Un’immagine mille storie. The Truman Show

di Vincenzo Curion

Un’opera d’arte, colta o popolare che sia, è sempre il frutto di un lavoro individuale ma ha, come padri putativi tutte le dinamiche e le persone con cui l’artista entra in contatto. Di conseguenza, ogni manufatto possiede una storicità che la fa essere frutto del tempo di creazione. Tra le opere d’arte, o più in generale tra le opere d’ingegno, ve ne sono alcune che hanno la dote di anticipare i tempi, precorrendo situazioni e scenari che accadranno. Il film The Truman Show è una di queste. Uscito nelle sale italiane nel 1998, quando il fenomeno dei reality show era ancora alle origini –il primo Grande Fratello italiano è andato in onda dal settembre al dicembre del 2000- il film anticipa l’escalation nell’uso dei dispositivi per la videosorveglianza che punteggiano, sempre più fittamente, i nostri spazi urbani. Dopo l’attacco alle torri Gemelle e i conseguenti atti federali, che hanno permesso di sacrificare parte del diritto alla privacy, per una maggiore sicurezza; dopo che il costo della strumentazione è calato enormemente, a tutte le latitudini si è avuto un incremento nell’uso dei sistemi di videosorveglianza, tanto che il legislatore, almeno in Italia, è dovuto intervenire affinché l’uso non si tramutasse in abuso.

La vicenda narrata nel film, ruota attorno alla figura di Truman Burbank, un trentenne apparentemente allegro e sorridente che vive ignaro di essere protagonista di uno spettacolo televisivo, il Truman Show, iniziato proprio con la sua nascita quando, frutto di una gravidanza indesiderata, fu adottato da un potente network televisivo che iniziò a riprenderne la vita. Nel corso del film si apprende, da un’intervista giornalistica, che, regista dello show e di tutta l’operazione mediatica è Christof, una sorta di demiurgo-burattinaio dello spettacolo. Egli conduce lo Show, -una sorta di fiction-reality- dall’alto della luna artificiale costruita nel tetto della gigantesca cupola che costituisce il faraonico studio televisivo in cui si svolge la vita di Burbank. Come lo stesso Christof dice:“Siamo veramente stanchi di vedere attori che ci danno false emozioni, esauriti da spettacoli pirotecnici o effetti speciali. Anche se il mondo in cui si muove è in effetti per certi versi falso, simulato, non troverete nulla in Truman che non sia veritiero. Non c’è copione, non esistono gobbi. Non sarà sempre Shakespeare, ma è autentico. È la sua vita”. Truman, nome assonante a “true man”, il vero uomo. Quello che, nella finzione dello show vive una vera vita. Il problema è che si tratta di una “vita guidata”. Tutte le persone che Truman incontra, ha incontrato o che potrà incontrare sono attori. I suoi genitori, il suo miglior amico Marlon, sua moglie Meryl e tutti coloro che abitano l’isolotto di Seahaven dove si svolge tutta la vicenda, interagiscono col protagonista per influenzarlo e manipolarlo secondo le necessità della produzione che prosegue da anni ininterrottamente all’oscuro di Truman. Al di sotto della cupola, notte e giorno sono artificiali, come pure il mare che circonda l’isolotto è un’enorme piscina che il protagonista teme di solcare per la paura inculcatagli, per necessità di produzione, durante un precedente episodio dello show. In questo modo, Christof e la produzione tutta, si è garantito che Truman non abbandoni mai lo studio.

La sua casa è costellata di telecamere e c’è una telecamera che lo riprende anche all’interno della sua auto, perché i tempi del racconto televisivo non ammetterebbero stacchi troppo lunghi. La diretta è perenne. Anche quando dorme nella sua camera da letto. Nel film, un’intervista ad alcuni spettatori dello show, fa capire che le uniche scene che non vengono riprese sono quelle d’intimità. Del resto, se così non fosse, gli ascolti planetari sarebbero impensabili. Il programma diverrebbe per soli adulti facendo perdere di share, togliendo la possibilità di dare spazio agli sponsor commerciali di questo enorme progetto. “Tutto ciò che è nello show è acquistabile nel catalogo Truman: oggetti, vestiti, apparecchi, perfino le case”, ricorda Christof.

Malgrado gli stratagemmi messi in piedi, come ad esempio la maestra che da piccolo a scuola lo dissuadeva dal diventare esploratore – “È troppo tardi. Non c’è più niente da esplorare.”, Il poster di una agenzia di viaggi di Seahaven, che ritrae un aereo colpito da un fulmine con la scritta “Potrebbe accadere anche a te”, il padre –comparsa che viene fatto scomparire in mare proprio per intimorire il protagonista, Truman sente acuirsi un senso di estraniazione nella sua vita, anche se questa scorre apparentemente tranquilla e agiata, in una stucchevole cittadina di quartieri tutti uguali.

Il dubbio sull’illusorietà della realtà che lo circonda si acuisce man mano che incominciano ad accadere strani episodi. Nonostante lo scandire delle giornate sia sempre lo stesso, il protagonista avverte un senso di disagio. Le risposte “pubblicitarie” di alcune persone incontrate iniziano a sembrargli “troppo spot” e ci sono poi gli strani ritrovamenti lungo le strade di Seahaven, dovuti anche al fatto che, con il passare del tempo, il set si sta deteriorando e, talune parti si vadano staccando. Truman ad esempio raccoglie da terra un faro di proiezione, usato come stella, staccatosi dal cielo che, la radio locale, si affretta a segnalare come il pezzo di un aereo in transito.

Al di là degli incidenti al set, il maggior motivo di disagio per Burbank è il ricordo di Lauren, una delle comparse silenziose di cui lui si è innamorato fulmineamente, ma che la produzione ha estromesso dallo Show perché la donna gli stava rivelando l’amara finzione di cui egli era vittima. In quell’episodio, mentre la donna veniva portata via da un’altra comparsa presentatasi come il padre della ragazza e che dice che la donna è schizofrenica, Truman non riesce a comprendere cosa Lauren gli stia dicendo, limitandosi a registrare che la famiglia della sua fiamma si trasferirà alle Fiji, il luogo che per lui è agli antipodi di Seahaven e che, nel prosieguo del film, desidererà ardentemente di raggiungere.

Un primo forte colpo che viene inferto alle certezze di Truman, proviene dall’accidentale ascolto di una serie di messaggi radio captati per sbaglio, che gli fanno notare strane coincidenze. Da lì Truman comincia a intuire che non tutto quel che vede sia realmente come appare. Una serie di gaffe nel muovere i fondali, fanno sì che il protagonista inizi a credere ad un complotto. Alla realtà oltre la realtà. Raggiunto l’amico Marlon che, crede essere riferimento “reale”, Truman riceve ancora una volta una risposta di comodo che lo disorienta. Tuttavia il dubbio oramai si è insinuato ed il desiderio di andare via diventa sempre più forte. Le vecchie foto di famiglia, che guarda con la madre e con la moglie, gli alimentano nuovi dubbi che lo rendono ancora più irrequieto. L’indomani segue la moglie, infermiera nel locale ospedale, per provare a capire se non ci sia qualcosa che ella gli tenga nascosto. Il desiderio di fuga diventa via via più forte e, se non si può andar via con l’aereo, si può provare ad allontanarsi col pullman. Ma, ovviamente per necessità di produzione, l’autobus non parte. Da protagonista Truman diventa, sequenza dopo sequenza, prigioniero del set cinematografico. Sempre più attento agli schemi di azioni che gli si ripropongono, -il passaggio in sequenza dei figuranti davanti casa, ad esempio-, si spinge a tentare nuovamente di allontanarsi da Seahaven con l’attrice-moglie che cerca in tutti i modi di dissuaderlo dal lasciare la loro casa e la loro tranquilla esistenza. La voglia di fuga, incompatibile con il programma televisivo, mette sempre più in difficoltà sempre gli sceneggiatori, che si vedono costretti a inventare nuove soluzioni per impedirgli di allontanarsi dall’isola. Alcuni inconvenienti tecnici, uniti alle gaffe di alcune comparse alle prese con un Truman sempre più ingestibile, trasformano presto i sospetti di Truman in certezza. Così il protagonista vede i suoi affetti più cari, genitori, moglie e amico del cuore, dissolversi nei volti di perfetti estranei. La situazione rapidamente precipita senza che nessuna trovata televisiva riesca a fermare Truman che, vincendo la sua paura per l’acqua, rocambolescamente si avventura su una piccola barca nel finto mare. Invano il regista, furioso perché sente di star perdendo il controllo sulla sua creatura, crea una tempesta violenta che sconquassa la barca e quasi mette in pericolo la stessa vita del suo personaggio. “Non possiamo ucciderlo in diretta!”, gli urla uno dei produttori, “Se è per questo è anche nato in diretta”, risponde il regista. Ma ormai Truman è deciso a scoprire la verità ed è disposto anche a morire pur di far cessare la farsa. Christof perciò decide di interrompere la tempesta e, parlandogli direttamente dal cielo della scenografia televisiva, cerca di convincerlo che la finta vita del colorato set televisivo sia molto migliore e più vera di quella grigia della vita reale.

Truman non cade nella tentazione e al falso Eden preferisce la cruda verità.

– Chi sei tu? –

-Sono il creatore… di uno show televisivo che dà speranza, gioia ed esalta milioni di persone.

-E io chi sono? –

– Tu sei la star! –

-Non c’era niente di vero? –

-Tu eri vero! Per questo era così bello guardarti. Ascoltami Truman, là fuori non troverai più verità di quanta non ne esista nel mondo che ho creato per te… le stesse ipocrisie, gli stessi inganni; ma nel mio mondo tu non hai niente da temere… Io ti conosco meglio di te stesso! –

-Non ho una telecamera nella testa! –

-Tu hai paura… per questo non puoi andare via. Stai tranquillo… ti capisco. Ho seguito ogni istante della tua vita. Ti ho seguito quando sei nato. Ti ho seguito quando hai mosso i tuoi primi passi. Ti ho seguito nel tuo primo giorno di scuola. Il momento in cui hai perso il tuo primo dentino… come fai ad andartene? Il tuo posto è qui, con me! Parlami… di’ qualcosa… accidenti Truman, Cristo vuoi parlare? Sei in televisione! Sei in diretta mondiale! –

Voltandosi per l’ultima volta verso il palcoscenico-mondo di Seahaven, Truman decide allora di salutare, con la sua solita frase scherzosa il suo pubblico, “Casomai non vi rivedessi… buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!”. Inchinatosi, riconoscendosi ora attore, si gira per imboccare la porta d’uscita dell’enorme set, avviandosi verso la vera vita. Sylvia, il vero nome di Lauren, la ragazza “ribelle” di cui si era innamorato tempo addietro, esultando per la scelta del giovane, si precipita a incontrarlo, mentre i telespettatori di tutto il mondo esultano per la scelta di Truman, prima di ricadere nella famelica ricerca di nuovi programmi televisivi a cui destinare la propria attenzione.

Con questo film Andrew Niccol, sceneggiatore e produttore, introduce temi che poi esploderà nelle sue successive opere, come il controllo di massa, la videosorveglianza, le ricadute sociali delle tecnologie. Ma anche la forza primordiale del libero arbitrio e del desiderio umano che, in The Truman Show come in GATTACA, ad esempio, impedisce al protagonista di soccombere ad un finale già scritto.

Fortissimo il confronto tra Christof e Truman.

Il primo rapito dall’estasi creatrice, pronto a ridurre allo stato di marionetta una persona pur di continuare a creare, nella sequenza dell’intervista al conduttore di “La pura verità”, dichiara di essere interessato a far avvenire il primo concepimento in diretta e a creare una separazione tra Truman e la sua attrice moglie Meryl, “per far crescere gli ascolti”. Il secondo disposto a sottrarsi all’Eden artificialmente costruito, pur di assaporare la vita vera. Di lato, un pubblico sempre più assuefatto e incapace di comprendere i misteri che agitano realmente l’animo del protagonista e che finiscono per essere travisate in emozioni finte.

Importante, per la comprensione del dramma che si sta consumando, il paradossale titolo del programma di approfondimento che analizza le questioni sollevate dallo show, “La pura verità”. Questa trasmissione, che dovrebbe aiutare a far riflettere gli spettatori su quanto accade nello show, sull’aberrazione in cui è stato rinchiuso il protagonista, di fatto si limita a riconfermare il meccanismo narrativo del programma, alimentando la vorace fame di sensazioni che il pubblico chiede, completamente disinteressato a cosa realmente implichi vivere prigioniero di una vita farsa.

Il film può essere di stimolo a riflettere sulla conferma sociale, quell’insieme di domande e di quesiti che formuliamo alla nostra cerchia sociale per avere una conferma sulla bontà delle nostre azioni e sulla nostra comprensione della realtà. Truman, imprigionato nello show, riceve feedback alterati dalle persone che dovrebbero essergli leali e liberarlo dal proprio punto di vista. Purtroppo per lui, per ragioni di produzione, nessuno può fornirgli quella risposta autentica che potrebbe svelargli la finzione. Tra gli interpreti più prossimi non c’è neanche un briciolo di pietà per lui. Non a caso il primo a provare compassione per Truman nella finzione, è il personaggio dell’autista di autobus, completamente esterno alla cerchia degli interpreti principali. Quel che accade è che, a vicenda, i vari attori si coprano gli uni con gli altri, manipolando ad arte la visione del povero Truman, al quale non resta che il proprio sentire per trarsi fuori dalla finzione che lo sta stritolando.

Avvincente il confronto sul desiderio di Truman contro quello di Christof. Il primo che si dirige verso l’ignoto, il secondo che invece desidera, con la riconferma e con la replica di giorni sempre uguali, annullare il proprio disagio verso il mondo. Christof, pur di seguire lo show, accetta di dormire negli studi televisivi, consacrando la propria esistenza allo spettacolo che porta avanti. Per certi versi c’è un parallelo con un altro celebre personaggio, il pianista Novecento di La leggenda del pianista sull’oceano, il quale dapprima rifiuta il mondo “La terra, è una nave troppo grande per me… È una donna troppo bella… È un viaggio troppo lungo… È un profumo troppo forte… È una musica che non so suonare… “, poi rifiuta la propria vita “Non scenderò dalla nave. Al massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti io non esisto nemmeno.” Come indirettamente fa Christof, rinchiudendosi nella cupola degli studi, rinunciando a vivere. Non fa così invece il suo personaggio Truman, il quale pretende ardentemente di confrontarsi con la vita reale, animato dal desiderio di rincontrare Sylvia, non lasciandosi irretire dalle paterne parole del proprio “creatore televisivo”.

Il film offre spunti di riflessione anche sullo storytelling a fini pubblicitari. Se tutto ciò che è sul set sono “prodotti inseriti a fini pubblicitari”, per dirla con la dicitura che compare nelle fiction italiane, allora tutto lo show altro non è che una narrazione attorno a oggetti da acquistare, cannibalizzando ulteriormente la vita del protagonista che passa il cento per cento del suo tempo, imprigionato in un grande magazzino dove tutto è mercificato. Abbracci e affetti compresi. Anzi, proprio gli affetti e le emozioni servono per rendere più facile la vendita dei prodotti, come del resto già accade da tempo nel mondo reale e come accade anche sulle piattaforme di social network, dove il tempo di connessione è tutto monetizzabile dai giganti del web.

Oltre alla replicabilità di uno show del genere, il film resta una denuncia della verità sensazionalistica che alimenta le narrazioni televisive e non solo quelle, dei nostri giorni. Prima ancora che iniziasse il fenomeno della “postverità”, del “benaltrismo”, degli “influencer”, gli spettatori del Truman Show, che lasciano acceso il televisore anche durante la notte “per avere compagnia”, non hanno comportamenti molto dissimili dagli spettatori voyeur che formano la platea di alcune trasmissioni contemporanee. Che dire poi di quegli spettatori che, al giorno d’oggi, attraverso piattaforme libere o peggio a pagamento, restano incollati allo schermo a vedere gli streaming di interminabili partite ai videogiochi giocate da altre persone? Non c’è forse una palese intenzione di abdicare alla propria esistenza per nutrirsi delle sensazioni che sta vivendo qualcun altro? Questo modo di “filtrare” il vissuto reale è forse esso stesso una forma di telecamera, di interponendo medium che altera la percezione e che svilisce i significati. Ci sarà un ritorno all’individuale e personale esperienza autentica? Truman davanti alle telecamere abdica alla popolarità per il proprio ignoto personale. Gli spettatori futuri sapranno fare altrettanto?

Sitografia e Bibliografia

W.J.T. Mitchell SCIENZA DELLE IMMAGINI Iconologia, Cultura Visuale Ed Estetica Dei Media, Johan e Levi editore

https://it.wikipedia.org/wiki/Reality
https://it.wikipedia.org/wiki/The_Truman_Show
https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_Fratello_(prima_edizione)
https://it.wikiquote.org/wiki/The_Truman_Show
http://www.carabinieri.it/cittadino/consigli/tematici/giorno-per-giorno/questioni-di-privacy/videosorveglianza
http://www.handylex.org/news/2019/05/31/videosorveglianza-il-punto-della-situazione-reale
https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/10704/Provvedimento+in+materia+di+videosorveglianza+-+leaflet+.pdf/6c3df7ec-7f25-4d5f-9ef9-eaebf6e9f0df?version=1.2
https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/videosorveglianza-post-gdpr-norme-obblighi-e-sanzioni/
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/8998303
https://it.wikipedia.org/wiki/La_leggenda_del_pianista_sull%27oceano
https://www.mymovies.it/battute/?id=13154

 

GF Curion Un’immagine mille storie. The Truman Show