Infiorata di Casatori. Un esempio di arte popolare tra sacro e profano

di Vincenzo Curion
(slideshow all’interno dell’articolo)

Si è conclusa domenica 16 settembre, la ventitreesima edizione dell’Infiorata di Casatori, la frazione del Comune di San Valentino Torio in provincia di Salerno. È dal 1996 che, nel terzo fine settimana di settembre, gruppi di persone, provenienti anche da diverse regioni d’Italia, e di bambini, delle scuole locali e dei comuni limitrofi, si ritrovano per realizzare con grande maestria e pazienza, tappeti di fiori per abbellire il passaggio della processione di Maria SS. Addolorata, patrona della comunità parrocchiale. Nata dallo spirito d’iniziativa della piccola comunità parrocchiale, la manifestazione ha saputo nel tempo diventare una piccola e gradevole attrazione per le persone dell’agro Nocerino Sarnese e degli agri vicini. È poi dal 2009 che l’Infiorata si è arricchita di un’ulteriore pregevole particolare, Il quadro floreale verticale, una parete di alcuni metri di altezza, realizzata con mazzetti di garofani, offerti alla Vergine Addolorata dagli abitanti della frazione organizzati in sei contrade. Il tappeto verticale, riproducente un’immagine religiosa, è posta in Largo Tringiale, all’ingresso del percorso floreale che si conclude presso la chiesa trecentesca di Santa Maria delle Grazie, edificata per volontà di Nannulo Capece Minutolo, Signore delle terre di Casatori e di San Valentino, donategli per meriti di guerra da Ladislao d’Angiò, Re di Napoli. Col passaggio della processione, le composizioni floreali vengono distrutte con la promessa di un futuro rinnovo all’anno successivo. Nel fine settimana dedicato all’iniziativa, si accede al piccolo giardino antistante la chiesa costeggiando i tappeti floreali realizzati dai piccoli infioratori, gruppi di bambini delle scuole primarie che possono cimentarsi nella realizzazione di tappeti con temi di carattere vario.

Quest’anno la scelta del tema per i piccoli è stato Peter Pan, storia che tutti conoscono e tratta dal romanzo di James Matthew Barry, pubblicato nel 1911, e oggetto di una celeberrima trasposizione animata della Walt Disney. Wendy, John, il Coccodrillo, sono solo alcuni dei soggetti dei quadri floreali realizzati.

Di tutt’altro genere il tema per gli adulti. Per questi ultimi, il carattere religioso della manifestazione, prevede che i tappeti abbiano un tema conduttore legato alla fede ed alla spiritualità. Quest’anno il tema scelto dalla comunità è stato Pane di Vita. Come riporta il testo del comunicato del Vescovo, negli orientamenti Pastorali 2017/2018, “Pane e vita rimandano a Colei che è sorgente dell’uno e dell’altro: la Madre”. Dunque un omaggio in linea con i festeggiamenti per la Patrona della Comunità. Come ricorda il sacerdote Gaetano Ferraioli, “Mancava, nel percorso fatto in questi anni, un tema specifico fatto sull’Eucarestia, anche se di riflesso è stato quasi sempre presente”. I gruppi hanno saputo rispondere con grande maestria al tema proposto. Il Fregio, Dayenu Adonai (in ebraico “a noi sarebbe bastato), Elia, Il Calice, le Nozze di Cana, la Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci, Pane di Vita, Pane Spezzato, Gesù è Eucarestia, Miracolo Eucaristico, Vergine dell’Eucarestia, Sant’Ignazio di Loyola. Questi i titoli delle opere realizzate dalle maestranze intervenute. L’Infiorata locale è accompagnata dal Festival delle Infiorate, con la partecipazione di altre delegazioni provenienti dal resto dell’Italia e facenti parte di Infioritalia, l’Associazione Nazionale delle Infiorate Artistiche d’Italia, che associa più di trenta comuni sparsi in tutta la penisola. Il rito dell’Infiorata, che in Casatori, ha trovato una piacevole ospitalità, ha tradizioni molto antiche. Come ricorda il gesuita Giovan Battista Ferrari, senese, nel suo ”De florum cultura” pubblicato in latino nel 1633 e in una seconda edizione in italiano nel 1638, la prima infiorata fu fatta in Vaticano il 29 giugno 1625 in occasione della festa di S. Pietro e Paolo: ”Ad usi più nobili gli stessi fiori, sfrondati e sminuzzati (..) contraffanno le più nobili pitture ne’ colori e nel resto dell’apparenza” Come descrive l’autore, già allora vennero adottati vari fiori per ottenere i vari colori: ”rappresenterà la carnagione della faccia bruna il garofano ricamato. La rosa dipingerà le guance (…) formerà le pupille degli occhi il fiore scuro, che dal turchino tira al nero, chiamato giacinto botriode, cioè fatto a grappoli, ò comato il minore (..) Ancora il giacinto botriade servirà per fare l’ombre secondo il bisogno nel rimanente del corpo. Formerà insieme i capelli, se neri dovranno essere, e se biondi servirà la ginestra, se bianchi, il garofano pur bianco”. Successivamente l’Infiorata è stata poi diffusa in altre località per mezzo di artisti o semplici testimoni. Da Genzano, dove il manoscritto anonimo del 1824 su la ”Storia delle origini dell’Infiorata di Genzano”, riferisce che “la famiglia Amerani è una delle famiglie che realizzavano un quadro infiorato davanti la loro casa in via Livia in occasione della processione del Corpus Domini”, la tradizione si è evoluta e trasferita lungo tutto lo stivale. Sempre secondo il manoscritto ”Anticamente in Genzano, non potendo precisare il tempo positivo, nel giorno della festa del Corpus Domini, si faceva, come costuma in tutto il mondo cattolico, la solenne processione del SS. Sacramento, che usciva dalla chiesa parrocchiale detta di Santa Maria della Cima, e veniva per la strada dritta, cosiddetta via Livia. In questa gli abitanti della medema solevano fere delle infiorate, avanti le loro abitazioni, di verzure e di fiori di più colori; ma si restringevano queste famiglie a sette o otto”. Il manoscritto continua descrivendo gli itinerari delle tre processioni che si facevano allora per le festività del SS. Sacramento. Fino a quando la famiglia di don Arcangelo Leofreddi, abitante in via Sforza, dispiaciuta che nessuna delle tre processioni passasse per la loro strada, dopo aver pregato il vescovo della diocesi di Albano di fare in modo che almeno la terza delle processioni la onorasse, invitò gli abitanti di detta via di fare delle infiorate a proprie spese davanti le loro case, che tutti fecero. Il sacerdote si curò di fare un altare di verdure e fiori davanti la sua abitazione da dove fu impartita la benedizione.” A partecipare alla manifestazione di quest’anno, accanto a gruppi locali, anche gruppi provenienti da Castelraimondo dalla provincia di Macerata, da Città della Pieve e da Paciano della provincia di Perugia, da Felline della provincia di Lecce. “Questa partecipazione vuole essere il segnale della voglia di stare insieme e di apprendere nuove tecniche”. Già da diversi anni, gli infioratori provenienti da diversi posti d’Italia ma anche dall’estero, portano nella comunità di Casatori, le loro tradizioni, le tecniche e la loro storia. I lavori di realizzazione partono dall’ideazione dei bozzetti che vengono poi riprodotti in grande scala, per poter essere di riferimento agli infioratori i quali, ricorrendo tra l’altro, a garofani, a semi, a chicchi di riso, foglie, segatura e fondi di caffè, con un paziente lavorio, andranno a costruire le opere. Chini a sistemare o seduti a terra a tagliuzzare i fiori, il lavoro dei gruppi “adulti” si svolge nel tardo pomeriggio del sabato e prosegue fino a completamento dei tappeti, completando il percorso che vede già collocati i tappeti dei piccoli, realizzati in precedenza. Sapientemente e pazientemente i lavorii indefessi delle maestranze proseguono tra la folla dei visitatori curiosi che progressivamente aumenta col passare delle ore.

La facilità con cui si raggiunge la frazione provenendo sia dalla prima parte della provincia di Salerno, sia dalla vicina provincia di Napoli, richiama un folto pubblico, felice di essere presente o il sabato sera, durante le fasi di realizzazioni, o durante la giornata di domenica, prima che la processione finale segni l’arrivederci all’anno successivo. A capo chino e talvolta senza scarpe, per non sciupare le mappe di carta stampate e piazzate a terra, i maestri infioratori operano per collocare ora foglie, ora petali e, quando l’opera lo richiede, con spatole di cartone o plastica, il caffè macinato o la segatura necessari per creare gli effetti visivi voluti.

A lato, alacremente, altri ragazzi e ragazze tagliuzzano i petali, i gambi, le foglie, riempiono le cassette dei petali dei colori necessari, cercando con gli occhi di “rubare” i trucchi del mestiere, per intervenire nell’opera.

Finalmente, a notte fonda, come sul finire di un sabato del villaggio di leopardiana memoria, le opere sono tutte realizzate e pronte per la festa dell’indomani. Non un petalo fuori posto, non un chicco dimenticato. Prima di andare a riposare, è d’obbligo che le postazioni di lavoro siano perfettamente ripulite e che tutti i materiali inutilizzati siano portati via, così che l’indomani i visitatori possano godere in tutta libertà di queste vere opere d’arte.

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