Web maligno

di Vincenzo Giarritiello

webmalignoChe l’Italia fosse un paese dove impera un alto tasso di ipocrisia, non lo scopriamo certo oggi.

Emblematico il caso Charlie Hebdo: all’indomani della strage al giornale satirico francese, Daniela Santanché si offrì di pubblicare in Italia l’irriverente rivista in nome della libertà di satira; smentendo sé stessa che, in un recente passato, aveva abbandonato prematuramente un talk show di Santoro perché infastidita dalle “pesanti” vignette di Vauro.

All’indomani della strage, su milioni di profili Facebook capeggiava la foto con la scritta JE SUIS CHARLIE per esprimere solidarietà ai giornalisti uccisi.

Fa niente che in molti, fino al giorno prima della “mattanza”, ignoravamo assolutamente chi fosse Charlie Hebdo.

Ma la moda dilagante su Facebook imponeva di postare sul proprio profilo la foto della testata del giornale per esprimervi solidarietà e allora in tanti ci “attaccammo” a quel treno.

Però per le ripetute stragi in Turchia Facebook non “impose” di postare sul proprio profilo un sia pur minimo scampolo di bandiera turca per commemorare le vittime dei terroristi…

Allo stesso modo, oggi in tanti pontificano sulla vicenda di Tiziana Cantone, la donna suicidatosi in provincia di Napoli perché incapace di resistere alla notorietà mediatica cui era assurta, suo malgrado, a causa di alcuni video hard ripresi con il proprio consenso dai suoi amanti mentre si adoperava a soddisfarli sessualmente in maniera appassionata.

Video che lei stessa, pare, avesse poi diffuso su Whatsapp a una stretta cerchia di amici.

Da qui alla diffusione virale dei video il passaggio fu breve. Oggi in tanti puntano il dito contro chi diffuse quei video, rendendole insopportabile la vita al punto da spingerla a farla finita.

Per lo più a farlo sono quegli stessi che fino a ieri continuavano a andare in rete alla ricerca dei video delle performance amatoriali di Tiziana al fine di appagare il proprio voyerismo.

A tragedia avvenuta siamo tutti pronti a scagliarci contro chi diffuse i filmati, accusandolo di aver tradito la fiducia di colei che aveva voluto condividere con sé un trasgressivo gioco di coppia il cui esito doveva rimanere confinato tra le lamiere dell’auto o tra le pareti della camera in cui si consumò.

Eppure, prima della disgrazia, in tanti, guardando quei filmati, abbiamo riso di Tiziana etichettandola con i peggiori epiteti che si possano usare verso una donna libera che ama godere della vita.

Basta con l’ipocrisia!

In questa vicenda, come in tante altre simili, siamo tutti vittime e carnefici nello stesso tempo.

Vittime di un sistema in cui, se non appari, non esisti. Quindi, pur di esistere, in tanti siamo pronti a filmarci o a farci filmare in qualunque contesto siamo impegnati, perfino il più intimo, per poi renderlo pubblico tra gli amici e sui social per sentirci protagonisti.

Carnefici perché, pur di apparire, spesso non ci preoccupiamo del male che possiamo arrecare agli altri o a noi stessi pur di soddisfare ad ogni costo il nostro bisogno di protagonismo per sentirci vivi; o, semplicemente, per levarci qualche sassolino dalla scarpa, sputtanandolo pubblicamente, nei confronti di chi nutriamo una sorta di risentimento o di invidia solo perché, diversamente da noi, ha il coraggio di vivere la propria vita come meglio gli aggrada; senza scrupoli; fregandosene delle convenzioni sociali che alimentano le ipocrisie umane. Avendo il coraggio di essere se stesso fino in fondo. Cosa di cui in pochi sono veramente capaci.

E per questo motivo, ai nostri occhi di persone meschine, schiave delle convenzioni sociali e dell’altrui giudizio, merita di essere messo alla berlina.

Ogni libertà ha un prezzo.

Spesso superiore alle nostre possibilità!

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