meditatione philosophicae de nonnullis ad poëma pertinentibus, il filosofo tedesco muove dalla considerazione che, così come esiste una scienza dei contenuti intellettuali, la logica, allo stesso modo dovrebbe esistere una scienza dei dati sensibili della conoscenza, che andrebbe chiamata estetica.

Si può chiamare aisthetiké (sottintendendo episteme) la disciplina che studia le sensazioni (táaisthetá) in modo simmetrico a quel che la logica (logiké episteme) fa con gli aspetti intellettuali e razionali (tánoetá)”.

Ricollegandosi a Leibniz, Baumgarten sottolinea che la conoscenza progredisce non solo attraverso le idee chiare e distinte fornite dall’intelletto, ma anche attraverso gli stimoli forniti dalle sensazioni. Nella sua visione, non c’è una contrapposizione radicale fra sensibilità e intelletto. Tra il sensibile e l’intellettuale-razionale c’è piuttosto un percorso ascendente, “così come si transita dal buio della notte alla luce del giorno con il progressivo diffondersi della luce dell’aurora”.

Su queste basi è quindi possibile una scienza della conoscenza sensibile dove l’espressione artistica sarebbe dunque una “summa”, una crasi di una pluralità di significati più o meno simbolizzati. In questo personale lavoro dell’artista sarebbe racchiuso l’universalità del messaggio, che è comunque formulato in una dimensione dialogica tra la sensibilità dell’uno e la pluralità sociale. Inoltre l’universalità del messaggio non implica la comprensione di chiunque. Stratificazioni culturali, disconoscimenti e riconoscimenti progressivi fanno sì che i gradi di comprensione siano molteplici.

Il messaggio seppure “nato universale” si specializza nel recepimento, con conseguente pregiudizio della sua comunicabilità.

Il discorso estetico oltre l’Arte.

Una infinità di cose – un filo d’erba, un paesaggio, un volto o un vestito, un’atmosfera, o l’esecuzione di un opera – si possono definire belle senza pensarci troppo; quando queste ci parlano e ci invitano,ci attraggono e conquistano in una determinata maniera per cui noi – in un certo qual modo interessati, totalmente rapiti in questo stato di sospensione –, volentieri torniamo ad esse e vogliamo custodirle

o ricrearle. E se determinate caratteristiche delle cose siano belle o brutte, sembra lo si possa capire semplicemente considerando se esse piacciono per sé o non piacciono, senza tenere conto di altri interessi. L’idea che l’estetica sia una teoria del sensibile riporta alle origini stesse della disciplina. Con il passare del tempo il significato del termine subisce diversi rimaneggiamenti divenendo oggetto di diverseinterpretazioni. È estetica la filosofia dell’arte, come sostiene Arthur Danto (cit. La trasfigurazione del banale (1982). Danto è fermamente convinto che quel che vale la pena costruire è una filosofia dell’arte, e per di più una filosofia dell’arte che rinuncia a considerare necessari per l’opera d’arte proprio gli aspetti “estetici”, cioè sensibili, quelli che possiamo vedere o udire, dato che a fare l’opera d’arte è in primo luogo quel che sappiamo, non quel che sentiamo) o è piuttosto una filosofia del senso e delle sensazioni, come anticipò Garroni?

Abbracciando la prima tesi si riuscirebbe a trovare un senso comune trasversale a tutte le opere e le forme d’arte anche quelle non riconosciute come tali dall’”estabilishment culturale”. Sposando invece la seconda tesi si potrebbe ad esempio parlare di estetica del fumetto, del design. Si potrebbero dunque mutuare delle specializzazioni e delle caratterizzazioni, ampliando così il campo d’indagine dell’estetica anche a ciò che difficilmente può essere ricompreso nel concetto di Arte. In questo modo l’estetica diverrebbe al pari della logica, una metodica per indagare le esperienze della vita quotidiana, ivi comprese anche quelle più dolorose. L’indagine per altro sarebbe rapidamente estendibile a tutti i sensi e non solo a quelli usuali su cui nei secoli filosofi, artisti e pensatori si sono concentrati. Le teorie estetiche infatti hanno privilegiato in senso estetico la vista e l’udito in qualità di “sensi della distanza”, i quali si suppone tengano gli oggetti percepiti a distanza, rispetto agli altri intesi come “sensi della vicinanza”, tutto ciò ha ragioni che non risiedono nella cosa stessa. Una distinzione simile rende del tutto incomprensibile come mai cose e fenomeni definiti “belli” non solo ci osservino o trovino favore “da lontano”, ma possano toccarci ogni volta e farsi così vicini a tal punto da farci rabbrividire e “toglierci i sensi”.

La Musica come linguaggio artistico.

Le teorie estetiche hanno considerato specificatamente vista e udito per le loro speculazioni riuscendo nel tempo a definire l’estetica visiva e l’estetica musicale. Non è possibile parlare di uno sviluppo autonomo dell’estetica musicale prima del ‘700, tuttavia già Aristotele aveva un proprio pensiero “estetico” influenzato da quello platonico secondo il quale la musica adempie a tre funzioni: educativa, catartica ed edonistica (di puro diletto).

Fu l’Illuminismo ad impostare su basi scientifiche lo studio delle leggi inerenti al linguaggio musicale sottraendolo alle perduranti remore metafisiche. Oggetto di rivalutazione nella cultura romantica, la musica riacquistò il primo posto nella tradizionale gerarchia delle arti, considerandola il linguaggio dell’assoluto e il vertice delle possibilità espressive dell’uomo. Con Eduard Hanslick, che si ricollegava al formalismo herbartiano, esso pose inoltre le premesse per un’analisi del linguaggio musicale. Questo indirizzo, cui si ricollegò la Musikwissenschaft (scienza della musica) germanica e anglosassone, è stato alla base di molti sviluppi delle poetiche e delle estetiche del ‘900 (per es., Gisèle Brelet, Boris de Schloezer, Suzanne Langer, Leonard B. Meyer), arricchendosi anche degli apporti della psicologia della forma e delle indagini sul linguaggio della musica contemporanea operate spesso dagli stessi compositori (Arnold Schönberg, Anton von Webern, Paul Hindemith, Igor Stravinskij, John Cage, Karlheinz Stockhausen, Pierre Boulez, Henri Pousseur ecc.). Una caratteristica dell’estetica musicale del sec. XX è la varietà dei presupposti metodologici. Se in Italia l’estetica musicale è stata per lungo tempo legata all’idealismo crociano (cosa che non ha precluso la nascita di indirizzi diversi, come la prospettiva marxista-fenomenologica di Luigi Rognoni), altrove sono prevalse altre metodologie: da quella sociologica di Theodor W. Adorno a quelle fenomenologiche (seppure divergenti) di René Leibowitz ed Ernest Ansermet, alle prospettive strutturalistiche di Claude Lévi-Strauss.

La mutazione estetica.

Oggi il focus estetico riesce a ricomprendere anche le atmosfere quotidiane raccogliendo anche quei messaggi che non sono propriamente edificanti. Non sempre un artista sceglie di rappresentare il “bello morale”, ma bensì segue un proprio percorso di rappresentazione del “bello terrificante”, quello che turba lo spettatore, che proviene anche da un lato meno piacevole ed edificante del reale. Già nel discorso Aristotelico si individuava nell’Arte una forma di replica del reale (“Imitazione”), che l’Artista – scrittore , poeta, autore- esegue più o meno fedelmente per suscitare una emozione nel pubblico. Scrive Aristotele: “[…]in primo luogo l’imitare è connaturato agli uomini fin da bambini, ed in questo [l’uomo] si differenzia dagli altri animali perché è quello più proclive ad imitare e perché i primi insegnamenti se li procaccia per mezzo dell’imitazione. In secondo luogo tutti si rallegrano delle cose imitate. […] cose che vediamo con disgusto le guardiamo invece con piacere nelle immagini quanto più siano rese con esattezza, come ad esempio le forme delle bestie più ripugnanti e dei cadaveri. La ragione poi di questo fatto è che l’apprendere riesce piacevolissimo non soltanto ai filosofi ma anche agli altri, per quanto poco ne possano partecipare. Per questo infatti si rallegrano nel vedere le immagini, perché succede che a guardarle apprendono e ci ragionano sopra riconoscendo ad esempio chi è la persona ritratta;” Quale che sia il fine della sua rappresentazione: denuncia?, condanna?, allerta?, nella scelta della tematica è insita la necessità di adoperare con maestria la propria capacità espressiva perché il messaggio arrivi al fruitore con l’energia dovuta. Non a caso la riconoscibilità dell’artista è anche nel fatto che la sua produzione ha dei filoni conduttori da cui non si discosta, salvo creare incertezza e incredulità nel proprio pubblico. Ad esempio Barry White era solito dire che:”lascio tranquillamente a [Bob] Dylan la capacità di denunciare nelle sue canzoni” .

Nel caso di tematiche tragiche,il primo a trattare in maniera organica la loro resa artistica fu Aristotele, che individuò la necessità di creare una tensione per far sì che pietà e terrore, tocchino le corde più intime dello spettatore-ascoltatore e lo conducano alla catarsi:”La pietà (ελεος) ed il terrore (φοβος) sono il veicolo principale della catarsi” tragica.

La pietà, è una forma di sofferenza nei confronti di chi ha subito un male senza meritarlo. È il sentimento dei i vecchi, i deboli, i timidi e le persone colte. È un senso di compartecipazione al dolore dell’altro. Ne è apparentemente escluso chi è arrogante o chi è caduto in rovina: il dolore soggettivo di questi ultimi non ammette la possibilità di rispecchiarsi nel dolore per la disgrazia altrui.

Il terrore viene definito come la sofferenza per un male imminente ed ineludibile; ad esempio si ha paura della morte solo quando è prossima, mentre prima di allora non la si teme. L’uomo nella disposizione d’animo di provare terrore è colui che teme che quell’accadimento porterà rovina; di conseguenza, coloro che vivono nella prosperità o hanno provato grandi mali hanno meno paura. Nella tragedia, gli spettatori sono portati a provare terrore giacché conoscono sin dall’inizio la conclusione del mito ed i suoi eventi rovinosi (ironia tragica).

Nel discorso Aristotelico si stabilisce che la bontà di un’opera nella capacità di rendere coinvolgente quell’imitazione.

Duemila e trecento anni dopo, ai giorni nostri in un’epoca di “trans estetica” per dirla con Lipovetsky e Serroy, ancora valutiamo sulla base di quei canoni: un’opera d’arte ci affascina se è in grado di colpirci con la sua “bellezza”. In realtà il concetto di bellezza ha subito diversi corsi e ricorsi storici per cui in estetica si parla ancora di bello ma è mutato il senso di ciò che è bello.

Anche i fenomeni estetici non sono più separati e circoscritti alla realtà dello spettacolo. Essi sono pienamente inseriti nei mondi della produzione, della commercializzazione e della comunicazione., la quale si fonda sulla combinazione e sul rimescolamento degli ambiti e dei generi, ma anche sull’iperbole e sulla ricerca di eccessi. Inoltre, si diffonde a tutti gli strati sociali, così come si espande progressivamente a livello planetario. Con il positivo risultato di innalzare il livello di competenza estetica di tutti gli individui. Ma, come si è detto, Lipovetsky e Serroy ritengono che il capitalismo estetico sia caratterizzato principalmente dalla convivenza di aspetti paradossali. Pertanto, in esso si possono trovare accostati la ricerca della bellezza e il cattivo gusto, l’estetizzazione e la degradazione dell’ambiente, la felicità e l’ansia.

Il senso del tragico.

È sempre Aristotele che formalizza per primo il senso del tragico a cui si rifà tutta la cultura occidentale. Egli scrive:”La tragedia è dunque imitazione di una azione nobile e compiuta, avente grandezza, in un linguaggio adorno(“Chiamo “linguaggio adorno” quello che ha ritmo e armonia, e con “in modo specificamente diverso” intendo che alcune parti sono rifinite soltanto con il metro e altre invece anche con il canto.”) in modo specificamente diverso per ciascuna delle parti, di persone che agiscono e non per mezzo di narrazione, la quale per mezzo della pietà e del terrore finisce con l’effettuare la purificazione di cosiffatte passioni. […] […]La tragedia infatti è imitazione non di uomini ma di azioni e di un’esistenza, [..]le azioni e il racconto costituiscono il fine nella tragedia, e il fine è di tutte le cose quella più importante. principio e quasi anima della tragedia è il racconto, […] i racconti composti bene non debbono né incominciare donde càpita né finire dove càpita, ma valersi delle forme ora indicate.[…] Ma, poiché la tragedia è imitazione non soltanto di un’azione compiuta, ma anche di casi terribili e pietosi, questo effetto nasce soprattutto quando i fatti si svolgono gli uni dagli altri contro l’aspettativa, giacché avranno a questo modo ben più del sorprendente che se si producessero per caso o fortuitamente; […]. Egli aggiunge poi una descrizione dell’orrendo:” fatto orrendo è un’azione che reca rovina o dolore, come ad esempio le morti che avvengono sulla scena, le sofferenze, le ferite e cose simili”.

Al di là dei canoni estetici della tragedia è noto che Aristotele aveva trasferito la possibilità di osservare con divertimento «ciò che noi nella realtà guardiamo soltanto con disagio» nella mimesis, nel senso di una «riproduzione il più possibile fedele». Così ciò che è ripugnante potrebbe divenire il subject di una rappresentazione metaforicamente bella. Non si tratterebbe tuttavia di una bellezza che provoca piacere ma bensì di una bellezza che non reca dolore perché non vissuta in prima persona.

Attraverso di essa sarebbe possibile, nel processo catartico, esperire vissuti che diversamente sarebbero estremamente traumatici e dolorosi. A livello di psiche si vivrebbe una sorta di “esorcismo della paura”, con la persona che vivrebbe quella esperienza senza però correrne i rischi. In questo modo la “bellezza” del riprodotto sarebbe da ricercare nella capacità che questa emulazione ha di essere quanto più verosimile.

Successivamente, Kant affermerà di avere scoperto il bello terribile e violento nel sentimento contrastante del sublime, nel quale veniamo sopraffatti da una smisurata grandezza o virtualmente da una potenza irresistibile, pur sapendo tuttavia che il sublime concerne il nostro stato d’animo e non l’oggetto e che «nel pericolo non c’è nulla di serio». In questo modo il filosofo tedesco e con lui il conterraneo Schiller con le loro speculazioni spianarono la strada all’esperienza della bellezza non solo nelle cose e nei fenomeni, ma anche nelle rappresentazioni, nei frutti della fantasia,nei sogni o nei pensieri, perfino in determinati sentimenti, emozioni,passioni e comportamenti e non da ultimo nella lingua della poesia,nella quale tutto ciò può essere espresso in modo bello pur essendo associato ad un argomento estremamente “brutto”.

Il pericolo dell’estetizzazione della violenza.

Nel 1991, Joel Black, professore di letteratura dell’Università della Georgia, affermò che: «Se, tra tutte le azioni umane possibili, ce n’è una che evoca l’esperienza estetica del sublime, di certo si tratta dell’omicidio». Black notò che «Se l’omicidio può essere una forma d’arte, allora l’omicida è una sorta di artista — o un anti-artista — la cui arte si manifesta quale “performance” e la cui specificità non consiste nel “creare”, ma nel “distruggere”». Quest’idea dell’esaltazione estetica dell’omicidio quale manifestazione di elementi estetici è di vecchia data, e risale al 1890. Di poco successiva la traccia nel Manifesto Futurista di Marinetti in cui”La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno” o anche “Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo”. Sembrerebbe dunque che, l’idea di indagare il malvagio attraverso l’estetica non sia tanto recondita. Ai giorni nostri il mondo dell’arte in senso lato e, in particolare, le arti visive e la letteratura hanno estetizzato la violenza al punto da renderla una forma d’arte autonoma. Questo fatto non è da poco giacché il processo di estetizzazione comporta conseguenze sociali non banali. Il primo autore a evidenziare le conseguenze sociali dell’estetizzazione fu, alla fine dell’Ottocento, Georg Simmel, il quale era convinto che solamente comprendendo pienamente la sfera sociale dell’estetica fosse possibile cogliere la vera natura delle società moderne. Che cioè analizzando come i linguaggi artistici si applicano nella quotidianità a molteplici forme d’espressione si potesse adeguatamente interpretare il sistema sociale. Analizzando l’aspetto sociale dell’estetizzazione della violenza staremmo dunque esaminando il nostro sistema sociale.

La bellezza come strumento di conoscenza del male.

Diversamente da quanto sostiene Adorno secondo il quale dopo Auschwitz “non è più possibile la poesia”, perché “un fatto raccapricciante che oltrepassa ogni misura non può essere tematizzato in nessuna bellezza tremenda”, il discorso estetico dovrebbe essere più vivo e acuto che mai proprio per affinare e mantenere viva la capacità di conoscere ed interpretare il vissuto, oggetto dell’estetica contemporanea. Interpretando correttamente l’estetizzazione del quotidiano si riuscirebbe ad esaminare il nostro sistema sociale, improntato alla ricerca ostinata del procurarsi piacere. L’osservatore attento non si lascerà convincere che “è stato eliminato il male” e che si opera solo per “conoscere diversi livelli di benessere”. Al contrario, egli per potere venire a conoscenza dell’essenza di ciò che è ributtante nella bellezza del tremendo e dello spaventoso, può cercare il godimento di uno stato doloroso della bellezza, avendo fatta propria la lezione di Aristotele in primis: la “paura” deve potersi trasformare e “purificare” dal predominio, come uno stato psichico che, a cospetto del brutto, riferiamo a noi stessi. Soltanto allora la disposizione d’animo e il tono prenderanno il carattere dello stesso oggetto avvertito dolorosamente, nel quale si manifesta la bellezza anche dell’orrido e dello spaventoso”.

Stupore (Thaumas) e apparenza (Elektra) un tempo erano visti come i mezzi per accedere a forme di senso del tutto diverse da quelle predominanti nella vita di ogni giorno, perché rendevano accessibile la bellezza di ciò che è estraneo e sospetto nelle cose e negli avvenimenti.

Analogamente anche il tremendo e lo spaventoso possono essere qualità della “bellezza” purché siano comprese, anche se stranianti per l’osservatore, e accolte con la disposizione d’animo opportuna.

L’essenza mostruosa del tremendo di ciò che è brutto e ripugnante, informe, brutale, distruttivo, mostruoso e diabolico, come un episodio di violenza, può trovare un’approvazione alla sua bellezza senza che l’ascoltatore sia pienamente consapevole, con evidenti ricadute morali alquanto discutibili.

In modi analoghi e dunque per certi versi assuefacenti anche ciò che è monotono, privo di importanza e cattivo, ciò che è informe e deforme, brutto, orrendo, raccapricciante, può giungere alla bellezza pur non venendo tramutato mai in bello. Anche in questo caso il fruitore, da un lato farebbe la “conoscenza estetica del male”; dall’altro non ne comprenderebbe il senso accettandolo acriticamente e minando la sua capacità di rispondere.

La contestualizzazione necessaria.

La fruizione “acritica”, “priva di cultura estetica”, finisce con il tradursi in un ascolto privo di problematizzazione con evidente impoverimento dello stesso fruitore. A riguardo se la bellezza si esprime in primo luogo mediante le intuizioni e i sentimenti di chi fruisce dell’opera creativa è evidente che solo opportune educazione e predisposizione permettono di comprendere il messaggio che si vuole trasferire.

Con il frammentarsi della conoscenza e il frenetico cambiare dei livelli di attenzione a cui siamo sottoposti quotidianamente, il pericolo incombente è quello dell’annichilimento del senso di ciò che si fruisce con un evidente esercizio a “rispondere con l’emozione sbagliata” al messaggio fruito. È anche questo frutto del processo di estetizzazione a cui la cultura di massa ci ha esposto: il dolore e la violenza, fruiti in una modalità decontestualizzata, finiscono con il determinare assuefazione piuttosto che indignazione, anche se l’evoluzione della specie umana è avvenuta proprio grazie al meccanismo dei neuroni a specchio che ci consentono di provare empatia e di conoscere attraverso l’altro.

Il crescente livello di violenza a cui siamo esposti fa sì che sempre più spesso si percepisca la violenza come un qualcosa di inevitabile se non addirittura un qualcosa di necessario, perfino gradito. Un falso assioma lega violenza ad energia, veicolando l’idea che ciò che non è violento non è energico ed è perciò poco incisivo. Manca l’idea di una energia che non abbia la forma “dello schiaffo e del pugno” per dirla con Marinetti e l’organizzazione delle nostre società intorno al concetto di simulazione e di gioco delle immagini, come sostiene Baudrillard non fa che accrescere questa mancanza, permettendo alla violenza di penetrare anche nella sfera più intima dei rapporti interpersonali.

La fruizione tra sensibilizzazione e desensibilizzazione.

La sensibilizzazione dell’opinione pubblica non può che essere plaudita. Essa mette in moto politiche sociali più efficaci e permette la diminuzione della paura e una maggiore propensione delle vittime a denunciare. Tuttavia spesso la mobilitazione popolare non nasce dalla consapevolezza di un fatto oggettivo quanto dalla sua trasposizione in chiave artistica e dunque l’artista ha delle responsabilità di ordine morale ogni volta che adopera la sua Arte. La pericolosità dell’Arte è nota da millenni. Lo stesso Platone nella repubblica ideale, suggerisce di mettere al bando i poeti, in quanto la loro capacità di creare descrizioni esteticamente piacevoli dei comportamenti immorali avrebbe potuto corrompere la mente dei giovani. Il filosofo pensa che soprattutto la poesia tragica, non mediata dal pensiero filosofico, possa rappresentare un pericolo per lo spirito e per la comunità, poiché provoca e alimenta i disturbi psichici, o un generale stato patologico. Essa infatti induce uno stato di sogno, ovvero una condizione in cui la capacità di critica è assente e nella quale ci si perde annegando in uno stato di dolore, afflizione, rabbia e risentimento.

In pratica, per Platone, ciò che viene visto a teatro, nell’ambiente domestico, o nelle proprie fantasie è del tutto collegato a ciò che di fatto viene poi compiuto nella vita reale. La vita vissuta sarebbe dunque anche una rivisitazione di quanto “introiettato” o pensato.

Al contrario, Aristotele, nella Politica, sostiene ampiamente il continuo ricorso alla musica, al teatro e alla tragedia. Queste attività rappresentano, infatti, un’occasione per gli individui di liberarsi delle proprie emozioni negative. Alla fine della Politica egli fa riferimento alla catarsi, ovvero a quanto può accadere ascoltando un brano musicale che susciti paura o compassione: coloro che lo ascoltano possono essere “posseduti” da queste emozioni negative. In seguito, secondo Aristotele, queste persone tornano al proprio stato normale, sperimentando perfino un senso di piacevole sollievo, proprio come se fossero state sottoposte a cure specifiche e a trattamenti purificanti. Allo stesso modo, la musica può anche dare occasione di sperimentare una gioia semplice e pura. Ai giorni nostri i critici; che si occupano in primo luogo di messaggi legati al contesto cinematografico, sono divisi sul giudizio da dare. Secondo alcuni la fruizione di contenuti violenti potrebbe perfino stimolare una catarsi poiché permette la scarica dell’aggressività latente dello spettatore, riducendo la possibilità di comportamenti violenti. Tali conclusioni vorrebbero suggerire, quindi, che la rappresentazione realistica della violenza è un bene dal punto di vista sociale e la sua messa in onda non dovrebbe essere limitata.

Per contro, con la sua teoria della disibinizione, Leonard Berkowitz (1977, 1986) sostiene che in alcune persone, l’aggressività viene naturalmente regolata e “repressa”, ma un ossessivo interesse per un immaginario violento fruito tramite il cinema o la televisione, potrebbe indebolire questa naturale capacità inibitoria, guidando al rilascio dell’aggressività, a quel punto percepita come accettabile. Tale visione è del tutto affine alla cosiddetta teoria della desensibilizzazione, secondo la quale la fruizione di un immaginario violento condiziona gradualmente lo spettatore fino a condurlo alla percezione della violenza quale evento “normale”, affievolendo, così, la sensibilità “naturale” nei confronti dei comportamenti aggressivi presenti nella vita di ogni giorno.

Analisi dei testi.

Il rapporto uomo donna è da sempre un tema centrale delle poetiche. L’amore è un sentimento universale. Ciò non toglie che esso sebbene sia vissuto da tutti almeno una volta nella vita, di fatto non è mai simile a sé stesso. Ragion per cui chiunque può formulare una propria teoria paradigmatica di tutto ciò che la relazione amorosa rappresenta. Talvolta la sua rappresentazione travalica la sfera del piacevole e il flusso del racconto assume tinte fosche, talvolta tetre.

Il testo di una canzone è tipicamente concepito per racchiudere in poche scarne immagini, una rappresentazione. La struttura del testo tipicamente segue una concezione piuttosto semplice: strofa, ritornello, strofa. La durata dei brani è pressoché fissa sui tre minuti, soprattutto per i brani più commerciali. Creare una storia “che funzioni” in una finestra così piccola conta molto. Ecco perché c’è un forte uso di immagini evocative, molto nette a costo anche di cadere nello stereotipo.

Le immagini ricomprese nel testo sono più o meno rapidamente descritte a seconda del ritmo della parte musicale. Non sempre tuttavia, i modi musicali adoperati si accordano con l’argomento del brano, quasi a sottolineare, con questo contrasto, l’asprezza della vicenda descritta nelle strofe.

La selezione operata mette in luce la facilità con cui la musica riesce a subire una de-contestualizzazione aumentando esponenzialmente il pericolo di una cattiva ricezione dei messaggi veicolati.

Nel caso del primo pezzo “Jeanny”, la vicenda ruota attorno alla figura del narratore: una sorta di soggettiva dell’omicida che sprezzante riflette su quanto è appena accaduto. Deve esserci stato un pedinamento della vittima L’autore mantiene il pathos della scena tacendone il nome. Solo più tardi si scopre che la ragazza si chiama Jeanny. Egli parla di come la ragazza si stia bagnando dopo avere perso una scarpa, mentre lui l’ha forse avvicinata per “mostrarle la via”. È un intreccio molto sottile che si dipana nella mente dell’ascoltatore ma è abbastanza chiaro di lì a pochi versi, che il narratore sta affrontando un corpo morto. L’atmosfera è da sobborgo metropolitano. Il freddo di cui si parla sembra palpabile. Realistico il senso di perdita dei riferimenti che deve avere subito la vittima, la quale ha seguito sicuramente controvoglia il suo aggressore che le dice “Fa freddo e dobbiamo scappare”. Il narratore-aggressore ricorda come il rossetto ora sbavato era eccessivo ed è questo che ha causato il suo rimprovero. Questo particolare del rossetto accresce la verosimiglianza dell’intera vicenda poiché le cronache di tanti episodi ci hanno abituato a che l’aggressore abbia sempre un motivo per giustificare la sua collera e la sua aggressività. Successivamente, l’autore introduce l’approssimarsi delle forze dell’ordine, aumentando il pathos dell’ascoltatore. Tuttavia la loro vicinanza, che dovrebbe rappresentare la salvezza per la malcapitata vittima, è solo remota. L’aggressore, che dichiara di avere bisogno di lei, tronca ogni speranza dicendole prima che “lui può sentire che loro sono venuti a prenderla, ma che non la troveranno”;

poi gridandole: ” Nessuno ti troverà!Tu sei con me!”. Altro punto di tensione, che chiude la macabra vicenda è la costruita “notizia di agenzia” che termina il brano: una ragazza di 19 anni, scomparsa 14 giorni prima del ritrovamento di un cadavere e la polizia che non esclude che possa esserci stato un crimine nella sua scomparsa.

La soluzione del fondere cantante e aggressore è adottata anche nel ritornello de “L’amore rubato”. A differenza della prima in questa si parla di stupro. L’autore sceglie di parlare di “amore rubato”. All’epoca della presentazione, sul palco del Festival di San Remo, questa soluzione fu molto criticata da diversi artisti. Ci fu chi etichettò questa soluzione come un episodio di “mancanza di sensibilità del tutto maschile”. Ad oggi resta comunque un brano che in pochi tocchi descrive l’aberrazione della violenza più dal punto di vista psicologico che fisico: anche se c’è il forte richiamo all’odore dell’aggressore le strofe si ruotano sui sogni infranti e sul desiderio di cancellare quanto è accaduto. La vittima prega “perché non tornino quelle parole” che le hanno strappato via l’illusione di un sentimento grande ed unico, com’è l’Amore. La ragazza si chiede se potrà tornare a essere quella di ieri, cancellando completamente la dolorosa vicenda, capitatale per caso (chissà chi era, cosa voleva), dall’incontro con – è il caso di dirlo- un balordo. Spesso il meccanismo del dimenticare per la vittima è una protezione fondamentale ma non sempre è possibile soprattutto se vi sono altre implicazioni di altra natura, come ad esempio una gravidanza, che subentrano a fronte della violenza subita.

La cronaca ci ha abituato non solo a riportare notizie di violenza sui singoli ma anche su gruppi etnici. È quanto accadde ad esempio in Kosovo nel conflitto che incendiò i Balcani alla fine del ‘900. Frotte di soldati aggredirono donne kosovare perpetrando stupri e violenze. In realtà lo “stupro di guerra” è un crimine che risale alla notte dei tempi. Uno dei primi riferimenti alle “tradizioni belliche”, scritto da Cicerone, esortò i soldati a rispettare le regole di guerra, dal momento che obbedendo a tali regole si separano gli “uomini” dai “bruti”. Conquistare le ricchezze e le proprietà di un nemico era ed è una ragione legittima per una guerra. Le donne erano incluse nelle “proprietà”, visto che esse erano considerate piena proprietà di un uomo, come il padre, il marito, padrone degli schiavi o guardiano.

In questo contesto, lo stupro di una donna era considerato un crimine verso la proprietà commesso contro l’uomo che era padrone della donna. Pur cambiando , doverosamente, la natura del crimine, tuttavia ad ogni guerra episodi di questo genere si ripresentano malgrado dal 1949, l’Articolo 27 della Quarta Convenzione di Ginevra esplicitamente proibisce lo stupro e la prostituzione forzata in tempo di guerra nei confronti delle persone protette dalla Convenzione, ovvero coloro che durante un conflitto si trovano prigionieri di uno stato di cui non sono cittadini o sono sotto il controllo di una potenza occupante. Contro la violenza nel conflitto in Somalia, poco o nulla ha potuto il successivo Primo Protocollo Aggiuntivo alla Convenzione (1977) che estese la protezione dell’Art. 27 della Quarta Convenzione a tutte le donne che si trovano nell’area interessata dal conflitto. L’ulteriore Secondo Protocollo Aggiuntivo, a differenza delle Convenzioni e del Primo Protocollo, pur applicandosi ai conflitti interni e stabilendo all’Art. 4.2. che sono proibiti “gli oltraggi alla dignità della persona, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti, lo stupro, la prostituzione forzata e qualsiasi offesa al pudore”, di fatto .

Nel brano “Il figlio del dolore” del 2000, Adriano Celentano e Nada, propongono un brano in cui per atmosfere e testi, si parla proprio dello “stupro di guerra”. Una donna viene presa da un gruppo di uomini che le usano violenza senza nessun riguardo. Il richiamo al sangue e alle risa descrivono manifestamente la crudeltà della vicenda. Il fatto che a cantare la parte della vittima ci sia una donna accentua maggiormente la durezza della vicenda. Alla voce maschile spetta il ruolo di confrontarsi con la vittima della violenza. Da un simile dramma l’evoluzione che propone l’autore è quella della maternità. La donna da vittima diventa madre. Per l’autore questo sarebbe la riprova che anche da una violenza è possibile che ne scaturisca qualcosa di positivo come la vita. In realtà questa idea non ha caratteri universali: la maternità imposta non certamente risolve o concorre a riconfigurare il senso della vita di una vittima che anzi, come è accaduto, può rifiutarla sia fisicamente, con l’aborto, sia psicologicamente, pur vivendo la gravidanza. Di fatto la maternità, anche quando non frutto di una violenza, può comunque essere rifiutata dalla donna per il semplice fatto che non accetta questa esperienza.

Generalmente tra uomo e donna si possono creare tensioni legate a varie incomprensioni. Non esiste ad oggi un algoritmo per determinare la coppia ideale e se ci fosse probabilmente nessuno se ne servirebbe proprio per non imbrigliare nel “pre-ordinato” anche i rapporti tra le persone. Sfortunatamente le relazioni che si instaurano possono essere segnate da episodi infelici dove l’amore si confonde con la persecuzione e dove la visione di uno dei partner prevarica su quella dell’altro facendo sprofondare la coppia in un oscuro baratro di continui e precari tentativi di mediazione.

A riguardo il brano di Sting “Every breath you take” traccia un rapido quadro di un rapporto che rievoca lo stalking. Un amante non si rassegna al fatto che l’amata se ne sia andata via, ma anzi ricerca ossessionato l’oggetto del suo amore dicendole che “Ogni movimento che fai, Ogni promessa che non mantieni, Ogni sorriso falso, Ogni protesta che fai starò guardandoti”( Every move you make/Every vow you break/Every smile you fake/Every claim you stake/I’ll be watching you.). Il brano che ha una parte melodica molto ritmata e accattivante ha evidentemente un testo cupo che potrebbe essere un primo passo per riflettere proprio sullo stalking, reato pesantemente in aumento anche grazie alle nuove tecnologie che aumentano le possibilità di ingerenza tra le sfere private dei due partner. Lo scorso anno in sede comunitaria furono presentati i dati di un indagine su stalking e cyberstalking. Il 18% delle donne intervistate dichiarò di aver subito episodi di stalking dai 15 anni in poi, il 5% (corrispondente a 9 milioni di donne) nei 12 mesi precedenti all’intervista. Il cyberstalking – ossia lo stalking perpetrato via email, sms o internet – colpisce in particolare le giovani donne: il 4% delle donne di età compresa dai 18 ai 29 anni (1.5 milioni di donne) ha sperimentato fenomeni di cyberstalking nei 12 mesi precedenti all’intervista. Per quanto riguarda la durata, l’indagine ha rilevato che una vittima di stalking su cinque (il 21%) ha visto gli episodi protrarsi per più di due anni.

Una volta che la coppia si è in qualche modo instaurata non è detto che questa non abbia in sé, fin dall’origine quegli elementi che a lungo andare sfociano in episodi di violenza domestica. Nel brano “Sick and Tired” del 2004 di Anastacia, la donna-cantante dichiara di non riuscire più a sopportare “l’amore disonesto” del compagno che la costringe a vivere in un modo sempre precario (Il tuo amore non é onesto/ Tu vivi in un mondo in cui non ascoltavi/ e non ti importava/Così sto galleggiando,galleggiando nell’aria).

Il brano parla di un abbandono che porta con sé una serie di delusioni legate a sogni disattesi e pace interiore persa. Non è cosa da poco considerato che una situazione del genere può essere vista come danno biologico che la vittima subisce al pari di percosse e molestie continuate. È quanto viene descritto nel testo di “Perché”. La trama della vicenda è rapidamente tracciata. Si tratta di un rapporto inequivocabilmente violento, con una lei pronta a giustificare le intemperanze del partner (l’autore non ne chiarisce il sesso )che le lascia segni sul viso. Diversamente dalle altre canzoni considerate, in questo brano l’autore si limita a descrivere le atmosfere della vicenda, ma limita al minimo i dettagli. Il brano, del 2015, non usa termini sensazionalistici sulla violenza così come accade in altri testi esaminati, ma si limita a chiedere all’ascoltatore il perché di quest’”Amore malato che chiamarlo non si può”. Purtroppo la denuncia non è ancora un qualcosa di automatico e di immediato. Da fonti UE risulterebbe che almeno 8 donne su 10 non denunciano le violenze subite dal proprio partner nell’ambito domestico. Questo malcostume può poi portare a episodi ben più gravi di cronaca nera.

Di diverso spessore invece la canzone Malo del 2004. Una relazione “tossica” non necessariamente resta confinata all’interno della coppia, ma può accadere che dilaghi all’interno della famiglia coinvolgendo i figli. È quanto accade nel testo della canzone portata al successo dalla cantante spagnola Bebe. L’episodio avviene durante la notte. I versi descrivono un lui che grida e inveisce contro una lei, la quale cerca di difendersi e di ricordare “all’aggressore” che “i bambini stan dormendo” ( “no grites que los niños duermen”). L’uomo è alterato, in preda all’alcool come purtroppo accade realmente in tante vicende di cronaca e la donna vive con terrore il rientro a casa del partner. Le atmosfere del brano sono estremamente più nette e definite di “Perché”. Mentre in quel caso la violenza era solo accennata, qui la cantante sembra vivere in prima persona il ritorno violento del proprio partner. Il rapido incedere del brano restituisce estrema velocità alle immagini e l’ascoltatore attento si trova catapultato sulla scena.

Una violenza di diversa natura è il filo conduttore di “Where the wild roses grow”. Qui si ritorna a considerare il tema dell’incontro casuale. Il testo colpisce perché rende l’idea dell’inspiegabilità del male e della violenza. La personalità maschile è forse quella di un serial killer che, una volta adescata la vittima la seduce e dopo la uccide. In questo caso la rapidità con cui si compone tutta la vicenda lascia esterrefatto l’ascoltatore che viene spinto in basso nella follia senza senso del male. La gravosità che spinge giù l’ascoltatore ben si sintetizza nei versi Mentre le davo un bacio d’addio, le dissi: “Tutta la bellezza deve morire”( And I kissed her goodbye, said, “All beauty must die”). L’autore, con parole nette, recide ogni speranza e non contestualizza l’azione rendendola così ancora più efferata e destabilizzante per l’ascoltatore –quando attento-.

Come detto la cronaca ci ha abituato che certi episodi possano essere esperiti sempre in un solo verso: uomo aggressore, donna vittima. La violenza di una donna su di un uomo non è invece rara, ma ha connotati più psicologici. Lo confermano anche i riferimenti analizzati – “Una storia come questa” di Adriano Celentano e “La ballata dell’Amore cieco” di De André. Il primo brano è datato 1971. Siamo all’inizio di un periodo storico alquanto travagliato per l’Italia e molti cantanti riescono a restare sulla scena non cantando più i sentimenti degli Anni ’60 bensì convertendo i propri testi alla descrizione di storie di mala: episodi di violenza, di crimine, drammi urbani. Non sempre il testo riesce a esprimere bene la “chiusura di orizzonti” che si vive in quegli anni. Nel brano in esame, lei interpreta il ruolo di colei che irretisce un lui sempliciotto, che non riuscirà per tutta la vicenda a comprendere la reale natura della persona che ha incontrato. Egli arriva a difenderla mettendosi contro tutti i suoi amici. La tragedia è dietro l’angolo.

La donna prima dilapida tutti i soldi(“Alla lunga i suoi capricci,/mi asciugavano le tasche e rimasi senza soldi…) dopodiché non contenta lo convince a compiere un furto che finisce male. Scatta l’arresto. Durante la carcerazione l’uomo che ha visto la donna allontanarsi con un altro non riesce a mettere fine al suo Amore per lei (“Ma il mio cuore traboccava/di un amore senza fine e la volevo perdonare”). Così appena uscito di carcere la cerca e all’ennesimo rifiuto reagisce con violenza strangolandola. L’epilogo è doloroso sia per la donna sia per l’uomo: nell’ultima parte del testo il susseguirsi delle parole lasciano intendere che l’uomo abbia perso il senno e che per questo comunque gli attende una detenzione forse in manicomio.

Il brano “La ballata dell’Amore cieco” descrive ancora un episodio di violenza esercitata da una donna su di un uomo. L’autore fin dall’inizio dichiara che lui si è lasciato irretire “da una che non lo amava niente”. La quale chiede a lui, con una ferocia da belva “il cuore di tua madre per i suoi cani”. Che lui prontamente corre a strappare. Il verso sarebbe paradossale, ma purtroppo la cronaca ci ha abituato a episodi ben più feroci per cui la contestualizzazione richiesta all’ascoltatore è presto fatta. La successiva prova imposta dalla donna all’amante non è altrettanto inverosimile per l’ascoltatore: la morte che ella gli chiede permette di riconoscere nell’uomo il ruolo di perso. Di colui che da tutto per quest’amore che di edificante non ha nulla. Il pezzo potrebbe essere una pagina ridicolmente inverosimile ma la violenza descritta lascia poco scampo all’ascoltatore. La stessa vicenda risulta dissacrante e stridente per l’uso dei fiati nella musica e per quel “tralalalla tralallallero” che intermezza le strofe e che esacerba ancora di più la sofferenza descritta.

 

I riferimenti. Schede Bibliografiche.

Jeanny ,1985, Falco Jeanny ,1985, Falco
Jeanny, komm, come on

Steh auf bitte

Du wirstganznass

Schonspt, komm

Wirmssenweghier

Rausausdem Wald

Verstehst du nicht?

WoistdeinSchuh

Du hast ihnverloren,

Alsichdir den Wegzeigenmusste

Wer hat verloren?

Du, dich?

Ichmich?

Oder

Wiruns?

Jeanny, quit livin’ on dreams

Jeanny, life is not what it seems

Such a lonely little girl in a cold, cold world

There’s someone who needs you

Jeanny, quit livin’ on dreams

Jeanny, life is not what it seems

You’re lost in the night

Don’t wanna struggle and fight

There’s someone who needs you

Esistkalt

Wirmssenweghier,

Komm.

DeinLippenstiftistverwischt

Du hast ihngekauft und

Und ichhabeesgesehen

Zuviel Rot auf deinenLippen

Und du hast gesagt “machmichnicht an”

Aber du warstdurchschaut.

AugensagenmehralsWorte

Du brauchstmichdoch, hmmmh?

Allewissen, dasswirzusammensind

Abheute

Jetzthrichsie!

Siekommen!

Siekommendichzuholen.

Siewerdendichnichtfinden.

Niemandwirddichfinden!!

Du bistbeimir.

Jeanny, quit livin’ on dreams

Jeanny, life is not what it seems

Such a lonely little girl in a cold, cold world

There’s someone who needs you

Jeanny, quit livin’ on dreams

Jeanny, life is not what it seems

You’re lost in the night

Don’t wanna struggle and fight

There’s someone who needs you

Newsflash:

in den letztenmonatenist die zahl

der vermisstenpersonendramatischangestiegen

die jngsteverffentlichung der lokalenpolizei-

behrdeberichtet von einemweiterentragischen fall.

eshandeltsich um einneunzehnjhrigesmdchen,

das zuletztvorvierzehntagengesehenwurde.

die polizeischliesst die mglichkeitnichtaus, dasses

sichhier um einverbrechenhandelt.

Jeanny, quit livin’ on dreams

Jeanny, life is not what it seems

Such a lonely little girl in a cold, cold world

There’s someone who needs you

Jeanny, quit livin’ on dreams

Jeanny, life is not what it seems

You’re lost in the night

Don’t wanna struggle and fight

There’s someone who needs you

Jeanny, vieni – forza!

Alzati, per piacere

Ti stai bagnando completamente.

E’ già tardi

Dobbiamo andare via da qui.

Fuori dal bosco

Non capisci?

Dov’e’ la tua scarpa?

L’hai persa nel momento che ti dovevo indicare la via.

Ma chi si e’ perso.

Tu?

Io?

O entrambi

noi?

 

 

Jeanny, smetti di vivere nei sogni

Jeanny, la vita non e’ quello che sembra.

Una sola, piccola ragazza in un freddo freddo mondo.

C’e’ qualcuno che ha bisogno di te.

Jeanny, smetti di vivere nei sogni

Jeanny, la vita non e’ quello che sembra.

Ti sei persa nella notte e non vuoi combattere e lottare.

C’e’ qualcuno che ha bisogno di te.

 

Fa’ freddo.

Dobbiamo andare via, vieni.

Il tuo rossetto e’ vistoso.

Tu l’hai comprato e io l’ho visto.

Troppo rosso sulle tue labbra.

E tu hai detto: ‘Non mi fare niente’

Ma sei stata letta nel pensiero:

Gli occhi dicono piu’ delle parole.

Tu hai bisogno di me allora?

Tutti sanno che noi siamo assieme da oggi.

Adesso li sento.

Stanno venendo!

Stanno venendo per prenderti.

Non ti troveranno.

Nessuno ti trovera’!

 

 

 

 

Tu stai con me.

 

Jeanny, smetti di vivere nei sogni

Jeanny, la vita non e’ quello che sembra.

Una sola, piccola ragazza in un freddo freddo mondo.

C’e’ qualcuno che ha bisogno di te.

Jeanny, smetti di vivere nei sogni

Jeanny, la vita non e’ quello che sembra.

Ti sei persa nella notte e non vuoi combattere e lottare.

C’e’ qualcuno che ha bisogno di te.

 

 

Notiziario: Negli ultimi mesi il numero delle persone scomparse e’ drammaticamente aumentato.

I più recenti rapporti delle autorità poliziarie riguardano un ulteriore tragico caso.

Si tratta di una diciannovenne ragazza che e’ stata vista ultimamente 14 giorni fa’.

La polizia non esclude la possibilità che si tratta di un delitto.

 

 

 

Jeanny, smetti di vivere nei sogni

Jeanny, la vita non e’ quello che sembra.

Una sola, piccola ragazza in un freddo freddo mondo.

C’e’ qualcuno che ha bisogno di te.

Jeanny, smetti di vivere nei sogni

Jeanny, la vita non e’ quello che sembra.

Ti sei persa nella notte e non vuoi combattere e lottare.

C’e’ qualcuno che ha bisogno di te.

 

L’amore rubato, Luca Barbarossa, 1988 Alex Britti, Perché,2015
La ragazza non immaginava

che anche quello fosse l’amore

in mezzo all’erba lei tremava

sentiva addosso ancora l’odore

 

chissà chi era cosa voleva

perché ha ucciso i miei pensieri

chissà se un giorno potrò scordare

e ritornare quella di ieri

 

la ragazza non immaginava

che così forte fosse il dolore

passava il vento e lei pregava

che non tornassero quelle parole

 

adesso muoviti fammi godere

se non ti piace puoi anche gridare

tanto nessuno potrà sentire

tanto nessuno ti potrà salvare

 

e lei sognava una musica dolce

e labbra morbide da accarezzare

chiari di luna e onde del mare

piccole frasi da sussurrare

e lei sognava un amore profondo

unico e grande più grande del mondo

come un fiore che è stato spezzato

così l’amore le avevan rubato

la ragazza non immaginava

che così lento fosse il dolore

stesa nel prato

lei piangeva

sulle sue lacrime nasceva il sole

e lei sognava una musica dolce

e labbra morbide da accarezzare

chiari di luna onde del mare

piccole frasi da sussurrare

e lei sognava un amore profondo

unico e grande più grande del mondo

ma il vento adesso le aveva lasciato

solo il ricordo di un amore rubato

come un fiore che è stato spezzato

così l’amore le avevan rubato

Sono giorni che lasciano il segno

quelli che non vorresti mai

sembrerebbe tutto normale

ma qualcosa è diverso e lo sai

c’è una donna davanti un portone

con le lacrime agli occhi e tu

l’hai cercata nei giorni seguenti

ma non l’hai incontrata più

Sono giorni maledetti

di quelli che lo sai solo te

quella donna ha un segno in faccia

e dice che se lo è fatto da sé

ma nel cuore una cosa più grande

un segreto che non capirai

un amore violento e inquietante

che però non denuncerà mai

 

Perché

perché

quella donna che amavi davvero

ad un tratto l’hai portata via

e la mano che un tempo l’amava

oggi muove una assurda follia

 

Perché

perché

nella vita si vede di tutto

ma c’è un tutto che non capirò

sembrerebbe un amore malato

ma chiamarlo amore non si può

 

C’è chi vive di sogni e speranze

e il futuro è una giostra che va

il presente è un pezzo di vetro

e forse si romperà

se una donna perdona comunque

e non urla la sua verità

non potrà aiutarla nessuno

e la vita non ritornerà

 

Perché

ma perché

quella donna che amavi davvero

ad un tratto era fuori da qui

in un lampo il buio più nero

e poi l’ha ridotta così

 

Perché

perché

la dolcezza dei giorni più belli

la vita che cambia, lo so

sembrerebbe un amore malato

ma chiamarlo amore non si può

 

Perché

ma perché

nella vita si vede di tutto

ma c’è un tutto che non capirò

come questo amore malato

che chiamare amore non si può

chiamarlo amore non si può

 

Sick & Tired, Anastacia, 2004 Stanca E Stufa
My love is on the line

My love is on the line

My love is on the line

My love is on the line

A little late for all the things you didn’t say

I’m not sad for you

But I’m sad for all the time I had to waste

‘Cause I learned the truth

Your heart is in a place I no longer wanna be

I knew there’d come a day

I’d set you free

‘Cause I’m sick and tired

Of always being sick and tired

[Chorus:]

Your love isn’t fair

You live in a world where you didn’t listen

And you didn’t care

So I’m floating

Floating on air

Oh.. yeah…

No warning of such a sad song

Of broken hearts

My dreams of fairy tales and fantasy, oh

Were torn apart

I lost my peace of mind

Somewhere along the way

I knew there’s come a time

You’d hear me say

I’m sick and tired

Of always being sick and tired

[Chorus 2x]

My love is on the line

My love is on the line

My love is on the line

My love is on the line

My love is on the line

My love is on the line

[Chorus]

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

 

Un po’ tardi per tutte le cose che non hai detto

Non sono triste per te

ma sono triste per tutto il tempo che ho dovuto perdere

Finché ho capito la verità

Il tuo cuore è in un luogo in cui io non voglio più stare

Sapevo che sarebbe venuto il giorno in cui ti avrei lasciato libero, perché

sono stanca e stufa

di essere sempre stanca e stufa

 

 

 

Il tuo amore non é onesto

Tu vivi in un mondo in cui non ascoltavi

e non ti importava

Così sto galleggiando,

galleggiando nell’aria

 

Oh.. yeah…

 

Nessun avvertimento di una canzone così

triste di cuori spezzati

I miei sogni di favole e fantasie

sono stati fatti a pezzi

Ho perso la mia pace interiore da qualche parte lungo la strada

Sapevo che sarebbe venuto il giorno in cui mi avresti sentito dire che

sono stanca e stufa

di essere sempre stanca e stufa

 

Il tuo amore non è onesto

Tu vivi in un mondo in cui non ascoltavi

e non ti importava

Così sto galleggiando, galleggiando nell’aria

 

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

Il mio amore è in pericolo

Il tuo amore non è onesto

Ho detto che tu vivi in un mondo in cui non ascoltavi

e non ti importava

Così sto galleggiando, galleggiando nell’aria

Aria, oh, sono nell’aria

Il tuo amore non è onesto

Tu vivi in un mondo in cui non ascoltavi

e non ti importava

Così sto galleggiando, galleggiando nell’aria

Sto galleggiando

Sto galleggiando

Sto galleggiando nell’aria

 

Malo, Bebe,2004 Malo, Bebe,2004
Apareciste una nochefría,

con olor a tabacosucio y a ginebra

elmiedoya me recorría

mientrascruzabalosdeditostras la puerta.

Tu carita de niñoguapo

se la ha ido comiendoeltiempo por tusvenas,

y tu inseguridad machista

se refleja cada día en mislagrimitas.

 

Una vez más no por favor que estoy cansada y no puedo con el corazón.

Una vez más no mi amor por favor,

no grites que los niños duermen.

Una vez mas no por favor que estoy cansada y no puedo con el corazón.

Una vezmás no mi amor por favor,

no gritesque los niñosduermen.

 

Voy a volverme como el fuego

voy a quemar tu puño de acero

y del morao de mismejillassaldráel valor

para cobrarmelasheridas.

 

Malo, malo, malo eres no se dañaquien se quiere, no tonto, tonto, tonto eres no te piensesmejorquelasmujeres

Malo, malo, malo eres no se dañaquien se quiere, no tonto, tonto, tonto eres no te pienses mejor que las mujeres.

 

 

El dia es griscuando tu estás, y el sol vuelve a salir cuando te vas y la penita de mi corazón

yo me la tengo quetragar con elfogón.

mi carita de niña linda se ha ido envejeciendo en elsilencio. cada vezque me dices puta

se hace tu cerebro máspequeño.

 

Una vezmás no por favorqueestoycansaa y no puedo con elcorazón.

Una vezmás no mi amor por favor,

no gritesque los niñosduermen

Una vezmás no por favorqueestoycansada y no puedo con elcorazón.

Una vezmás no mi amor por favor,

no gritesque los niñosduermen.

Voy a volvermecomoelfuego

voy a quemartuspuño de acero

y del morao de mismejillassaldráel valor

para cobrarmelasheridas.

Malo, malo, malo eres

no se dañaquien se quiere, no

tonto, tonto, tonto eres

no tepiensesmejorquelasmujeres

Malo, malo, malo eres

no se dañaquien se quiere, no

tonto, tonto, tonto eres

no tepiensesmejorquelasmujeres.

 

Voy a volvermecomoelfuego

voy a quemartuspuño de acero

y del morao de mismejillassaldráel valor

para cobrarmelasheridas.

Malo, malo, malo eres

no se dañaquien se quiere, no

tonto, tonto, tonto eres

no tepiensesmejorquelasmujeres

Malo, malo, malo eres

no se dañaquien se quiere, no

tonto, tonto, tonto eres

no tepiensesmejorquelasmujeres.

 

malo, malo eres,

malo eres, porquequieres…

malo, malo eres…

no me chilles, que me duele…

 

eresdébil y eresmalo,

y no te piensesmejorqueyo ni quenadie…

y ahorayo me fumo un cigarrito

y te echoelhumo en elcorazoncito…

porque, malo maloeres, tú…

malo, malo eres,sí…

malo, malo eres, siempre…

malo, malo eres…

Sei apparso in una notte fredda

con puzza di tabacco putrido e gin

la paura mi percorreva già

mentre incrociavi le dita dietro la porta

il Tuo viso di bel bambino

se l’è mangiato il tempo a partire dalle tue vene

e la tua insicurezza maschilista

si riflette ogni giorno nelle mie lacrimucce.

 

Una volta ancora, no per favore che sono stanca

e non posso col cuore

Una volta ancora, no amore mio per favore,

non gridare che i bambini dormono

Una volta ancora, no per favore che sono stanca

e non posso col cuore

Una volta ma, no amore mio per favore,

non gridare che i bambini dormono.

Divento come il fuoco

brucio i tuoi pugni di acciaio

e dal colore scuro delle mie guance tirò fuori la forza

per guarirmi le ferite.

 

Rit. (Cattivo, cattivo, cattivo, cattivo sei non

si danneggia chi si ama,no sciocco, sciocco, sciocco sei

non crederti migliore delle donne

cattivo, cattivo, cattivo sei non si danneggia chi si ama, no sciocco, sciocco, tanto sei

non crederti migliore delle le donne)

 

Il giorno è grigio quando ci sei ed il sole appare di nuovo quando vai via e la pena del mio cuore io me la devo inghiottire col fuoco il mio viso di bambina carinaè invecchiato nel silenzio ogni volta che mi dici puttana il tuo cervello diventa più piccolo.

 

 

Rit. (Cattivo, cattivo, cattivo, cattivo sei non

si danneggia chi si ama, no tonto, tonto, tonto sei

non crederti migliore delle donne

cattivo, cattivo, cattivo sei non si danneggia chi si ama, no tonto, tonto, tanto sei

non crederti migliore delle le donne)

 

Divento come il fuoco

brucio i tuoi pugni di acciaio

e del colore scuro delle mie guance

tiro fuori la forza

per guarirmi le ferite.

 

Rit. (Cattivo, cattivo, cattivo, cattivo sei non

si danneggia chi si ama, no tonto, tonto, tonto sei

non crederti migliore delle donne

cattivo, cattivo, cattivo sei non si danneggia chi si ama, no tonto, tonto, tanto sei

non crederti migliore delle le donne)

 

Cattivo, cattivo, cattivo sei

cattivo sei, perché vuoi

Cattivo, cattivo, cattivo sei

non mi offendere che mi fa male

Sei debole e sei cattivo non crederti

migliore di me né di nessun altro

ed ora io mi fumo una sigaretta e

dopo ti metto il fumo nel cuoricino

perché cattivo, cattivo, cattivo sei,

tu cattivo, cattivo, cattivo sei,

se cattivo, cattivo sei, sempre

cattivo, cattivo brutto sei

 

Where the Wild Roses Grow, Nick Cave & the Bad Seeds(feat. Kylie Minogue) Where the Wild Roses Grow, Nick Cave & the Bad Seeds
They call me The Wild Rose

But my name was Elisa Day

Why they call me it I do not know

For my name was Elisa Day

From the first day I saw her I knew she was the one

She stared in my eyes and smiled

For her lips were the colour of the roses

That grew down the river, all bloody and wild

When he knocked on my door and entered the room

My trembling subsided in his sure embrace

He would be my first man, and with a careful hand

He wiped at the tears that ran down my face

They call me The Wild Rose

But my name was Elisa Day

Why they call me it I do not know

For my name was Elisa Day

On the second day I brought her a flower

She was more beautiful than any woman I’d seen

I said, “Do you know where the wild roses grow

So sweet and scarlet and free?”

On the second day he came with a single red rose

Said: “Will you give me your loss and your sorrow”

I nodded my head, as I lay on the bed

He said, “If I show you the roses, will you follow?”

They call me The Wild Rose

But my name was Elisa Day

Why they call me it I do not know

For my name was Elisa Day

On the third day he took me to the river

He showed me the roses and we kissed

And the last thing I heard was a muttered word

As he knelt (stood smiling) above me with a rock in his fist

On the last day I took her where the wild roses grow

And she lay on the bank, the wind light as a thief

And I kissed her goodbye, said, “All beauty must die”

And lent down and planted a rose between her teeth

They call me The Wild Rose

But my name was Elisa Day

Why they call me it I do not know

For my name was Elisa Day

For my name was Elisa Day

For my name was Elisa Day

Mi chiamano Rosa Selvatica

Ma il mio nome era Elisa Day

Non so perché mi chiamassero così

Visto che il mio nome era Elisa Day

Dal primo giorno che la vidi capii che era lei

Da come mi guardava negli occhi e sorrideva

Perché le sue labbra avevano il colore delle rose

Che crescevano giù al fiume, tutte con il colore del sangue e selvatiche

 

Quando lui bussò alla mia porta ed entrò nella stanza

Smisi di tremare rassicurata dal suo forte abbraccio

Lui sarebbe stato il mio primo uomo, e con un gesto pieno di attenzioni

Asciugò le lacrime che mi scorrevano in volto

 

Mi chiamano Rosa Selvatica

Ma il mio nome era Elisa Day

Non so perché mi chiamassero così

Visto che il mio nome era Elisa Day

 

Il secondo giorno le portai un fiore

Lei era più bella di qualsiasi donna avessi mai visto

Io dissi “Sai dove crescono le rose selvatiche,

così dolci, scarlatte e libere?”

Il secondo giorno arrivò con una sola rosa rossa

Mi disse “Vuoi darmi la tua perdizione e il tuo dolore?”

Assentii con la testa, mentre giacevo sul letto

Lui disse “Se ti faccio vedere le rose, mi seguirai?”

 

Mi chiamano Rosa Selvatica

Ma il mio nome era Elisa Day

Non so perché mi chiamassero così

Visto che il mio nome era Elisa Day

 

Il terzo giorno mi porto ‘al fiume

Mi fece vedere le rose e ci baciammo

E l’ultima cosa che sentii fu una parola mormorata

Mentre lui era sopra di me, sorridente, e con una pietra nella mano

 

L’ultimo giorno la portai dove crescono le rose selvatiche

E lei si distese sulla riva, il vento leggero soffiava come un ladro

Mentre le davo un bacio d’addio, le dissi

“Tutta la bellezza deve morire”

E mi chinai e le piantai una rosa tra i denti

 

Mi chiamano Rosa Selvatica

Ma il mio nome era Elisa Day

Non so perché mi chiamassero così

…il mio nome era Elisa Day

…il mio nome era Elisa Day

…il mio nome era Elisa Day

 

Every breath you take , Sting Every breath you take , Sting
Every breath you take

Every move you make

Every bond you break

Every step you take

I’ll be watching you

Every single day

Every word you say

Every game you play

Every night you stay

I’ll be watching you

O can’t you see

You belong to me

How my poor heart aches with every step you take

Every move you make

Every vow you break

Every smile you fake

Every claim you stake

I’ll be watching you

Since you’ve gone I been lost without a trace

I dream at night I can only see your face

I look around but it’s you I can’t replace

I feel so cold and I long for your embrace

I keep crying baby,baby please!!!

O can’t you see

You belong to me

How my poor heart aches with every step you take

Every move you make

Every vow you break

Every smile you fake

Every claim you stake

I’ll be watching you

Every move you make

Every vow you break

Every smile you fake

Every claim you stake

I’ll be watching you

Ogni respiro che fai

Ogni movimento che fai

Ogni legame che rompi

Ogni passo che fai

Io ti guardo

 

Ogni giorno

Ogni parola che dici

Ogni gioco che giochi

Ogni notte che passi con me

Io ti guardo

 

Non lo capisci?

Tu appartieni a me

Quanto duole il mio povero cuore ad ogni passo che fai

 

Ogni movimento che fai

Ogni promessa che non mantieni

Ogni sorriso falso

Ogni protesta che fai

Io ti guardo

 

Dal momento che te ne sei andata

mi sono sentito perso, ho smarrito la strada

Io sogno la notte

Posso solo vedere il tuo viso

Mi guardo intorno e capisco che non riesco a rimpiazzarti

Mi sento infreddolito e desidero il tuo abbraccio

Continuo a piangere, per favore

 

Non lo capisci?

Tu appartieni a me

Quanto duole il mio povero cuore

ad ogni passo che fai

 

Ogni movimento che fai

Ogni promessa che non mantieni

Ogni sorriso falso

Ogni protesta che fai

Io ti guardo

 

Ogni movimento che fai

Ogni passo che fai

Io ti guardo

 

Io ti guarderò…

 

 

Il figlio del Dolore [Nada-Celentano]
LEI

Tu mi sfondavi col tuo corpo

mentre due dei tuoi

si divertivano a tenere

larghe le mie gambe

e ogni volta che spingevi

con rabbia lo facevi

mentre di dentro

morivo dal dolore

 

con uno straccio in bocca

fermavi le mie grida

e quando poi esausto

da me tu sei uscito

a turno i tuoi compagni

han ricominciato

tu ridevi mentre sanguinavo

 

la tua malvagità

nel mio grembo morirà

poiché è proprio dal mio grembo che rinascerai

e mentre in cuor mio

per sempre morirai

come un fiore dal mio grembo tu rinascerai

 

coro:

bralamomarujatzvetekainobralataizaspala

bralamomarujatzvetekainobralataizaspala

 

LUI

 

tu vuoi far nascere colui

che giudicherà

chi violentò la madre sua

nel giorno che lo concepì

io guardarlo non potrò

se un dì mi chiamerà

e mi racconterà che lui è figlio mio

lui mi disprezzerà e io maledirò

il giorno che la madre mia mi partorì

e mi abbandonerà e non avrà pietà

per le lacrime che io verserò

 

LEI

 

Tu gli racconterai

che tu non eri tu

ma solo il frutto di quell’odio

di chi amare non sa

figlio mio gli dirai

la mia malvagità

morì quel giorno che nascesti, nascesti tu

e gli dirai che tu pagherai i tuoi crimini

di fronte agli uomini e poi davanti a Dio

 

così lui capirà

che il suo vivere

è il seme di un amore che germoglierà

 

E l’odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di sé

E l’odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di sé

 

coro:

E l’odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di sé

E l’odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di sé

E l’odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di sé

bralamomarujatzvetekainobralataizaspala

E l’odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di sé

bralamomarujatzvetekainobralataizaspala

E l’odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di se

bralamomarujatzvetekainobralataizaspala

a sfumare

 

 

traduzione

bralamomarujatzvetekainobralataizaspala

giovani donne che raccolgono fiori sui monti

 

Una storia come questa, Adriano Celentano La ballata dell’amore cieco , Fabrizio de Andrè
Mi dicevano gli amici apri gli occhi

quella donna non ti sposa per amore…

Finge un bene che non prova

pensa solo a sistemarsi mi dicevano gli amici…

Io con loro mi arrabbiavo,

tutti porci li chiamavo e come no……

Voi parlate per invidia,

non vedete che è sincera e anche se…

Anche se lei mi sposasse per i soldi cosa importa a voi…

Ma cosa avete dentro al cuore,

belli amici mi ritrovo

voi parlate e non capite,

non mi importa del suo amore

a me basta che rimanga una vita insieme a me,

io l’amo tanto… e l’amerò.

 

Le piacevano i gioielli,

le pellicce di visone, le piacevano i regali…

Alla lunga i suoi capricci,

mi asciugavano le tasche e rimasi senza soldi…

Lei mi dice cosa aspetti,

vuoi mandarmi sulla strada… pensa un pò…

L’uomo furbo rischia grosso,

tenta un colpo e gli va bene,

ma però……

Mi andò male il colpo gobbo,

una ruota in curva mi scoppiò…

E mentre mi portavan via,

c’era un uomo alle sue spalle,

si faceva accompagnare,

mentre mi portavan via io guardavo le sue mani,

che stringevano altre mani,

ed al mio pianto… non si voltò.

Stare dentro c’è un inferno,

uno pensa tante cose,

mi prudevano le mani…

Ma il mio cuore traboccava

di un amore senza fine e la volevo perdonare…

Finalmente sono fuori

lei mi dice delinquente,

proprio a me…..

Li per li non c’ho più visto,

l’ho afferrata per la gola e sempre più…

la stringevo forte e gli occhi suoi sembravano più grandi…

E mentre mi portavan via,

eran bianche le sue mani

era fredda la sua pelle,

io guardavo e non capivo…

Mentre mi portavan via,

era mani le sue bianche,

era pelle la sua fredda,

c’era il treno sulla nebbia…

Mentre mi portavan via

c’era nebbia sulla fredda,

era treno la sua bianca,

la maestra mi picchiava.

Mentre mi portavan via,

mi piacchiava la maestra,

treno,pelle,bianca,nebbia…la maestra sulla fredda…

Mentre mi portavan bianca…

Un uomo onesto, un uomo probo,

tralalalalla tralallalero

s’innamorò perdutamente

d’una che non lo amava niente.

 

Gli disse portami domani,

tralalalalla tralallalero

gli disse portami domani

il cuore di tua madre per i miei cani.

 

Lui dalla madre andò e l’uccise,

tralalalalla tralallalero

dal petto il cuore le strappò

e dal suo amore ritornò.

 

Non era il cuore, non era il cuore,

tralalalalla tralallalero

non le bastava quell’orrore,

voleva un’altra prova del suo cieco amore.

 

Gli disse amor se mi vuoi bene,

tralalalalla tralallalero

gli disse amor se mi vuoi bene,

tagliati dei polsi le quattro vene.

 

Le vene ai polsi lui si tagliò,

tralalalalla tralallalero

e come il sangue ne sgorgò,

correndo come un pazzo da lei tornò.

 

Gli disse lei ridendo forte,

tralalalalla tralallalero

gli disse lei ridendo forte,

l’ultima tua prova sarà la morte.

 

E mentre il sangue lento usciva,

e ormai cambiava il suo colore,

la vanità fredda gioiva,

un uomo s’era ucciso per il suo amore.

 

Fuori soffiava dolce il vento

tralalalalla tralallalero

ma lei fu presa da sgomento,

quando lo vide morir contento.

Morir contento e innamorato,

quando a lei niente era restato,

non il suo amore, non il suo bene,

ma solo il sangue secco delle sue vene. [La ballata dell’amore cieco , Fabrizio de Andrè]

 

Conclusioni.

Il discorso fin qui presentato non può dirsi completo ma vuole essere un primo passo nella riflessione sull’arte di massa e sulla divulgazione dei suoi messaggi sovente oggetto di cattiva ricezione. Pensare che esistano forme d’Arte più importanti di altre oggi è quanto mai fuorviante e isterilente, proprio in un momento in cui c’è più bisogno di abituarsi a problematizzare ogni possibile spunto. L’estetica come discorso intorno ai significati trasferiti attraverso la percezione, dimostra di essere un valido mezzo di conoscenza della realtà, proprio ora che, nella società contemporanea tantissimi fenomeni sono estetizzati e concetti profondi finiscono con l’essere “mascherati” o male interpretati. Lo sguardo sul complesso, offerto dal modello estetico, restituisce la possibilità di una indagine su più fronti (antropologia, sociologia, psicologia, diritto), a chi se ne sappia servire, ampliando notevolmente la capacità di cogliere idee o di formulare ipotesi interpretative per un mondo complesso e contorto, quando non addirittura mendace. Viceversa padroneggiando l’estetica intesa come aisthesis, sensibilità in senso lato, la conoscenza della realtà che passa attraverso i sensi dovrebbe essere più prontamente recepita e correttamente metabolizzata. Proprio sulla corretta metabolizzazione nulla può essere detto di definitivo. Una volta recuperata la capacità di osservazione, –anche e soprattutto delle atmosfere, che sono il campo di indagine più ampio dell’estetica-, servirà poi un ulteriore passo per costruire una coscienza morale: in questo senso, nessuno potrà mai dire in assoluto se quel determinato elemento ha funzione edificante o “corruttiva” del fruitore. Dovrebbe semmai essere l’artista –o il produttore?- con altri mezzi e con altre posizioni a dichiararsi pro o contro determinate idee o comportamenti.

Scoprire che il “bello terribile” è un mezzo di indagine sull’aberrazione e sul male dovrebbe innanzitutto farci riflettere che la distinzione manichea del “brutto –corrotto”, “bello-perfetto” non ha ragione d’essere: la poliedricità del reale ha da tempo superato questa visione statica e solo una sensibilità allenata può cogliere dove esiste ciò che eleva e ciò che invece corrompe. Quel che la realtà contemporanea chiede è di padroneggiare la frammentarietà del senso e di costruirne uno univoco e coerente. Fruendo acriticamente, senza alcuna guida alla comprensione sicuramente, le possibilità di accogliere i significati si riducono drasticamente e si moltiplicano esponenzialmente le possibilità di incomprensione e di mancata crescita per il fruitore.

In merito al fatto che la complessità di un fenomeno come quello della violenza di genere riesca a essere ricompresa nelle strofe di brani di pochi minuti deve sì sorprendere ma allo stesso tempo deve far riflettere a chi, impegnandosi a educare, cerca mezzi per affrontare tali tematiche. L’arte popolare è dalla notte dei tempi un potente strumento per divulgare significati per mezzo di allegorie e immagini che trovano radici nella comunità dove sono fruite e attraverso cui sono veicolate. Se un brano riesce a comunicare determinate atmosfere permettendo al pubblico una catarsi, una sensibilizzazione, è sicuramente per una raffinazione dei gusti e della sensibilità, su cui la cultura agisce. Come scrisse Eco “La cultura è anche capacità di filtrare le informazioni”. Acquisire filtri sempre più performanti è un compito paziente e metodico frutto di continue sollecitazioni catturate: pensare di escludere un brano solo perché di origine popolare – anche l’Opera lirica fu popolare prima di diventare un divertimento colto- è quanto meno riduttivo e certamente anacronistico. È nel magmatico fondersi dei significati sotteso al reale che occorre imparare a districarsi raccogliendo frammenti di senso da ricomporre, confutando continuamente il lavoro di unificazione effettuato.

Ricercare nella cultura popolare gli strumenti per intraprendere un discorso su di una tematica, si rivela una scelta oculata per due motivi.

In primo luogo, la conoscenza dell’arte popolare con le sue tematiche e le modalità con cui sono state affrontate permette di avere chiaro quale sia il significato condiviso nella comunità d’appartenenza dei singoli e da dove partire per contestualizzare l’idea che si intende diffondere. Un vissuto comune, sia anche immaginifico come può esserlo una canzone, quando nota è un filtro privilegiato per la costruzione di senso che il singolo individuo si porta dietro quando affronta la ricerca del significato nel proprio quotidiano.

È una sorta d’”insegnamento occulto” a cui ricorre quando altri processi di pensiero, più logici, non riescono a trovare senso.

In seconda battuta, compresa la visione di questa “cornice di significato”, è stesso il mezzo popolare che può essere un primo esempio della confluenza dei significati e del complesso a cui assistiamo quotidianamente. All’ascoltatore che sarà stato educato a tutto ciò, la fruizione di un’opera, sia pure con il solo lettore mp3 nella confusione di un vagone ferroviario non apparirà dunque mai banale e mai scontata potendo egli contestualizzare correttamente quanto andrà fruendo e traendone sostegno per la propria ricerca di senso.

 

Bibliografia.

http://www.nickcave.it/discografia-dettaglio.php?idAlbum=18&idCanzone=166
http://forum.fuoriditesta.it/testi-musicali/18319-bebe-malo-con-traduzione.html
http://www.falco-fr.com/index.php?lang=IT&mod=tran_lyrics&ac=one&idl=13
http://www.youtube.com/watch?v=tuQLnwMEQQc
http://www.testimania.com/testitradotti/2463.html
http://www.youtube.com/watch?v=G9q_ao91Now
http://www.youtube.com/watch?v=lDpnjE1LUvE
http://www.angolotesti.it/L/testi_canzoni_lucio_dalla_1542/testo_canzone_il_gigante_e_la_bambina_358010.html
http://www.testimania.com/testitradotti/720.html
http://www.azlyrics.com/lyrics/anastacia/sicktired.html
http://www.angolotesti.it/traduzioni/A/traduzione_testo_canzone_tradotto_sick_and_tired_anastacia_870.html
http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_fabrizio_de_andrA%E0%B8%88_1059/testo_canzone_la_ballata_dellamore_cieco_33010.html
http://www.musicalstore.it/INTERPRETI/Discografia%20Celentano/TESTI/Una%20storia%20come%20questa.htm
http://www.giulioleoni.it/racconti/teatro.pdf
http://www.soundsblog.it/post/415251/alex-britti-perche-testo-video
https://it.wikipedia.org/wiki/Poetica_(Aristotele)
https://it.wikipedia.org/wiki/Violenza_contro_gli_uomini
http://www.vittimologia.it/rivista/articolo_macri_et_al_2012-03.pdf
John Blosnich, Comparisons of intimate partner violence among partners in same-sex and opposite-sex relationships in the United States, American Journal of Public Health, 2009
http://www.parodos.it/musicaestetica.htm
http://www.filosofico.net/poeticaristotele.htm
http://www.unife.it/dipartimento/medico-chirurgiche/sezioni/neurologia/allegati/Cervello%20e%20Musica-%20Pavia-%2023%20marzo%20%202012.pdf
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http://www.associazionefamiliaristi.it/theme/anfi/doc/Indagine_conoscitiva_sulla_violenza_verso_il_maschile_2012-03.pdf
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http://www.pensierocritico.eu/manipolazioni-statistiche.html
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http://www.doppiozero.com/materiali/tempi-moderni/lestetizzazione
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http://www.altalex.com/documents/news/2010/10/05/maltrattamento-domestico-perche-le-donne-non-denunciano-il-partner-violento
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GF Curion La violenza di genere come motivo ispiratore nella musica contemporanea (2)