Bill Viola E Lanfranco – Il dialogo ricco nel tempo del senso dell’arte

di Clementina Gily, Editoriale

A Reggio Emilia si espone L’«Ascensione di Isotta» di Bill Viola e «La Maddalena portata in cielo dagli angeli» di Lanfranco fino al 10 gennaio. Nell’ambito della rassegna `Arte in agenda. A tu per tu con…´, della Fondazione Palazzo Magnani, grazie alla sua collaborazione con il Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli e Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Il progetto, attraverso il dialogo tra due opere, così lontane nel tempo eppure così vicine per forza espressiva, intende esaltare il rapporto inscindibile tra arte antica e moderna, generato dal fascino che l’arte del passato ha esercitato sugli artisti a partire dalle avanguardie del Novecento fino alla contemporaneità. Bill Viola trae ispirazione stilistica e compositiva propriamente dalle opere degli artisti italiani del Rinascimento: «Alla fine degli anni Ottanta – spiega Viola – la distanza che mi aveva separato dai vecchi maestri del passato si è completamente dissolta. Tempo e spazio, passato e presente, erano la stessa cosa. Così il mio profondo legame con la pittura italiana, nato nel periodo in cui vivevo a Firenze, è ritornato a galla come un amore perduto. Ho capito che i cosiddetti vecchi maestri non erano altro che giovani radicali. Masaccio, Michelangelo, Raffaello, erano artisti influenzati da nuove idee tecniche e scientifiche, provenienti da centri di ricerca e da università. Avevano tutti circa 20 anni quando hanno creato i primi grandi lavori. Il parallelo con l’epoca attuale delle videocamere digitali, della computer graphic, della videoarte e di internet, è indiscutibile». «Una volta stabilita questa relazione – prosegue l’artista italoamericano – e cioè che tutta l’arte a quel tempo era avanguardia, si colgono solo connessioni e affinità, non fratture. Dopo tutto, c’è un unico filo che attraversa la scienza ottica, dalla prospettiva del XV secolo fino all’era digitale. Così un intero nuovo paesaggio, che aspettava di essere esplorato, mi si è aperto davanti. Naturalmente non ero interessato ad appropriarmi o a parodiare, non volevo semplicemente riprodurre o citare la storia dell’arte. Ho guardato a loro come modelli per la mia concezione dell’immagine, costruendola grazie a un’esperienza lunga 700 anni».

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