Il Parlamento europeo al lavoro e per il lavoro

di  Mariano Bonavolontà

Il lavoro è la parte ineludibile della vita dell’uomo; il suo ruolo è onnipresente in ogni ambito della vita degli esseri umani. Il lavoro contribuisce a conformare la posizione che un individuo riveste nell’immaginario sociale collettivo; gli studi sul lavoro hanno abbracciato diverse branche epistemologiche, dall’antropologia alla sociologia, dalla psicologia all’ergonomia, dall’economia alle scienze applicate; gli artisti si sono spesso serviti del concetto di lavoro per dipingere la psicologia, la posizione sociale, le attitudini dei protagonisti delle loro opere; alcuni pensatori, come Weber, hanno fatto discendere dalla religione una determinata forma mentis lavorativa; le tematiche del capitalismo, della crisi, della disoccupazione, della formazione, sono indissolubilmente legate al tema del lavoro; la globalizzazione, così come le nuove tecnologie, ha modificato il mondo del lavoro.

La dilagante crisi ha ulteriormente e tristemente evidenziato il tema del lavoro e della sua dominanza nell’esistenza stessa dell’uomo. In un periodo come l’attuale, i più disparati dati statistici continuano a sottolineare necessità di riforme strutturali nel campo del lavoro e di misure che riescano a tamponare questa crisi di posti di lavoro che brucia intere fasce di popolazione attiva europea, con una velocità accelerata dalla competizione globale. È per questo che il ruolo dell’Unione europea è fondamentale, sia a livello interno dell’Unione che a livello esterno.

I diversi programmi, la Politica di Coesione e le diverse strategie che sono state sviluppate e che sono in fase di definizione nel campo lavorativo, mirano a risolvere questa problematica in un territorio, quale quello europeo, il cui potenziale in termini di specializzazione, cultura prodotta e tradizione è gigantesco.

Altrettanto immane, invero, è stato ed è tutt’ora l’impegno profuso dal Parlamento europeo nel campo del lavoro. Specchio e cassa di risonanza degli interessi e dei diritti dei cittadini europei che in esso vengono rappresentati, il Parlamento europeo si è attestato in prima linea nelle politiche del lavoro con i suoi deputati.

L’azione strategica del Parlamento europeo si è esplicata sia sul fronte dell’offerta di lavoro che su quello della domanda, perché solo con un approccio biunivoco è possibile sviluppare un’azione congiunta e programmatica[1].

“Lavorare” sul fronte dell’offerta del lavoro significa, in primis, operare per supportare le aziende, con il notevole vantaggio di avere un impatto non solo sul mondo del lavoro ma anche della produzione di ricchezza, dimostrando dunque che il Parlamento possieda l’ottica olistica necessaria per far partire il circolo virtuoso della ripresa economica.

Difatti, sostenere il lavoro implica indissolubilmente un sostegno alle imprese, strette dalla morsa della crisi e dell’ipercompetivitità globale, alla quale si è tentato in prima battuta di far fronte attraverso misure di sostegno nei mercati globali.

Durante le negoziazioni sul bilancio quadro dell’UE per il 2014/2020, il Parlamento ha puntato verso la protezione degli investimenti nelle aree più bisognose così come verso la garanzia di una maggiore flessibilità del bilancio stesso in caso, ad esempio, di eventi imprevisti, con la con la conseguente possibilità anche di una revisione dello stesso nel 2016.

Il Parlamento europeo non ha smentito la sua natura di prossimità verso la cittadinanza europea e dunque ha puntato molto anche nei confronti dell’assetto territoriale regionale, sostenendo i sistemi temporanei per velocizzare i finanziamenti regionali nei paesi caratterizzati da una instabilità economica ed evidenziando anche la necessità di un maggiore coinvolgimento dei livelli istituzionali di prossimità, in primis regioni ed enti locali, nella definizione dei futuri programmi di aiuti regionali. Sempre in ottica regionale, il Parlamento europeo si è opposto ad una clausola che comporterebbe il taglio dei finanziamenti nel caso in cui un paese si trovi nelle condizioni di difetto macroeconomico perché, nell’ottica del Parlamento, questo andrebbe a penalizzare le singole regioni per una situazione erronea generata dal rispettivo governo centrale.

La creazione di lavoro e di ricchezza avviene anche attraverso l’innovazione, dato che il potenziale innovativo europeo è profondo così come pressante la concorrenza che stringe il continente in questo campo. Ricerca, trasferimento tecnologico, innovazione come leve strategiche per le imprese sono alcune delle parole chiave che hanno spinto il Parlamento europeo a convincere anche gli Stati membri ad un incremento nei finanziamenti in questo settore attraverso i due grandi strumenti del COSME e di ORIZZONTE 2020.

Il 21 novembre 2013 il Parlamento europeo ha infatti approvato il programma di ricerca ed innovazione dell’UE per il periodo 2014/2020 per un bilancio di ottanta miliardi di euro[2]: Orizzonte 2020, in particolare, è il maggiore programma europeo incentrato sui temi della ricerca e dell’innovazione mentre il focus particolare sulle imprese, con precipua attenzione alle PMI, è stato garantito con il COSME – Programma per la competitività delle imprese e per le piccole e medie imprese, con un bilancio di 2.3 miliardi di euro per il prossimo periodo 2014/2020. Grazie a questo programma, le imprese potranno beneficiare di una maggiore stimolazione all’accesso al credito per le PMI, di uno strumento di garanzia per i prestiti fino a 150 000 euro alle PMI, di un’agevolazione per i cittadini che vorranno avviare una attività autonoma e gli Stati membri saranno supportati nell’elaborazione e nell’attuazione di una politica di riforma orientata alle PMI che sia efficiente. Sempre sulla stessa lunghezza d’onda, il Parlamento europeo ha anche approvato il Programma Europa Creativa[3], che sosterrà, con il suo bilancio incrementato del 9 per cento rispetto ai livelli attuali nel periodo 2014/2020, il settore creativo, altra leva strategica dell’Europa nonché grande contenitore di posti di lavoro (è stato stimato che siano all’incirca otto i milioni di posti di lavoro di questo settore). Grazie a questo programma, potranno trovare sostegno coloro che sono impegnati nel campo culturale come 250 000 artisti e operatori culturali, più di 800 film europei saranno sostenuti nell’importantissima e strategica fase di distribuzione, autori e traduttori, operatori culturali in generale. Inoltre, il Parlamento europeo si è anche battuto per far sì che fosse introdotto uno strumento di garanzia finanziaria che vada ad agevolare gli operatori nel settore culturale e creativo a prestiti bancari da parte delle istituzioni bancarie europee che potranno essere parzialmente garantite dal Programma stesso. Sempre sul fronte della cultura, i deputati europei hanno mirato anche all’unione dei mercati musicali online nazionali e, parallelamente, alla garanzia di compensazioni eque ai musicisti.

Il tema del taglio della burocrazia è ricorrente e centrale negli intenti del Parlamento europeo, particolarmente sensibile a questa tematica e continuamente impegnato per la riduzione degli oneri burocratici. Ad esempio, nel campo dell’approvazione della Politica di Coesione del 20 novembre scorso, il Parlamento ha spinto verso la riduzione degli oneri amministrativi, anche nell’ottica di facilitare e sveltire l’accesso ai finanziamenti[4].

Nella scia del taglio della Red Tape si incastra anche il nuovo brevetto unitario dell’UE, valido nei 25 Stati membri partecipanti la cui approvazione è stata fortemente facilitata del Parlamento; con il sistema del brevetto unitario a regime, un’unica richiesta di brevetto unitario garantirà la protezione del brevetto in 25 paesi dell’UE. Si stima che ci sarà un abbattimento dei costi dell’85% ed il Parlamento ha anche assicurato, durante i negoziati con i governi, che per le PMI ci sarà il rimborso dei costi di traduzione e la riduzione delle tasse di rinnovo. Questo fungerà sicuramente da sprone per l’innovazione e per la conseguente creazione di posti di lavoro di qualità se si pensa che, nel 2012, secondo i dati della Commissione europea, nel 2012 sono state 148494 le domande di brevetto depositate allo UEB (Ufficio Europeo Brevetti), per un numero totale di brevetti concessi pari a 65687. Prima del brevetto unitario, il costo medio di un brevetto UE era di 36000 euro, nei quali le spese di traduzione medie figuravano a 23000 euro, mentre si stima che il costo medio di un brevetto unitario sarà di 5000 euro.

Sul fronte delle strategie dirette nei confronti dei lavoratori e dell’occupazione, è possibile sostenere che la lotta alla crisi e le conseguenti misure hanno visto il Parlamento in prima linea dal 2009 nei campi dei fondi sociali e del welfare sino al 2020, avendo un impatto ingente su diversi ambiti.

Dal punto di vista della programmazione dei fondi, il Parlamento europeo ha puntato ad una visione strategica: per quanto riguarda il Fondo Sociale Europeo, ha garantito che i fondi ad esso costituiscano almeno un quarto dei finanziamenti per gli aiuti regionali dell’UE per la prossima programmazione. In occasione dell’approvazione della Politica di Coesione, con particolare riferimento sempre a questo fondo, il Parlamento ha insistito sulla necessità di utilizzare il FSE anche nell’ottica della lotta contro la povertà e la disoccupazione, garantendo la destinazione a queste istanze del 20% del budget, così come 3 miliardi di euro dei finanziamenti dedicati alla iniziativa per la garanzia giovanile[5]. In particolare, per quest’ultima iniziativa, bisogna sottolineare che i deputati del Parlamento sono stati i primi a proporre dei sistemi di garanzia dedicati alle fasce giovani degli Stati membri, approvati da capi di Stato e di Governo.

Il Parlamento ha salvaguardato il Fondo per il sostegno europeo agli indigenti, assicurando che esso disponga di un finanziamento pari a 3.5 miliardi di euro. L’istituzione parlamentare ha anche operato all’interno del Fondo di adeguamento alla globalizzazione, richiedendo l’estensione di quest’ultimo anche a nuove tipologie e gruppi di lavoratori, come i lavoratori autonomi e con contratti temporanei, secondo le norme stabilite con gli Stati membri. Per quanto attiene il programma per il cambiamento sociale e l’innovazione, il Parlamento ha altresì garantito la sopravvivenza, in questo programma, del Progress, del Fondo per i servizi europei per l’occupazione (l’importantissimo EURES) e dello strumento di microfinanza.

Dato che la libertà di circolazione può essere considerata come uno degli acquis comunitari più noti ed “antichi” e considerato l’enorme impatto che questa semplificazione della circolazione ha sul mondo del lavoro, sempre più globalizzato, il Parlamento europeo ha lavorato in questa direzione, adottando nuove norme nel campi del riconoscimento delle qualifiche professionali  proponendo una carta elettronica con informazioni sulle qualifiche ed esperienze, adottando una legge che mira a promuovere la mobilità del lavoro nell’UE con il conseguente divieto di discriminazione e trattamento iniquo dei lavoratori migranti nell’UE, spronando alla possibilità per i lavoratori di poter trasferire i propri diritti pensionistici quando operano in un altro Stato membro.

Sul fronte dell’equità nel mondo del lavoro, il Parlamento europeo ha votato l’estensione del congedo di maternità e di paternità con retribuzione completa ed ha prodotto una legislazione strategica per aumentare la percentuale delle donne in posizioni dirigenziali e nei consigli di amministrazioni. Dati della Commissione europea e dell’Eurostat dipingono una situazione paradossale per quanto riguarda le donne le quali, a fronte di una percentuale di titolo di studio superiore ai maschi (60% donne contro il 40% uomini), appaiono in difficoltà nel mondo del lavoro: la loro rappresentanza nei CDA nel 2012 si è attestata al 15.8% (contro uno schiacciante 84.2% degli uomini), il loro tasso di occupazione è del 59% (maschi 70%), il 33% di donne è ricercatore (contro la percentuale maschile del 67%).

Infine, l’azione a trecentosessanta gradi del Parlamento europeo si è esplicata anche nel campo della sicurezza sui luoghi del lavoro, approvando, ad esempio, una legge che mira al miglioramento delle condizioni di lavoro di coloro che lavorano in condizioni di rischio radioattivo da campi elettromagnetici.

Come epilogo di questa breve carrellata delle attività del Parlamento europeo nel campo del lavoro, sicuramente incompleta data l’estesissima produzione strategica, politica, legislativa tipica del Parlamento, è tuttavia possibile dedurre il grande, profondo e competente impegno dell’assemblea parlamentare nel campo del lavoro, tematica che ha assunto screziature d’emergenza a causa della crisi e dei dilaganti fenomeni ad essa connessi.

Il tema “lavoro” deve essere approcciato da diverse angolature, a volte spigolose, altre volte latenti, perché gli effetti che le politiche sul lavoro hanno sulla vita quotidiana sono estesissimi e, spesso, gettano strali sia su ulteriori ambiti esistenziali dei cittadini che sulla vita macroeconomica di un Paese e dell’Unione tutta.

Nel corso degli anni, il Parlamento ha speso notevoli energie in questo campo, rispecchiando gli interessi della collettività europea, soggiogata dai dolorosi e, purtroppo a volte svilenti, effetti di crisi e disoccupazione le quali, a loro volta, diventano, spesso e tristemente, sinonimi di recrudescenza sociale, esasperazione, disperazione.

È dunque un impegno in primis morale ancor prima che politico ed istituzionale, che sembra spingere il Parlamento europeo nella focalizzazione su queste tematiche; impegno che, analizzando queste strategie, sembra essere stato preso in seria considerazione.