Un’immagine, mille storie. GATTACA – La porta dell’universo

di Vincenzo Curion

Perché una storia cinematografica funzioni occorre che ruoti attorno a pochi temi, sviscerati sapientemente tra angolature, piani, sequenze, dialoghi che possano simboleggiare proprio gli aspetti cruciali delle idee trattate. Il film GATTACA è un film in cui di idee ce ne sono, anche se poi la resa filmica non è particolarmente pregevole. Appartiene al filone dei film di fantascienza, in particolare al sottogenere del “biopunk”, quella corrente artistica che indaga sulle future ricadute della biologia in chiave futuristica. Diversamente dal cyberpunk, gli individui non vengono potenziati con mezzi meccanici o elettronici, ma attraverso la manipolazione genetica dei loro stessi cromosomi. Fedele ai dettami della corrente artistica biopunk, il film utilizza elementi dei film noir, della letteratura gialla hard-boiled, non disdegnando sprazzi di riferimenti agli anime giapponesi in prosa postmoderna, evidenziando quel lato nichilistico e sotterraneo della società biotecnologica che ha iniziato ad evolversi nel primo decennio del XXI secolo.

È un film dalle atmosfere ruvide e, assieme, asettiche; minimalista a tratti, ruota attorno a tre grandi temi.

Un primo tema è il confronto tra i desideri e la predestinazione biologica; un secondo tema è la lotta di classe tra coloro che sono stati procreati naturalmente e coloro che invece sono stati procreati artificialmente; un terzo tema è l’identità ed il suo furto. Lo scarso successo ottenuto, -ebbe sei nomination tra cui quella all’Oscar come migliore sceneggiatura, ma di riconoscimenti ne conquistò appena tre, il Premio del pubblico al Courmayeur Noir in festival nel 1997, il Premio come Miglior film a Sitges – Festival internazionale del cinema della Catalogna, nello stesso anno, ed il Premio della giuria all’edizione del 1998 del Festival internazionale del film fantastico di Gérardmer-, lo hanno relegato ad un “gioiello per un pubblico di nicchia”.

Ciò nonostante resta un buon punto di partenza per una serie di domande che, nel 1997 quando uscì, potevano sembrare troppo remote e lontane e che ora invece, tanto remote non lo sono più, grazie ai progressi tecnologici.

La trama ha per protagonista Vincent Freeman, primo figlio di una coppia che, piuttosto che ricorrere alla procreazione mediante selezione genetica, sceglie di concepirlo naturalmente. Questa scelta è disapprovata dalla comunità d’appartenenza, poiché il processo di nascita controllata garantisce al nascituro un corredo genetico praticamente perfetto, potendo prevedere in anticipo le future condizioni fisiche e di salute degli infanti, intervenendo fin nel più piccolo dettaglio per generarne, artificialmente, senza imperfezioni e su misura. Questa condizione fissata alla nascita spacca di fatto in due la società. Da un lato i validi, esseri dal corredo genetico perfetto perché frutto del processo di concepimento artificiale. Dall’altro i non validi, persone nate con i loro genomi naturali, destinati allo svolgimento dei lavori più umili e relegati ai margini della vita sociale. Ai primi sono destinati ruoli di comando, di prestigio. A loro nulla è precluso proprio in virtù di questa loro origine scelta. Ai secondi nulla è garantito perché sono l’anomalia da correggere, perché frutto del caso, “bambini di Dio”.

A Vincent viene diagnosticata, fin dalla nascita la stessa debolezza cardiaca del padre Anthony, che lo dovrebbe portare, secondo i calcoli svolti a partire dalle analisi del suo sangue prelevato all’atto della nascita, a morire prima dei trent’anni. Per questo motivo finanche il padre decide, all’ultimo momento di non chiamarlo col proprio nome, ma col nome di Vincent Anton, abbreviato in Vincent. Il nascituro è dunque etichettato come non valido, colpevole di portare lo stigma di una scelta non sua ma dei suoi genitori. Come egli stesso racconta, la sua infanzia è stato un lungo processo di strutturazione del proprio sé attraverso gli occhi degli altri. “Se tutti ti vedono non valido, finisci col vederti non valido anche tu”. L’apprensione per qualunque taglio o ferita, l’ansia per un qualunque colpo di tosse o per qualunque malattia, accompagnano Vincent. I genitori, ravvedutisi sulla loro fiducia nel caso e resisi conto del clima sociale che spinge sempre più alla cancellazione dei non validi, decidono di avere un nuovo figlio ricorrendo alla strada della manipolazione genetica. Incerti si lasciano guidare dal genetista che li esorta a dare “una posizione di vantaggio al loro figlio”. Nasce dunque Anthony, il figlio che tramanderà il nome del padre. I miglioramenti genetici, impliciti in questa scelta, fanno sì che il loro secondogenito possa essere catalogato tra i validi.

I due bambini crescono, con Vincent che arranca nello stare dietro ad Anthony. In particolare una gara, quella del nuoto in mare aperto, rappresenta la sfida prediletta tra i due fratelli che però, sistematicamente, viene vinta da Anthony, apparentemente più dotato atleticamente, o forse più sicuro del proprio patrimonio genetico.

L’infanzia e l’adolescenza di Vincent sono segnati da un sogno che lo anima e che lo vivifica. Quello di diventare astronauta. Purtroppo, la sua origine, non gli consente di poter aspirare ad entrare nei programmi dell’ente aerospaziale GATTACA –il nome è una ricombinazione delle lettere simbolo delle quattro basi azotate, Adenina, Guanina, Citosina, Timina- e i genitori, che rivolgono tutte le loro attenzioni all’altro figlio, il valido, blandiscono Vincent cercando di ricondurlo ad ambizioni più alla sua portata. “Al massimo potrai lavare i bagni, fare l’inserviente” gli ricorda il padre. Ma, come il protagonista ammette, ricordando il suo passato, “non esiste un gene del destino, né quello del successo”. A fargli comprendere questa “salvifica mancanza” un evento che fa da turning point. Un giorno, durante la solita gara di nuoto in mare aperto, Vincent è più determinato e coraggioso di Anthony, che resta indietro e che rischia di affogare. Dopo questo episodio, il protagonista, stanco dell’incomprensione tra lui e i genitori, straccia la sua immagine dalla foto della sua famiglia e va via di casa. Inizia così a girovagare per lo stato, lavorando come inserviente, così com’è decretato dalla sua condizione genetica. Questo girovagare, lo aiuta a prendere coscienza della discriminazione che è assurta a sistema. In tutto lo stato non c’è non valido che non sia relegato a ruoli marginali, a posizioni di inservienti. È talmente forte la pressione sociale, che gli stessi non validi sembrano tutti vivere una sindrome di Norimberga. Ne è emblema Caesar, l’inserviente che accoglie Vincent a GATTACA e che prima, tratta come un matto Vincent che gli dice che un giorno sarà tra quelli che andranno nello spazio, poi non lo riconosce quando Vincent ha assunto l’identità di Jerome Monroe.

L’accecante desiderio di poter essere tra il personale che prede parte alle missioni dell’ente aerospaziale, lo conduce a studiare alla perfezione tutto ciò che occorre per essere selezionato e ad organizzare un piano per aggirare l’analisi genetica che verrà effettuata sul suo sangue all’assunzione e periodicamente. Sebbene la pratica dell’analisi genetica sia riconosciuta formalmente illegale, “perché discriminatoria” tutte le aziende la eseguono sistematicamente, aggirando la legge con la scusa di un comune esame antidroga. Questi esami, che dovrebbero confermare la purezza dei validi, di fatto, anche se non detto esplicitamente, rimarcano differenze all’interno dello stesso “gruppo degli eletti”. C’è talmente tanta fiducia in quanto si misura continuamente che, l’analisi del potenziale è diventata col tempo predittiva di qualunque cosa: dalla depressione, all’atteggiamento violento, alla più idonea collocazione lavorativa. In particolare, per quest’ultima, “i più perfetti meritano di essere esploratori, mentre quelli meno perfetti possono operare come impiegati o poliziotti”. “Nessuno supera il proprio potenziale. Se accade abbiamo misurato male”, sentenzia ai detective il capo progetto della spedizione su Titano.

Lo stratagemma che Vincent adotta per scappare al proprio destino di non valido prevede che, con l’aiuto di un misterioso individuo, egli possa “comprare” l’identità di Jerome Monroe, un ex atleta valido nato geneticamente perfetto e che, divenuto paraplegico a seguito di un incidente –più tardi Jerome, dirà di esserselo procurato da solo lanciandosi deliberatamente contro l’auto che l’ha investito-, si è ritrovato suo malgrado completamente estromesso da un mondo che richiede la perfetta idoneità fisica, di cui lui teoricamente sarebbe dotato. Poiché l’incidente è avvenuto al di fuori dello stato, Jerome, può ancora vendere la sua identità, a qualcuno che sia bisognoso di passare da non valido a valido, accettando, in cambio, di sostenere economicamente a vita, il valido paraplegico.

Contando su una vaga somiglianza fisica, Vincent si sottopone clandestinamente ad allenamenti intensivi e a diversi interventi chirurgici, arrivando finanche a farsi tagliare le gambe per allungarle –il film si rifà alla tecnica di Ilizarov-, acquistando così l’altezza del vero Jerome, avvicinandosi “di cinque centimetri alle stelle”. Dopo questi lunghi preparativi, Vincent è finalmente pronto per sostituirsi pubblicamente a Jerome, il quale gli ricorda che “Se davvero vuoi essere me, non chiamarmi più Jerome, quello è il tuo nome. Chiamami Eugene, il mio secondo nome”. Il giorno del colloquio a GATTACA Vincent-Jerome, chiede a Jerome-Eugene, se abbia ripensamenti, se rivoglia indietro la sua identità. Rassicurato dal paraplegico, Vincent-Jerome, si reca alla prova, desideroso di mostrare che è preparato per quel tipo di lavoro. Di fatto non c’è alcuna prova orale. Solo l’esame genetico. Superatolo grazie ai campioni di sangue e di urina del vero Jerome, Vincent entra di diritto nell’ente aerospaziale.

Inizia così il complesso processo di nascondere giornalmente la sua vera identità grazie ai campioni di sangue, di urina, ma anche di peli, capelli e pelle di Jerome, che presenta alle analisi o dissemina attentamente sugli oggetti della propria postazione, che mantiene maniacalmente pulita da ogni sua propria traccia organica che potrebbe portare a per evitare che possa essere rinvenuto il suo vero DNA di non valido. Finanche arriva a registrare il battito cardiaco sotto sforzo del vero Jerome, per truccare i cardiofrequenzimetri durante le prove da sforzo che dovrà compiere. Ma questi ingenti sacrifici sono ben pagati. A GATTACA, Vincent-Jerome, diventa ben presto uno dei migliori ricercatori, apprezzato dai capi ed anche dalla sua collega Irene, che corre a procurarsi un frammento di materiale organico per valutare la condizione genica. Questo episodio, apparentemente secondario, chiarisce allo spettatore il modus vivendi delle relazioni. Fin dall’esito dell’esame, una voce dice a Irene che il proprietario di quel genoma, “è un ottimo partito”. Irene spiega questa verifica a Vincent-Jerome, perché sa di avere, ella stessa una malformazione cardiaca. È dunque una valida meno valida di lui. Nell’incontro chiarificatore, ella stessa offre un suo capello a Vincent-Jerome, perché lo faccia analizzare al fine di dargli rassicurazioni sulla sua propria sanità –ma sarebbe più corretto dire sulla persona, dato l’onnisciente determinismo delle indagini che vengono compiute-. Vincent-Jerome, consapevole della sua condizione di pirata genetico, di individuo di gene errato, perde deliberatamente il capello di Irene, dando così prova di non essere minimamente interessato alla “discriminazione genetica” imperante.

Nel mentre continua la frequentazione tra i due, a Vincent-Jerome viene detto che parteciperà ad una imminente missione spaziale su Titano. Si tratta di una occasione più unica che rara poiché le condizioni ideali per lo svolgimento della missione si creano una volta ogni settant’anni e per una sola settimana. Proprio nell’imminenza della partenza, uno dei direttori di volo viene ucciso barbaramente. Sul luogo del delitto viene trovato un ciglio di un non valido che risulta essere quello di Vincent. È un fatto che crea sgomento. Vincent aveva lavorato per l’agenzia come inserviente anni prima ma era poi andato via. Com’è possibile che a distanza di anni ci siano ancora sue tracce organiche? Inizia una serrata indagine che porta Vincent-Jerome ad un passo dall’incriminazione. Gli accertamenti su campioni organici sono sempre più capillari, ma, grazie ai campioni che il vero Jerome gli fornisce e, grazie all’aiuto di Irene, che intuisce il coinvolgimento di Vincent-Jerome nella vicenda, ma che è attratta dal collega che si è dimostrato tanto aperto con lei da rifiutare di effettuare l’indagine genetica, Vincent-Jerome riesce a salvarsi dall’incriminazione. Il vero omicida si scopre essere il responsabile del programma, preoccupato che il budget dei lanci spaziali venga tagliato impedendo il lancio imminente.

Scagionato Vincent-Jerome è a un passo dal coronare il proprio sogno. Se non che si scopre che uno dei detective che hanno investigato sul caso, sotto mentite spoglie, è il fratello minore Anthony. Costui è inizialmente intenzionato a denunciare Vincent per la truffa messa in atto ma, dopo una sfida in mare a chi arriva a nuotare più lontano, come facevano sempre da piccoli, Anthony comprende che il fratello, seppur valido, è riuscito a realizzarsi, andando oltre il potenziale determinato dal suo scadente corredo genetico, e decide di lasciargli vivere la vita che si è conquistato.

Alla partenza però, a causa di un esame delle urine a sorpresa, Vincent viene smascherato dal medico dell’azienda ma, quest’ultimo, inaspettatamente, cancella il risultato delle analisi e lo lascia andare. Da analista aveva già capito che Jerome Monroe nascondeva qualcosa e che non era come faceva credere di essere. Tuttavia lo ammirava non per il suo status di astronauta, bensì per essere riuscito ad arrivare dove era arrivato pur essendo un non valido, come suo figlio. Vincent riesce quindi a coronare il suo sogno partendo per un viaggio verso Titano, mentre Jerome, dopo aver assicurato all’amico abbastanza suo sangue e urine per poter continuare a sostituirlo per un lungo tempo, forse a vita, sceglie di suicidarsi, morendo grato nei confronti di Vincent per avergli fatto vivere e assaporare i suoi sogni.

Anche se si tratta di un film di fantascienza, di fatto la storia raccontata è una storia universale sulla forza del desiderio e sulla tensione dell’animo umano a superare i propri limiti impostigli per nascita. Novello Ulisse, Vincent è un uomo libero –il cognome non a caso è Freeman- malgrado la sua condizione di non valido, proprio perché si addestra a superare la propria condizione. Come egli stesso racconta tra lui ed il vero Jerome c’è una differenza fondamentale: Vincent ha il desiderio di entrare a GATTACA, Jerome no. Quest’ultimo, condannato alla sedia a rotelle da un tentativo di suicidio mal riuscito, è costretto ad una posizione di reietto, non solo dalla logica sociale dell’efficienza, ma anche perché è diseducato al desiderio, il vero motore di ogni impresa umana. Jerome era stato progettato con tutto quello che serviva per entrare a GATTACA, salvo il desiderio di entrarci. Mentre Vincent dissimula la gioia per essere stato scelto per la missione, forse temendo di essere scoperto “per troppo entusiasmo”, si concede una notte con Irene, al prezzo di enorme sofferenza perché capisce di star compromettendo la propria copertura, il vero Jerome, deve fare i conti con un vuoto di scopo nella propria vita, determinato all’origine. Pur dotato di un corredo genetico perfetto, che gli avrebbe permesso di assurgere ai vertici della futura società immaginata nel film, Jerome vive solo in maniera funzionale a Vincent.

Il messaggio del film supera il semplicistico “Volere e potere”, invitando lo spettatore a riflettere sulla forza dei propri desideri, sulla forza delle proprie idee e passioni. Contemporaneamente, la pellicola rievoca le ombre del Novecento, gli orrori criminali compiuti sul processo di selezione della razza, simboleggiata dal corredo genetico, che artificialmente può essere reso perfetto, eliminando predisposizioni alla violenza, alla depressione, all’alcolismo.

Vincent invece, considerato “non valido”, riesce a raggiungere il proprio obiettivo solo grazie alle proprie forze, alla volontà. Grazie alla determinazione della propria scelta. E questo dimostra che c’è qualcosa, un sofisticato mistero nell’universo la cui comprensione sfugge completamente ai calcoli scientifici.

GATTACA non parla però solo di un essere umano che supera i propri limiti. Si rivela anche un inno all’amore.

Quello di un essere umano a cui viene fatto il dono della vita col concepimento naturale, ma anche all’amore fraterno, e all’amore amicale di Jerome per l’amico Vincent.

GATTACA dà una risposta forte, seppur non definitiva, ai quesiti della scienza.

Nulla è più potente della natura umana e questa non è manipolabile, forse perché ancestralmente connessa con l’originale Big Bang, come lo stesso Vincent sente, nelle scene conclusive del film.

Per uno che non doveva far parte di questo mondo, devo confessare che all’improvviso mi costa lasciarlo. Però dicono che ogni atomo del nostro corpo una volta apparteneva a una stella… forse non sto partendo, forse sto tornando a casa.

Bibliografia e sitografia

Cathy O’ Neil, Armi di distruzione Matematica, Giunti Editore SpA/ Bompiani

https://www.mondofox.it/2018/11/12/gattaca-la-porta-dell-universo-trama-e-spiegazione-del-film/

https://it.wikipedia.org/wiki/Gattaca_-_La_porta_dell%27universo

https://it.wikipedia.org/wiki/Biopunk

https://best-sci-fi-books.com/19-best-biopunk-books/

Dick Swaab, Noi siamo il nostro cervello (ed. italiana)

https://www.gvmnet.it/press-news/news-dalle-strutture/Malformazioni,-fratture-e-allungamento-degli-arti

https://www.focus.it/scienza/salute/che-cose-la-tecnica-ilizarov

http://chirurgia-funzionale.over-blog.com/article-5866198.html

 

GF Curion Un’immagine, mille storie. Gattaca – La porta dell’universo